Effetto cigno: l’invidia si ferma solo all’apparenza
Recentemente un mio cliente, AD di un’importante organizzazione multinazionale, mi raccontava di come nella sua vita fosse sempre stato oggetto delle invidie altrui.
Da sempre era stato considerato un “raccomandato” per la carriera che aveva fatto, tanto che si era sparsa persino la voce assurda che fosse il nipote di un’importante celebrità e che avesse fatto carriera per quel motivo.
Mi ha raccontato invece di quanto sforzo e sacrificio il suo percorso e la sua “scalata verso” il successo gli fosse costato: periodi intensi di trasferte lontano dalla famiglia, 2 matrimoni falliti e un figlio con il quale ha recuperato il rapporto solo quando lui era già grande.
Questa storia mi ha fatto pensare all’immagine del cigno, di cui tutti noi vediamo l’incedere elegante, fluido e apparentemente senza sforzo, mentre l’affannoso movimento delle zampe sotto acqua rimane del tutto invisibile. L’invidia è un sentimento che spesso, come nel caso del cigno, non tiene conto del prezzo che quella persona ha pagato per raggiungere i propri risultati, ma si concentra solo sull’apparenza. Quando proviamo invidia invece sarebbe utile chiedersi: ma io sarei disposto a pagare il prezzo che quella persona ha pagato per arrivare li dove è arrivata?
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L’antidoto all’invidia infatti è il rischio, uscire dalla nostra zona di comfort e impegnarci fino in fondo per realizzare ciò che desideriamo, solo in questo modo possiamo comprendere come poi i risultati siano effettivamente faticosi. È nell’azione che superiamo quel sentimento di invidia e riusciamo finalmente a comprendere la strada fatta da chi si trova davanti a noi.
Non esiste, come spesso si dice, un’invidia positiva ed una negativa, l’invidia come tutte le emozioni è di carattere neutro, ciò che può essere positivo o negativo è la risposta a quella determinata emozione. Se utilizziamo l’invidia come motore per scegliere di agire nella direzione di ciò che più ci interessa, quell’invidia avrà avuto un effetto positivo, se viceversa la subiamo rimanendo fermi e facendoci rodere il fegato come nel mito di Prometeo, che legato ad una roccia, ogni notte era sottoposto alla tortura di un’aquila che divorava il suo fegato, l’effetto in tal caso sarà distruttivo.
Anche noi possiamo essere quei cigni a patto che iniziamo a muovere le zampe.
Una riflessione profonda e stimolante, grazie Irene!
HR Director presso Amgen
1 annoApprezzo molto questa riflessione! Grazie Irene Morrione, MCC, la userò prossimamente 😉