Extrovert Bias: il pregiudizio che penalizza gli introversi sul lavoro
Essere introversi è penalizzante nel mondo del lavoro? Le persone estroverse sono avvantaggiate agli occhi di colleghi, clienti e superiori?
La risposta, il più delle volte, è sì.
In un mondo sempre più attento all’inclusività, esiste ancora una sorta di discriminazione, ben più sottile di quelle a cui siamo ormai abituati a fare riferimento, e che colpisce appunto le persone più introverse. Gli introversi, infatti, sono spesso costretti a subire gli effetti del cosiddetto extrovert bias, un pregiudizio che in vari contesti sociali favorisce le persone più estroverse.
Le differenze tra estroversi, introversi e timidi
Prima di parlare di come si manifesta, di quali conseguenze ha e di come si può limitare l’extrovert bias, forse vale la pena ricordare che essere introversi è una cosa ben diversa dall’essere timidi.
In sintesi, un introverso sceglie di stare in disparte perché lo preferisce, è la sua attitudine, mentre una persona timida risulta semplicemente frenata dall’insicurezza.
Si stima che circa il 40% della popolazione mondiale si identifichi come introversa o con tratti di introversione.
La differenza fondamentale tra introversi ed estroversi si basa sulla fonte di energia da cui attingono. Gli estroversi ricavano energia dalle interazioni con le persone, dalle conversazioni, dalle attività di gruppo. Gli introversi, al contrario, guadagnano forza dalla solitudine e non traggono beneficio personale dall’aprirsi indiscriminatamente agli altri. L’estroversione è la tendenza a "ricaricarsi" attraverso l’interazione sociale, mentre l’introversione si basa sull’energia derivata dalla riflessione personale.
I punti di forza degli estroversi sono la rapidità di risposta e la capacità di ispirare gli altri, mentre i potenziali punti di debolezza sono la tendenza a reagire in modo impulsivo e a prevaricare nelle conversazioni.
Tra i tratti positivi degli introversi, invece, vi sono l'essere buoni ascoltatori e il saper riflettere a fondo, mentre i possibili lati negativi includono il fatto di impiegare più tempo a prendere decisioni e l’essere spesso percepiti come più difficili da trattare.
Sebbene lo sviluppo dei tratti introversi dipenda certo dall’ambiente familiare e dal contesto sociale in cui una persona cresce, l’introversione è un lato del carattere determinato anche dalla genetica. Gli estroversi, in media, producono più dopamina e adrenalina, con un maggiore senso di eccitazione derivante da stimoli esterni come le interazioni sociali. A dimostrazione che l’introversione non è qualcosa che può essere eliminata del tutto, ma semplicemente variata.
Su questo tema esiste un Ted Talk meraviglioso, “Il potere degli introversi” di Susan Cain, forse uno dei più belli che mi sia mai capitato di ascoltare.
Cos’è l’Extrovert Bias e come si manifesta sul lavoro
Sebbene non vi sia la minima correlazione tra l’essere il miglior oratore e l’avere le idee migliori, la maggior parte di noi è naturalmente portata a seguire ciò che dicono le persone più dominanti e carismatiche. Questo spesso accade, appunto, a causa dell’extrovert bias.
Ovvero per la tendenza – inconscia o esplicita ma comunque alquanto diffusa - di favorire le persone con uno stile comunicativo estroverso, caratterizzato da energia, loquacità e interazioni rapide, a discapito di chi ha invece una personalità più introversa.
Un pregiudizio forse ancora più accentuato in ambito lavorativo e che può avere effetti molto negativi sull’ innovatività dell’azienda e sull’inclusione e la soddisfazione dei collaboratori. Un esempio pratico? Durante le riunioni di brainstorming, chi parla di più e in modo più deciso e rapido il più delle volte guida e domina le discussioni; mentre chi preferisce riflettere prima di esprimersi rischia di essere meno ascoltato.
Il bias si amplifica quando la vita già difficile degli introversi incontra determinati pregiudizi. Il principale è la convinzione che l’introversione non sia solo un tratto della personalità ma una vera e propria debolezza, sviluppata per inattività e scarse abilità sociali.
Nel contesto lavorativo, l'extrovert bias si manifesta così con una smaccata e sistematica preferenza per i tratti di personalità estroversa, specialmente nei ruoli che richiedono interazione sociale e comunicazione. Questo pregiudizio ha implicazioni significative, nei processi di selezione del personale, nella dinamica interna dei team, nella crescita professionale degli individui.
Avendo un occhio di riguardo per le soft skills estroverse, i datori di lavoro tendono a preferire candidati che mostrano tratti come carisma, capacità di networking e comunicazione verbale spigliata, trascurando magari altre competenze altrettanto fondamentali e tipiche degli introversi, come l'attenzione ai dettagli o la riflessività.
E anche in termini di promozioni, gli estroversi sono spesso considerati leader naturali, che meritano di essere premiati, anche se non sempre le loro capacità, professionali e di coinvolgimento, sono migliori rispetto a quelle di un introverso. Gli estroversi godono di maggiore visibilità, tendendo a promuovere più facilmente il proprio lavoro e a stabilire relazioni visibili con colleghi e superiori, ottenendo feedback più positivi e opportunità di crescita.
Le persone introverse, invece, spesso preferiscono lavorare in autonomia o contribuire in modi meno visibili e rischiano così di essere percepite come meno coinvolte o meno ambiziose. Un pregiudizio che può portare a una sottovalutazione delle abilità di leadership introversa, come l'empatia, l'ascolto attivo e la capacità di prendere decisioni ponderate.
La comunicazione è uno degli ambiti in cui l'extrovert bias è più evidente, con effetti sia individuali che organizzativi.
Nella comunicazione interna, solitamente la preferenza è per stili comunicativi energici: capita che ad essere premiato sia chi contribuisce attivamente e frequentemente alle discussioni, a discapito di chi è portato a riflettere di più prima di parlare o a contribuire in forma scritta. Le riunioni sono spesso strutturate per favorire la partecipazione verbale immediata, penalizzando gli introversi che potrebbero avere bisogno di più tempo per elaborare le idee.
Gli estroversi tendono a eccellere nelle interazioni faccia a faccia, nei brainstorming di gruppo e nei contesti sociali, mentre gli introversi possono preferire strumenti come email o chat, che però sono visti come strumenti meno coinvolgenti.
Per quanto riguarda la comunicazione esterna e il networking, gli estroversi sono naturalmente preferiti per ruoli che richiedono interazioni frequenti con clienti o stakeholder, come vendite o public relations, anche quando la competenza tecnica potrebbe essere, invece, decisamente più rilevante.
Le persone estroverse hanno infine maggiori probabilità di essere scelte come rappresentanti aziendali o speaker, in quanto percepite come più persuasive e sicure di sè.
L’extrovert bias ha impatti notevoli sulla cultura aziendale. Molte attività di team building (come giochi di gruppo o presentazioni collettive) sono disegnate per favorire gli estroversi e possono risultare stressanti o poco utili per gli introversi. Le aziende che promuovono una cultura fondata sull'interazione continua rischiano così di alienare i dipendenti più introversi, portandoli a sentirsi inevitabilmente fuori luogo.
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L’extrovert bias può, in estrema sintesi, influire sulla percezione del valore dei dipendenti. Le aziende potrebbero non riconoscere adeguatamente competenze come il pensiero critico, l'empatia e la capacità di problem-solving analitico, che spesso caratterizzano i lavoratori introversi. Nonostante possano eccellere in queste doti anch’esse fondamentali per il successo aziendale, gli introversi molte volte sono invece percepiti come meno motivati, meno collaborativi o meno carismatici. Aspetti che spesso sono solo stereotipi negativi.
Gli effetti dell’Extrovert Bias in azienda e l’importanza della diversità cognitiva
Secondo una recente ricerca della Harvard Business School, ciò che fa pendere la bilancia in loro favore è la maggiore probabilità dei dipendenti estroversi di essere considerati “appassionati”. Gli introversi, invece, a causa dei loro modi pacati e riservati tendono a mostrare meno i propri sentimenti e per questo appaiono più distaccati. Anche quando in realtà questo non è vero.
I risultati dello studio indicano che gli introversi hanno per questo uno svantaggio concreto in termini di promozioni, aumenti di stipendio, assegnazioni dei progetti più interessanti, “portando potenzialmente alla sotto-rappresentazione degli introversi nelle alte sfere delle organizzazioni”.
Un articolo pubblicato da Business Insider ha analizzato la correlazione tra reddito e tratti della personalità in dipendenti aziendali di diversi settori, rivelando che in media un estroverso guadagna circa $10.000 in più rispetto a un introverso.
La tendenza a definire la passione in base a come viene espressa è nella natura umana. Ma perché la passione è così importante? Secondo gli autori dello studio HBS, il motivo è che sia gli individui che le organizzazioni considerano la passione un tratto desiderabile e che può portare a buone cose.
I manager, soprattutto se sono estroversi, vedono gli altri estroversi come più simpatici e facili da trattare e classificano invece gli introversi come difficili e timidi. Un pregiudizio inconscio che fa sì che gli individui più estroversi abbiano maggiori probabilità di essere selezionati e promossi in posizioni di leadership.
Questo può portare gli introversi a tentare di conformarsi, cercando di apparire più estroversi di quanto non siano in realtà; il problema è che così facendo per un periodo prolungato le persone non sono più autentiche o fedeli a sé stesse, con rischi di stress eccessivo e burnout.
Allo stesso tempo, si osserva nello studio, la correlazione tra passione e risultati positivi non è poi così scontata. Non sempre la passione si traduce in prestazioni più elevate e può avere anzi un costo per gli individui: “Da un lato è fantastico. È una forza motivante. Quando si è appassionati si è attratti da incarichi più impegnativi. Ma significa anche che, quando si subiscono delle battute d'arresto, si soffre di più. La passione da sola non è sufficiente per affrontare alcune delle sfide e delle frustrazioni che si possono incontrare”.
Gli effetti dell’Extrovert Bias in azienda sono quindi di tre tipi:
1. Perdita di opportunità per l'innovazione - La cultura della rapidità, la preferenza per il pensiero veloce e per le proposte audaci penalizza l’analisi approfondita, che è spesso alla base delle idee più innovative.
2. Soluzioni omogenee e meno efficaci - È l’effetto del cosiddetto “groupthink”, il desiderio di minimizzare i conflitti e raggiungere il consenso senza un adeguata valutazione critica delle idee. E quando il team adotta così uno stile di pensiero unico, quello dei più estroversi, magari si perdono le idee divergenti che potrebbero portare a soluzioni migliori.
3. Perdita di talenti introversi - I dipendenti introversi che si sentono ignorati o sottovalutati possono demotivarsi e lasciare l’azienda, privandola di competenze preziose.
È per questo che, prima che sia troppo tardi, può valere la pena promuovere sistemi inclusivi, invitando a premiare non solo la generazione di idee rapide e audaci ma anche la risoluzione di problemi e l’analisi riflessiva.
Con l’obiettivo non di diminuire l'importanza degli estroversi, ma di trovare dei percorsi di comunicazione che aiutino tutte le voci ad essere ascoltate. Nella convinzione che un team equilibrato, che valorizza tanto le idee fulminanti quanto quelle più riflessive, può generare innovazioni che rispecchiano l’intero spettro delle esigenze e delle prospettive aziendali.
Come contrastare l'extrovert bias
Quindi, come agire nel concreto per affrontare questa situazione largamente sottovalutata e fare in modo che i punti di forza complementari delle personalità estroverse e introverse vengano valorizzati e premiati allo stesso modo?
Sia i dirigenti che i dipendenti possono adottare misure per arginare l’extrovert bias.
Il primo passo è fare un “bilancio”, capire quando in azienda si verificano pregiudizi inconsci e qual è il comportamento standard dell'organizzazione nei confronti degli introversi.
Il secondo è intervenire sui sistemi di selezione, adottando metodi di valutazione più inclusivi. Si traduce nell’utilizzare strumenti che bilancino la valutazione delle competenze tecniche e le soft skills, evitando un'eccessiva enfasi sull'impressione personale. Significa anche sensibilizzare i selezionatori sui pregiudizi impliciti e incoraggiarli a valutare i candidati in modo più olistico. E per quanto riguarda i premi e gli avanzamenti di carriera, implementare criteri oggettivi che vadano oltre la semplice capacità di autopromozione o comunicazione estroversa.
È necessario poi intervenire sulle dinamiche di comunicazione, partendo dalla consapevolezza che le persone esprimono la passione in modo diverso. E incoraggiando lo sviluppo di capacità di facilitazione nelle dinamiche di squadra e di riunione.
Per esempio, attraverso riunioni strutturate che prevedano momenti di riflessione prima delle discussioni o l’uso di sondaggi anonimi per raccogliere le idee. Un mezzo potrebbe essere la valorizzazione dei contributi scritti, dando pari dignità ai contributi espressi tramite email, documenti o piattaforme digitali rispetto a quelli espressi verbalmente.
Un’altra strategia potrebbe essere quella del brainwriting: prima si generano idee individualmente, poi si condividono in gruppo. Oppure quella di favorire il ruolo dell’”avvocato del diavolo”, incoraggiando la sfida alle idee predominanti per esplorare prospettive alternative.
Un'altra tattica ancora è quella di inviare a tutti un ordine del giorno dettagliato, dando così agli introversi il tempo di pensare in anticipo alle questioni e la possibilità di sentirsi più a loro agio nel contribuire. L’idea è quella di rendere sempre sicuro e confortevole l'intervento, incoraggiando tutti a partecipare. Se le persone poi non se la sentono comunque di esprimere il proprio pensiero in un contesto di gruppo, i manager dovrebbero parlarci dopo.
In generale, l’attenzione dovrebbe essere volta a creare una cultura aziendale sensibile a tutti i tipi di inclusività. Una cultura che riconosca e valorizzi le diverse personalità, offrendo opportunità per introversi ed estroversi di eccellere nei propri modi. E che sia aperta a tutti i diversi stili di leadership, evidenziando il valore anche delle competenze tipiche degli introversi come l'empatia, la capacità di mediazione e il pensiero strategico.
Le organizzazioni che promuovono un ambiente inclusivo non solo evitano costosi errori dovuti al pensiero omogeneo, ma valorizzano appieno tutte le risorse a disposizione, attirano e trattengono i talenti e si aprono a possibilità ben più ampie di innovazione.
Contrastare l’extrovert bias significa quindi riconoscere che un ambiente di lavoro equilibrato e inclusivo non solo favorisce la diversità, ma migliora anche la performance aziendale complessiva. A beneficio di tutti.
Digital Transformation Expert & Ethical AI Advocate | Founder of Human Singularity | Championing Responsible Innovation
4 settimaneComplimenti sinceri per il gran bel pezzo. Mi verrebbe da risponderti di getto ma mi prenderò un po’ di tempo per rifletterci. Credo che l’AI potenzierà ulteriormente questa distanza
Consulente di comunicazione, Partner @Barabino&Partners
4 settimaneFonti: - Harvard Business School: https://shorturl.at/f1k9e - Business Insider: https://shorturl.at/CJH3C - TED Talk, Susan Cain, “The power of introverts”: https://shorturl.at/DR2JO - Raconteur: https://shorturl.at/Qtrqc - Medium: https://shorturl.at/DnqnB - Miro: https://shorturl.at/PaVvw