Finanza comportamentale e avversione alle perdite
La volta scorsa abbiamo approfondito la figura di Daniel Kahneman e uno dei pregiudizi comportamentali a cui siamo soggetti, l’effetto gregge. Oggi vorrei continuare a parlare di finanza comportamentale focalizzandomi stavolta sulla nostra innata avversione alle perdite.
Prima di iniziare vorrei sottoporvi un brevissimo test a cui potete rispondere mentalmente:
1) Quale delle seguenti opzioni scegliereste?
Opzione 1: Vincere 900 € sicuri?
Opzione 2: Vincere 1000 € con il 90% di probabilità?
2) Quale delle seguenti opzioni scegliereste?
Opzione 1: Perdere 900 € sicuri?
Opzione 2: Perdere 1000 € con il 90% di probabilità?
Cosa avete risposto alle due domande precedenti?
Dagli studi emerge che l’avversione alle perdite plasma la nostra percezione del rischio ed è un comportamento connaturato nella natura umana.
Le due domande che vi ho sottoposto sono speculari e quindi razionalmente le nostre preferenze dovrebbero essere le stesse.
Tuttavia, la maggior parte delle persone opta per l’alternativa sicura (opzione 1) quando si tratta di vincere e per la scommessa (opzione 2) quando si tratta di perdere.
Cosa significa questo?
Quando siamo di fronte alla prospettiva di perdere tendiamo ad agire in modo irrazionale più facilmente.
Secondo Kahneman infatti, pare che soffriamo per una perdita due volte e mezzo di più di quanto gioiamo per un guadagno dello stesso importo.
Cosa si può fare?
Gli investitori devono cercare di combattere questo processo istintivo per raggiungere un equilibrio tra rischio e rendimento, ma non devono farlo da soli. E’ a questo punto che entrano in campo la professionalità e l’esperienza del consulente finanziario, in grado di guidare l’investitore nelle scelte di investimento senza che l’emotività prenda il sopravvento sulla ragione.