Finanziamenti Soci, Norme, Legittimità e Trattamento Fiscale
Il finanziamento dei soci è un argomento di grande rilevanza nel contesto delle operazioni societarie. Tale strumento consente ai soci di apportare risorse finanziarie alla società, ma è soggetto a stringenti vincoli normativi per evitare abusi e garantire il rispetto delle normative fiscali. Vediamo di seguito le principali caratteristiche, le condizioni di legittimità e il trattamento fiscale di queste operazioni.
Il finanziamento dei soci trova la sua disciplina principale nell’articolo 11 del Decreto Legislativo 385/1993 (Testo unico bancario, TUB), che vieta la raccolta del risparmio tra il pubblico ai soggetti non bancari. La delibera del Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (CICR) del 19 luglio 2005 specifica che non costituisce raccolta del risparmio tra il pubblico il finanziamento effettuato presso soci, dipendenti o società del gruppo.
Nello specifico, la delibera CICR stabilisce che:
• Le società possono raccogliere risparmio presso soci, con modalità diverse dall’emissione di strumenti finanziari, purché tale facoltà sia prevista nello statuto sociale.
• Questa raccolta deve avvenire presso soci che detengano almeno il 2% del capitale sociale risultante dall’ultimo bilancio approvato e siano iscritti nel libro soci da almeno tre mesi.
• Per le società di persone, non sono richiesti tali vincoli di detenzione del capitale e di iscrizione nel libro soci.
• La raccolta del risparmio non deve configurarsi come un’attività di intermediazione finanziaria e deve essere effettuata in base a trattative personalizzate con i singoli soggetti, mediante contratti dai quali risulti la natura di finanziamento.
Questi requisiti assicurano che il finanziamento soci rimanga all’interno della cerchia ristretta della società e non si configuri come una raccolta di risparmio dal pubblico, che è riservata agli istituti bancari.
La legittimità del finanziamento dei soci dipende da una serie di fattori. In particolare, l’articolo 6 della delibera CICR stabilisce che le società possono raccogliere risparmio presso i soci, purché questi detengano almeno il 2% del capitale sociale e siano iscritti nel libro soci da almeno tre mesi. Per le società neocostituite, questa norma crea delle criticità poiché potrebbero necessitare di finanziamenti immediati che, tuttavia, sono preclusi fino all’approvazione del primo bilancio d’esercizio.
In tal senso, il Consiglio Notarile di Milano, con la massima 116 dell’8 giugno 2010, ha espresso che, sebbene le società neocostituite necessitino spesso di finanziamenti, tali operazioni sono precluse nei primi tre mesi di vita della società. Tuttavia, una lettura sistematica delle norme suggerisce che questa preclusione possa essere superata, purché i finanziamenti avvengano in modo trasparente e documentato, e non configurino raccolta di risparmio presso il pubblico.
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Un altro aspetto cruciale è l’aderenza alle norme del buon governo societario. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 27366/2023, ha ribadito che la legittimità dei finanziamenti dei soci dipende dalla conformità alle delibere assembleari e alla corretta registrazione contabile.
In particolare, l’ordinanza 27366/2023 sottolinea che i finanziamenti devono essere deliberati e registrati in maniera formale e tempestiva. In caso contrario, tali finanziamenti possono essere considerati come reimmissione di utili occulti. Questo significa che, se i soci apportano capitali senza la dovuta documentazione o in modo non coerente con l’andamento finanziario della società, il fisco può considerare questi apporti come utili non dichiarati, soggetti quindi a tassazione.
Per evitare tali interpretazioni, è fondamentale che i finanziamenti dei soci rispettino pienamente le regole contabili e siano giustificati da una reale necessità finanziaria della società, nonché documentati in modo rigoroso. Secondo la Corte di Cassazione, la validità del finanziamento soci è sostenibile se si dimostra che tale operazione rappresenta una valida alternativa al credito bancario. In altre parole, i finanziamenti dei soci devono essere motivati da condizioni economiche che rendano il ricorso al finanziamento interno più conveniente rispetto a quello bancario, sia in termini di costo che di accessibilità.
Il trattamento fiscale dei finanziamenti soci è regolato dal Decreto del Presidente della Repubblica 131/1986 (Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, TUR). A seconda della modalità di documentazione del finanziamento, l’imposta di registro può variare:
1. Scrittura Privata: Comporta un’imposta proporzionale del 3% (articolo 9, Parte I, Dpr 131/1986).
2. Scambio di Corrispondenza: L’imposta è fissa a 200 euro, applicata solo in caso d’uso.
3. Forma Orale: Non si applica l’imposta di registro, neppure se il finanziamento viene successivamente enunciato in una delibera assembleare per operazioni sul capitale.
La Corte di Cassazione ha emesso diverse sentenze che chiariscono ulteriormente il quadro normativo e fiscale dei finanziamenti soci. La sentenza n. 1960 del 18 gennaio 2024, ad esempio, ha stabilito che la conversione di un finanziamento soci in capitale sociale non comporta l’applicazione dell’imposta di registro del 3%, in quanto tale conversione determina la cessazione degli effetti del contratto di finanziamento.
Un’altra sentenza, la n. 14432 del 24 maggio 2023 delle Sezioni Unite, ha trattato il caso di un finanziamento soci non convertito interamente in capitale, ribadendo che in tali circostanze, se non cessano gli effetti del finanziamento, l’imposta di registro deve essere applicata.
Il finanziamento dei soci rappresenta una risorsa importante per le società, ma deve essere gestito con attenzione alle normative vigenti per evitare sanzioni. È fondamentale che le operazioni siano ben documentate e rispettino le condizioni previste dalla legge e dalle delibere del CICR. Inoltre, una corretta gestione contabile e delle delibere assembleari può prevenire contestazioni fiscali e garantire la legittimità dei finanziamenti.