Formazione aziendale: …andiamo a giocare!

Formazione aziendale: …andiamo a giocare!

Vorrei riflettere con voi su aspetto che non riesco proprio a mandare giù. Parliamo di formazione aziendale.

Vedo sempre più spesso “nuove forme” di formazione aziendale, che non sono in grado di capire.

Qualche giorno fa, nel piazzale di un’azienda, osservo un gruppo di persone in giacca e cravatta che facevano il trenino con gli occhi chiusi. Recentemente, in un’altra organizzazione, una nutrita squadra di manager teneva in mano, uno vicino all’altro, una lunga asta sorreggendola con gli indici. In un’altra occasione, persone visibilmente adulte, con fare estremamente attento e concentrato, incollavano ritagli di giornale su una sagoma di cartone con la cura con la quale si facevano “i lavoretti” alla materna.

Non capisco.

E’ veramente necessario stimolare la parte più stolta dell’essere umano che occupa posizioni di middle e top management per far entusiasmare delle persone a riflettere su alcuni aspetti che possono migliorare la propria conoscenza?

Per quale motivo la formazione aziendale, compresa quella di alto livello, deve passare come “non formazione” per essere accettata? La ricerca continua della categoria ludica è veramente la strategia indispensabile per far sì che delle persone, pagate per pensare, possano mettere in stand by le loro facoltà cerebrali?

Si, si conosco le risposte di rito: “facciamo team”, “sviluppiamo la parte creativa”, “costruiamo gruppi e relazioni”; tutto ciò mi ricorda la frase di Moretti nel film Ecce Bombo “…faccio cose, vedo gente”. Ecco il mercato della formazione aziendale si sta orientando verso questa direzione,… si fanno cose e si vedono genti.

Siamo certi che l’eccessiva semplificazione, la banalizzazione, l’anestesia cognitiva siano effettivamente gli strumenti per acquisire conoscenze e sviluppare saperi in contesti organizzati complessi? Stiamo forse andando anche in questo caso verso un approccio “lean” dove essere eccessivamente snelli e piatti nei pensieri significa sempre più spesso non arrivare neppure alla testa, parafrasando Lec. 

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