From Sharing Economy to Scaring Economy
Non voglio propinare dati, informazioni scientifiche, statistiche e tante notizie da prima pagina di un quotidiano sull'economia. Ormai è un dato di fatto: lo sharing ci spaventa.
Questa sarà più che altro una riflessione da parte di una persona che non ha mai amato le folle, anzi! Ma ha più che altro sempre trovato intelligente il concetto di condivisione. Condivisione di informazioni, di conoscenza, di competenza, condivisione di servizi e, ovviamente, la più nota condivisione di oggetti.
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La sharing economy ci ha messo veramente tanto ad affermarsi nella Penisola dove ognuno guarda al proprio orticello e dove comunque l'erba del vicino è sempre più verde. Negli ultimi anni e mesi (intendo prima della pandemia) il fenomeno dello sharing è stato grandioso però, soprattutto a Roma, la 'mia' città. Sembrava essere arrivato finalmente il tempo delle EnJoy, delle Car2Go, dello sharing dell'elettrico a due ruote... una rivoluzione. Stavano per contagiare anche me che, notoriamente, sono motorizzata con lo stesso 50ino (motorino di sottomarca con 50 CC) vecchio e decrepito dal 2010.
E poi è arrivata la pandemia. Ora la domanda non è tanto come le aziende e start-up il cui core business è 'sharing' riusciranno a venirne a capo, ma quanto questa crisi (anche esistenziale ormai) stia ridiscutendo totalmente i nostri confini fisici, personali, sociali... di quelli politici non voglio neanche discutere. Non intendo dire che la frase "torneremo ad abbracciarci", slogan di decine di spot in questi mesi, sia completamente vuota, ma lo è al 99%. E non perché sia uno slogan, quanto invece perché è totalmente sognante. Anche "Just Do It" è una bella tagline, ma è anche motivazionale. "Torneremo ad abbracciarci" mi motiva solo a chiudermi dentro casa, e stavolta senza DPCM.
Quello che intendo dire è che stiamo lentamente regredendo ad un'economia o società della Paura. La paura dell'altro, la paura del contagio, la paura di non poterci muovere perché saremo considerati gli appestati e gli untori in Europa e fuori per almeno un altro po' di tempo, la paura di campare, in definitiva. Mi trovo tra l'altro ad essere portabandiera della Paura, quindi non vuole essere una critica la mia, piuttosto una riflessione, ripeto. (Forse portabandiera dell'Ansia suona meglio, o forse no... non lo so).
Comunque siccome non voglio fare il report dei grandi numeri e delle statistiche (molti meglio di me lo hanno già fatto, lo stanno facendo e lo continueranno a fare), ho notato quanto stia diventando sempre più lampante, se non addirittura invadente, quella che sto definendo in questo articolo la "Scaring Economy". E non mi riferisco solo al fatto che anche la macelleria sotto casa, sull'onda del trend, si sia messa a cucire e vendere mascherine; sto invece parlando di una situazione in cui, da qualsiasi parte (media) riceviamo gli stimoli per acquistare prodotti e servizi che ci facciano mantenere la distanza (anche quando non dovuta) o che, perlomeno, nutrano grossolanamente il nostro sentimento di Paura, ingigantendolo e aumentandone l'intensità. Incentivi per acquisto di auto. Super bonus statali per biciclette e monopattini. Ci inserisco anche i rinnovi delle casse integrazione: è un terreno pericolo, lo so. Ma fortunatamente prima di me ci ha pensato qualcuno più competente, in un'intervista al Sole24Ore:
«L’aiuto d’emergenza dello Stato alle famiglie e alle imprese è inevitabile in questa fase. Ma deve rappresentare una scossa per ripartire e avere un effetto moltiplicatore sul sistema incentivando i consumi e gli investimenti. Gravare le imprese di nuovi debiti dà ossigeno ma non è la soluzione».
Orlando Barucci, presidente di Vitale & C., la società di consulenza finanziaria fondata da Guido Roberto Vitale. Io ne parlo meno dal punto di vista economico-finanziario, e più dal lato relazionale-sociale. Il concetto è lo stesso, solo che le persone, con sussidi e incentivi, vengono fornite di Anidride Carbonica anziché di ossigeno. E ora mi spiego.
Come già detto, non sono qui per esprimere giudizi politici o dare grandi lezioni a chi governa le economie del nostro Paese. Mi chiedo solo se insistere su sussidi e finanziamenti non abbia altre conseguenze se non quelle di instillare in noi la voglia (o la necessità) di chiuderci, di restare fermi e lontani, aumentando il nostro sentimento di Paura.
Se lo Stato ha le proprie colpe (e i propri meriti!), tutti noi cittadini abbiamo la responsabilità civica e sociale di essere coraggiosi, che non vuol dire 'non avere paura'. Il coraggio vuol dire 'non avere paura della paura': riconoscerla e affrontarla. Come dicevo, sono la portabandiera dell'Ansia. Ma non per questo mi faccio sopraffare da essa. Piuttosto mi faccio stimolare dall'ansia. Se la Paura ci porta a pensare che sia pericoloso prendere i mezzi pubblici, non per questo dobbiamo comprare una macchina nuova o un monopattino (che in giro per Roma non è raccomandabile, a differenza di qualsiasi altro posto dove l'asfalto resta dove deve stare). Sicuramente è anche giusto avere paura di accettare le caramelle dagli sconosciuti, ma quello si chiama "buon senso": farlo era sbagliato anche pre-pandemia.
Fondamentalmente la Paura va gestita. E' giusto averne? Sì. E' giusto stare fermi e non fare più nulla per evitare situazioni di pericolo? No. Ma agiamo con intelligenza. Se gli esperti ci dicono da mesi che il contagio avviene in luoghi affollati, dove la gente urla, forse una manifestazione in piazza con migliaia di persone non è il luogo più adatto per contenere la pandemia.
Non lo so, vorrei solo capirci qualcosa. Mi sento fortunata però: il mio sport fa acqua da tutte le parti e il cloro ammazza tutto. Mi sento al sicuro solo immersa in una piscina! Gestori e direttori di piscine: questo è un grande spunto per un po' di instant marketing, non trovate?
[...come vedete, non c'è una conclusione. Ancora non ci sono arrivata. Le conclusioni sono per le belle commedie, ma questa storia mi sembra thriller senza fine. Se tu hai una conclusione, scrivila nei commenti]