Future bodies
“Lasciami in pace”, disse Luca.
“Come sarebbe?”, rispose la voce dentro di lui, l’ospite.
“Lasciami in pace”.
“Ho pagato per essere qui. Ho diritto di prendermi il mio spazio e il tuo tempo.”
“Non avrei dovuto accettare. Se avessi saputo chi sei e cosa avevi in mente…”
“Beh, mi dispiace per te.”
“Non credo.”
“In effetti no, ma hai firmato un contratto, ti abbiamo coperto di soldi, si può sapere cosa c’è che non va?”
“Tu non vai. Le tue idee. Quello che vuoi fare.”
Mentre diceva questo, Luca guardava un’affissione digitale in stazione, grossa come la facciata di un palazzo, dove campeggiava la sua foto, ma con un altro nome.
Era un’affissione elettorale nella quale lui camminava in un parco meraviglioso, immerso nella luce e nella natura. Un parco che non esisteva, ricostruito in studio.
Anche se nel momento delle riprese era passivo, ricordava perfettamente tutto.
L’ospite aveva un programma mostruoso.
Nel suo futuro, quello che avrebbe dato a tutti, non c’era spazio per pace, cultura, istruzione.
Non c’era spazio per i giovani che erano sempre meno, e sempre più nelle mani di chi li metteva ai margini del futuro; tanto che alla fine questo futuro glielo avevano levato, trasformandolo in un corpo e una mente da occupare come un invasore, con la coscienza e il passato di un uomo che non avrebbe dovuto esserci più.
Per uscire dalla povertà, per darsi un futuro (così gli avevano detto), aveva accettato di diventare un body rental e ospitare nella sua vita, nella sua mente, nel suo corpo, un’altra persona.
La società che aveva inventato questo servizio si chiamava Future Bodies e aveva cambiato il mondo, finendo per condannarlo a un eterno ricorso storico dove un gruppo di uomini e donne ricchissimi e potenti avevano comprato la vita eterna, semplicemente passando di corpo in corpo.
Fu così che iniziò a frequentare riunioni di partito, consigli di amministrazione, festini di ogni genere e durata.
All’inizio era stato anche divertente. Ma solo per poco, perché a un certo punto a pagare tutto questo era il suo corpo, il suo nome, la sua faccia.
Nel giro di un paio di mesi si era ritrovato completamente isolato da tutti, inclusi i suoi familiari; aveva fatto questa scelta per loro, per farli uscire dalla povertà, ma loro avevano rifiutato di accettare qualsiasi aiuto economico da lui.
“Se vuoi puoi interrompere il contratto, ma sappi che dovrai pagare grosse penali. Ti ritroveresti improvvisamente più povero di prima.”
“Ma tornerei padrone della mia vita.”
“E che vita sarebbe? Che vita è la vostra? Ragazzini senza idee, senza prospettive.”
“Non è vero.”
“Ah no? E dimmi, cosa faresti senza di me?”
“Cambierei le cose.”
L’ospite esplose in una risata sguaiata e in modo deliberato decise che il corpo di Luca ne avrebbe fatto parte. Un paio di passanti si voltarono di scatto. Lo riconobbero e accelerarono il passo.
“Se fai così, ti prenderanno per pazzo”, disse Luca nella sua testa.
“Se non la smetti di opporti, farò anche di peggio.”
I due, Luca e l’ospite, restarono così, fermi davanti all’affissione sorridente.
“Ascolta – disse l’ospite – tra una settimana ci sono le elezioni. Vinciamo e ti libero senza penali.”
“Vinciamo…”
“Va bene, vinco.”
“È ciò che mi preoccupa di più. Io in un Paese come lo vuoi tu non voglio viverci.”
“Perché questo ti piace?”
“No, fa schifo, ma se ci aveste permesso di fare le cose diversamente, sarebbe migliore.”
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“A chi interessa? A chi? A voi ragazzini spiantati?”
“Hai vissuto la tua vita. Tu e la tua generazione ci avete consegnato un mondo disastroso.”
“È il meglio che siamo riusciti a fare, mi accontenterei.”
“Il meglio per voi, forse. Non per noi. Io devo fermarti.”
“Non puoi! Non osare!”
Luca non rispose.
Uscì dall’auto. Quella che era l’auto dei suoi sogni, almeno fino a poco tempo prima.
Da quando era diventato un body rental la sua vita era cambiata completamente, peccato che non la sentisse più sua.
I suoi profili social erano diventati velocemente quelli di un influencer, milioni di follower che sposavano le idee del suo ospite e milioni di haters che se la prendevano con lui per aver dato corpo e voce a un uomo che detestava il futuro e le nuove generazioni.
Ma era ricco. Questo sì.
Viveva in centro, aveva auto, moto, abiti delle migliori marche, tutte sponsor dell’influencer che era diventato.
Non aveva più bisogno di cercarsi un lavoro, poteva viaggiare dove voleva, sempre in business class, e frequentare i villaggi più esclusivi in tutto il globo.
Non era forse questo lo stile di vita a cui ambire? Non era forse nel possesso di tutto che si misura la vita di una persona? Siamo quello che possediamo. Questo era il messaggio che ti rendeva parte di una società. Siamo quello che gli altri ci dicono di dover essere: persone la cui dignità e importanza si misura su ciò che hanno, non su ciò che sono.
E lui aveva tutto. Ma era infelice, perché era solo.
Aveva milioni di follower, ma nemmeno un amico.
Giulia l’aveva lasciato pochi minuti dopo aver scoperto tutto.
“Cosa ti aspetti che faccia? – aveva detto in lacrime, mentre gli carezzava il viso non più suo – Cosa? Perché? Perché hai rinunciato a vivere?”
Lui aveva provato a giustificarsi. Le aveva detto che non avrebbero più avuto paura del futuro.
E lei aveva risposto che l’unica cosa che le metteva paura del futuro, era non avere la possibilità di cambiarlo.
Aveva sbagliato tutto.
Con l’idea di inseguire la felicità, l’aveva persa per sempre.
Anche se avesse abbandonato il programma, la sua vita non sarebbe più stata la stessa.
Per tutti sarebbe stato il ragazzo che aveva messo il futuro di un’intera generazione nelle mani di quelli che questo futuro l’avrebbero preso in ostaggio.
Sarebbe rimasto ricco, circondato di beni di qualsiasi genere fino alla fine dei suoi giorni, ma neanche uno per cui valesse la pena vivere.
“Devo fermarti”, sussurrò Luca.
“Cosa stai dicendo?”
“Hai capito benissimo.”
“Non puoi! Cosa vuoi fare?”
“Ucciderti.”
“Ma per farlo dovrai morire anche tu.”
“Sono già morto”, disse Luca mentre si avvicinava ai binari.
“Fermo, ci ammazzerai!”
Il treno arrivò velocissimo e Luca pensò a due cose.
La prima: si era sempre detto che avrebbe cambiato il mondo, fosse l’ultima cosa da fare prima di morire.
La seconda: ci era riuscito.
Creative Director at DeepBlue Works
2 anniNice one Arnald!