Gogne mediatiche, diritto di cronaca ed esigenze di riservatezza: è battaglia persa?
𝐸' 𝑑𝑎𝑣𝑣𝑒𝑟𝑜 𝑟𝑎𝑑𝑖𝑐𝑎𝑙𝑚𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑐𝑎𝑚𝑏𝑖𝑎𝑡𝑎 𝑙𝑎 𝑝𝑒𝑟𝑐𝑒𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑛𝑜𝑠𝑡𝑟𝑎 𝑟𝑖𝑠𝑒𝑟𝑣𝑎𝑡𝑒𝑧𝑧𝑎 𝑛𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑟𝑒𝑎𝑙𝑡𝑎' 𝑐ℎ𝑒 𝑠𝑡𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑣𝑖𝑣𝑒𝑛𝑑𝑜?
Vogliamo davvero accettare svogliatamente questa involuzione verso l'esposizione costante della nostra intimità con i suoi possibili rischi di violazione di nostri diritti e libertà fondamentali?
Siamo davvero pronti ad accettarlo?
Mi è capitato in questi giorni di interrogarmi ancora una volta sul delicatissimo bilanciamento di due interessi contrapposti: riservatezza e cronaca. E, in una società ormai trasparente e liquida come quella attuale, i miei dubbi suonano ormai come inopportune ossessioni o -peggio- attacchi alla libertà di stampa.
Eppure dovremmo tutti renderci conto che è terribilmente pericolosa questa voyeuristica e costante esibizione di noi stessi alla mercé di media e giganti del web.
𝑉𝑜𝑔𝑙𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑟𝑒𝑛𝑑𝑒𝑟𝑐𝑖 𝑐𝑜𝑛𝑡𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝑙𝑎 𝑔𝑜𝑔𝑛𝑎 𝑣𝑎 𝑏𝑒𝑛𝑖𝑠𝑠𝑖𝑚𝑜 𝑠𝑜𝑙𝑜 𝑠𝑒 𝑛𝑜𝑛 𝑟𝑖𝑔𝑢𝑎𝑟𝑑𝑎 𝑛𝑜𝑖?
Eppure a leggere certi commenti, pur da parte di Amici che stimo, sembra quasi che sia io a sbagliarmi (ed è ovviamente possibile e lo spero). E che, quindi, le gogne mediatiche non esistano e non siano mai esistite...e io voglio sperare che la stampa, e il popolo del web che la sostiene nelle sue battaglie, sia solo e saldamente pronta a svelare fatti e misfatti della nostra esistenza anche più intima, senza alcun clamore o accanimento. Solo con lo spirito di denunciare il gusto dolce e soave della Verità! (...)
Ormai ci siamo così assuefatti alla gogna che neppure più la riconosciamo. Anzi, si arriva persino a scandalizzarsi se qualcuno prova a interrogarsi in qualche modo. Come sto facendo (fastidiosamente) io in questi giorni.
Salvo poi quando ci scappa un suicidio.
Fate un gioco: provate a interrogare Google (o Chatgpt) su "suicidi determinati da gogne mediatiche" e rimarrete stupiti da ciò che accade e può accadere.
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Ma poi tutto si dimentica in fretta il giorno dopo effettivamente.
Così accade allo stesso modo quando, successivamente alla gogna mediatica per l'iscrizione nel registro di indagati, ci si accorge anni dopo, sbadigliando, che quel tizio perfidamente è stato prosciolto.
Purtroppo i tempi complessi di Mani Pulite ci hanno insegnato che la regola è in questo bel Paesello la presunzione di colpevolezza. Altro che quel superato principio, costituzionalmente garantito, della presunzione di innocenza. Non ha più senso del resto la possibile innocenza, se i social hanno ormai emesso il loro editto. E, in ogni caso, è doveroso oggi sbandierare il mascalzone per il giudizio del popolo, politico o no, non ci interessa.
***
In realtà, dovremmo ricordarlo noi giuristi attenti alla materia (ammesso che serva ancora a qualcosa) che il bilanciamento di interessi in gioco tra la riservatezza di un contesto privato e il diritto di cronaca andrebbe valutato (almeno per un normale cittadino) con la massima attenzione e con assoluto rispetto del principio di minimizzazione. E quindi attraverso l'attenta e delicata verifica del contesto riservato in cui un determinato fatto pruriginoso per la cronaca si è espresso.
Ma che importa?
Crocifiggiamo pure il malcapitato di turno perchè è divertente.
Anzi, riportiamo pure fedelmente ogni singola scorreggia della nostra intimità nel prossimo futuro se in qualche modo è di interesse per la cronaca. Per trasparenza necessaria.
Purché non accada a noi ovviamente.
avvocato | Cyberlegal | out of counseil presso Studio Sacchi e associati in materia di data protection, cybersecurity e I.A. | membro ufficio RPD di Si.Net Servizi Informatici
1 annoCome e soprattutto quando intervenire? Inopportuno mettere divieti di pubblicazione alla stampa, la quale si è già dotata di un codice di autodisciplina. A mio modestissimo avviso la strada potrebbe essere quella del dare effettività alle sanzioni, colpendo anche la supply chain. Ad esempio, le notizie date alla stampa dei processi in fase di indagine comportano un reato di rivelazione di atti d'ufficio: mai avuto notizia di processi giunti a termine nei confronti di qualcuno. Il caso della mail inviata dal dirigente di 3-I è una impropria diffusione di corrispondenza. L'ipotesi di un quotidiano che pubblica articoli che rendono identificabili soggetti, anche minorenni e fragili, in riferimento a una notizia di cronaca ha delle effettive sanzioni deflattive ? Anche in questi casi, gli enti, pubblici e privati, potrebbero essere chiamati a dotarsi di policy e strutture per minimizzare il rischio di (illecita) diffusione di materiale.
avvocato | Cyberlegal | out of counseil presso Studio Sacchi e associati in materia di data protection, cybersecurity e I.A. | membro ufficio RPD di Si.Net Servizi Informatici
1 annoPT.1 argomento sempre di attualità, soprattutto per gli avvocati penalisti. Il problema della cronaca giudiziaria è inquietante, procure e forze di polizia che organizzano conferenze stampa, articoli di giornale che fanno nome e cognome dell'interessato, o comunque forniscono una quantità di dati che rendono assolutamente identificabile il soggetto, anche se minorenne. Come dimenticare la disgustosa immagine di Cesare Battisti, in manette, esposto alle telecamere già sulla pista di atterraggio dell'aereo. O l'immagine del detenuto accusato dell'omicidio del mar Cercello Rega ammanettato e bendato. Il cd "caso Bossetti"? Con un video confezionato dal RIS dei Carabinieri per esigenze comunicative alla stampa? I casi sono tantissimi, come se ne esce? Come intervenire? Ma soprattutto, in quale fase? Immaginare di dire alla stampa "non pubblicate" è difficile, se non impossibile. Durante un convegno sul tema tenutosi, se non erro, a Torino anni fa, sul tema se pubblicare le notizie di indagine o meno, e soprattutto quando, un giornalista fece notare che, se si fosse applicata la regola della diffusione della notizia solo all'esito del processo, il Watergate sarebbe rimasto sconosciuto e Nixon avrebbe continuato fino a fine mandato.
Web Reputation manager, Rimozione contenuti digitali indesiderati, esperto di Diritto all'Oblio
1 annoUna analisi lucidissima che condivido in pieno. Occupandomi da quasi 10 anni di web reputation e diritto all'Oblio (per azioni di recovery reputazionale) è un malcostume che purtroppo conosco bene