Google Bard e il flop in Borsa
Qualche settimana fa abbiamo scritto un articolo sui sistemi di Microsoft e Google che utilizzano l’intelligenza artificiale per offrire contenuti agli utenti: ChatGPT e Google Bard.
Dato che il tema è molto caldo e le novità sono sempre dietro l’angolo, oggi vogliamo fare un ulteriore approfondimento sull’argomento.
Il flop di Google Bard
Sembra che Google Bard non abbia avuto il successo sperato, a causa di alcune inesattezze nel programma. Questo ha causato ad Alphabet, società madre di Google, la perdita di circa 100 miliardi di dollari di valore azionari in Borsa a Wall Street. (fonti: Il Sole 24 Ore, Il Corriere della Sera - Economia, Wall Street Italia, Milano Finanza).
Le imprecisioni sono state evidenti già in uno dei primi post promozionali su Twitter, in cui l’algoritmo avrebbe affermato che il primo a fotografare i pianeti al di fuori del nostro sistema solare fosse stato il telescopio spaziale James Webb. La risposta degli astronomi e degli esperti non si è fatta attendere, i quali hanno prontamente reagito, dichiarando che questa attività è stata svolta per la prima volta dal Very Large European Telescope nel 2004.
La scalata di ChatGPT
OpenAI rappresenta una sfida senza precedenti per il colosso di Mountain View che, in soli due mesi ha assistito ad una crescita esponenziale della piattaforma concorrente, raggiungendo quasi 100 milioni di utilizzatori.
ChatGPT è sempre più diffusa e utilizzata dagli utenti. Microsoft infatti, ha integrato il sistema sia nel motore di ricerca Bing, sia all’interno del pacchetto Office.
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Oltre alla creazione di immagini e grafiche legate al sistema di OpenAI, ChatGPT ora sembra minacciare il settore editoriale e autoriale. Grazie al nuovo software sono stati redatti più di 200 testi (articoli, libri, poesie). Dunque, che ne sarà del ruolo creativi?
Uno dei limiti di Chat GPT è che è aggiornato al 2021 e questo può essere un problema quando si vogliono creare e cercare contenuti legati all’attualità.
Conclusioni
La competizione tra colossi continua! Di recente infatti, Mark Zuckerberg ha annunciato che anche Meta sta lavorando ad un nuovo modello di ricerca basato sull'intelligenza artificiale, chiamato LLaMa, il quale aiuterà gli utenti con le ricerche avanzate.
Ciò che è evidente, è che ormai persiste un bisogno da parte degli utenti di conversare in modo naturale con le applicazioni di intelligenza artificiale.
Ci troviamo quindi ad un punto di svolta, un’evoluzione che può essere paragonata alla nascita di Internet o all’avvento del mobile.
Concludiamo con una domanda aperta: questi sistemi di AI alla fine, saranno un supporto per i creatori di contenuti o li sostituiranno definitivamente?