Google Update 1 agosto: cosa abbiamo imparato?
Wall Street | New York City 1987 - Roger Hsu

Google Update 1 agosto: cosa abbiamo imparato?

Sono certo che chiunque faccia SEO, e non solo, abbia sentito nelle ultime due settimane parlare dell’aggiornamento dell’algoritmo di Google almeno una volta. Non sono un SEO attento a scrivere di tutte le novità o i cambiamenti del settore, e perciò non mi soffermerò tanto sui terremoti che abbiamo visto nelle nostre SERP o sul perché le modifiche all’algoritmo hanno causato questi movimenti, come hanno fatto decine e decine di persone più autorevoli, ma su considerazioni più generali che, forse, tendiamo a dimenticare troppo facilmente.

Tanti, a mio avviso forse troppi, si sono lamentati di crolli dei posizionamenti dei loro siti in SERP, in tutti i modi e in tutte le salse, da Twitter a Facebook, dai forum ai vari blog del settore queste due settimane non si è parlato di altro. Gli aggiornamenti di algoritmo di Google si sono susseguiti costantemente negli anni, e più di una volta hanno completamente modificato le SERP, spodestando grandi certezze e premiando altri meno conosciuti o importanti. Questo dovrebbe far tenere in considerazione a tutti noi, che facciamo questo lavoro da abbastanza per aver visto qualche aggiornamento, che nulla è scolpito nella pietra e tutto può essere ribaltato nel giro di una notte.

Sicuramente perdere il 50%-70% del traffico a causa di un aggiornamento dell’algoritmo non può che essere motivo di discussione, e in alcuni casi perplessità e amarezza quando si crede di essere stati danneggiati senza ragione, ma tutti i cambiamenti di Google hanno sempre un motivo ben preciso, fosse anche solo per fare un test su scala globale (evento piuttosto improbabile).

La considerazione più importante sotto questo punto di vista, è che spesso dimentichiamo chi sia in realtà Google. Nonostante “dialoghiamo” con lui ogni giorno più che con tutte le altre persone della nostra vita, stiamo parlando di un’azienda, quotata in borsa, che deve rispondere ai suoi shareholder in termini di guadagno monetario, e non mostrando un innalzamento della qualità dei risultati di ricerca.

Negli ultimi anni le figure pubbliche di Google hanno messo sempre più l’accento sulla qualità delle risposte e dei contenuti che devono essere fornite agli utenti quando effettuano una ricerca, e conseguentemente molti aggiornamenti di algoritmi e policy sono andati in quella direzione. Ma questo è solo il volto pubblico di Google. Se fornire risultati di qualità agli utenti significasse una perdita di fatturato/profitto, sarebbe l’ultima cosa che promuoverebbe; se un giorno scoprisse che premiare chi ha fatto spam per anni sarebbe più remunerativo per l’azienda, non ci metterebbe più di qualche giorno ad aggiornare l’algoritmo per prendere questa strada. E noi non potremmo farci niente.

Tanti sfoghi che ho letto in relazione a quest’ultimo aggiornamento dell’algoritmo sono state variazioni di affermazioni come “ho sempre seguito le regole e a quanto pare non è servito a niente perché le hanno ribaltate in un giorno!” o “maledetto Google non puoi rovinare così la vita di chi deve portare a casa il pane con questo lavoro”: correndo il rischio di passare per insensibile, dico che li capisco fino a un certo punto, e oltre alla precedente considerazione di cui sopra ne aggiungerei anche un’altra: abbiamo deciso consapevolmente di giocare a un gioco non equo fin dall’inizio, e lamentarsene in questo momento serve a ben poco.

A differenza di quasi tutti gli altri settori, qui chi fa le leggi, chi controlla la validità e l’applicazione di tali leggi e il proprietario dell’infrastruttura sono la stessa entità, e non saranno certo le sanzioni dell’Unione Europea per abuso di posizione dominante a far cambiare il comportamento di Google.

Quando sento parlare di gente rovinata in un giorno, mi vengono in mente le immagini del Black Monday di Wall Street nel 1987, dove centinaia di persone si ritrovarono ad aver perso tutto nel giro di qualche ora nel peggiore giorno della storia della borsa. Con le dovute proporzioni, i rischi di lavorare e ruotare attorno a un sistema non controllato sono esattamente questi.


Infine, chi lamenta di aver sempre seguito le regole ha sicuramente un punto a suo favore, ma va considerato anche che le linee guida indicate da Google non sono altro che una minima di parte di quello che serve per far posizionare un sito. Se l’algoritmo è segreto tanto quanto lo sono i fattori di ranking, che possiamo infatti solo ipotizzare, significa che anche le indicazioni forniteci sono parziali, o avremmo in mano la soluzione definitiva al posizionamento.

Come più volte ha risposto John Mueller su Twitter a chi gli chiedeva come mai alcuni siti si posizionassero nelle prime posizioni nonostante alcuni evidenti elementi non conformi alle best practice: “si vede che molti altri elementi sono ottimizzati bene e questo basta ad ignorare dove c’è un piccolo problema, perché i fattori di posizionamento sono nell’ordine delle centinaia.”

Tornando a parlare dell’aggiornamento del 1 agosto, sembra che il settore più colpito sia quello del “your money, your health”, ovvero il settore della finanza e del benessere. Non è un caso che questi due settori siano tra i più competitivi e quelli che più fanno guadagnare (noi e non Google), oltre a essere i settori in cui gli utenti/consumatori potrebbero rimetterci di più, nella salute, nel portafogli o in entrambi. Essendo questi molto competitivi, sono anche i settore dove i SEO hanno cercato di aggirare le linee guida in molti modi, spesso poco naturali.

Qualcuno più esperto (e con più memoria) di me faceva notare come tanti dei consigli elargiti da Google nel post Panda update su come creare siti di qualità siano oggi più che mai attuali, e potrebbero essere la chiave per riprendere parte dei posizionamenti persi. Tra i punti più interessanti c’erano:

  •   Il sito è un’autorità nel settore?
  •  Quanto controllo viene fatto sui contenuti?
  •  Per una query relativa alla tua salute, ti fideresti delle informazioni di questo sito?

Già nel 2011 c’era quindi un’attenzione particolare sulle ricerche e sui siti riguardanti la salute, e dopo circa sette anni si può dire che dei siti del settore benessere e finanza, non molti rispondono in maniera positiva a queste tre semplici domande.

Se è vero che molte SERP in queste nicchie sembrano aver premiato siti di basso livello e che non rispecchiano quella che dovrebbe essere la qualità per Google, possiamo aspettarci che in maniera più o meno marcata le cose verranno rimescolate per correggere gli errori fatti, ma difficilmente ci sarà un vero e proprio passo indietro ufficiale per tornare alla situazione pre-aggiornamento.

Di sicuro tornerà utile iniziare a farsi qualche domanda in più sui nostri siti prima di prendersela solo e soltanto con Google..

 

 

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