HR chiama Marketing

HR chiama Marketing

Questa intervista è stata realizzata da Rosanna Del Noce, che ringrazio per avermi dato l'opportunità di approfondire un argomento a cui tengo molto, e pubblicata sul sito di Recround.

Il mondo HR sta vivendo un momento di evoluzione che lo vede meno coinvolto in attività burocratiche e più aperto alle attività di comunicazione. Quali opportunità vedi in questa evoluzione?

Le risorse umane, oggi più che mai, sono al centro del processo produttivo di qualsiasi azienda. Per la semplice ragione che la persona è il fulcro dell’innovazione, senza la quale nessuna trasformazione digitale può incidere radicalmente sull’evoluzione sociale ed economica delle nostre comunità.

Per restare competitiva in un mercato ormai globale l’azienda deve puntare su una gestione delle risorse umane più orientata a formazione e aggiornamento continuo, alla valorizzazione delle competenze e al coinvolgimento dei dipendenti sia nella comunicazione interna che esterna.

Ma soprattutto le HR possono diventare un hub intorno al quale ruotano le altre direzioni aziendali, come marketing e comunicazione. Le aziende oggi tendono sempre più a comunicare valori, e non solo prodotti, e per fare questo occorre una identità forte e univoca che si realizza solamente se tutti gli asset strategici sono allineati e hanno una strategia condivisa.

Tu sei sempre stata molto attenta alle modalità con cui le nuove generazioni si distinguono nella dimensione on line. Ci sono dei comportamenti e delle scelte che ritieni che possano incidere sul loro ingresso e benessere nel mondo del lavoro e in che modo lo Staff HR può agevolarli?

Le nuove generazioni non possono prescindere dalla dimensione online per comunicare la propria identità. Tutto quello che comunicano attraverso i social network o Internet in generale ha delle conseguenze sia nella ricerca della prima occupazione che nel percorso di crescita professionale che li aspetta durante la loro vita lavorativa.

Sarà sempre più fondamentale comunicare le competenze, curare la presenza online, e occorre cominciare a farlo mentre si sta ancora svolgendo il percorso di studio. Bisogna cominciare ad utilizzare i social network e il web come un biglietto da visita per il futuro professionale, perché chi si occupa di selezione del personale all’interno delle aziende valuta il candidato includendo le informazioni disponibili sul web.

La dimensione online incide anche sulla gestione delle risorse già in forza all’azienda. Oggi costruire la propria rete di connessioni, fare networking, è ancora più importante e con il web possiamo allargare il nostro raggio d’azione e far fruttare questi contatti personali in termini di business.

Il web e i social media sono quindi una grande opportunità di crescita, di relazioni, di lavoro, come mai prima. È il modo in cui li usiamo il vero problema. Dobbiamo pertanto abituarci a una sorta di ecologia digitale che ci consenta di vivere online e offline senza eccessi ma sfruttando al meglio le opportunità che questo mondo ci offre.

Dal mio punto di vista le aziende dovrebbero dare ai propri dipendenti la possibilità di imparare ad utilizzare i social network come strumento di comunicazione personale e professionale. Sarebbe un vantaggio per entrambi.

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In quali ambiti HR vedi più utile una sinergia con l’area comunicazione e marketing?

HR e comunicazione/marketing sembrano settori completamente separati e spesso nelle aziende non dialogano fra loro e non costruiscono strategie comuni. Oggi è tutto più fluido e le separazioni non portano alcun beneficio in termini di produttività e comunicazione.

Occorre un patto di collaborazione che consenta di integrare la comunicazione istituzionale e commerciale con la partecipazione attiva dei dipendenti alle conversazioni tra utenti, alla costruzione di una community online che possa trasmettere all’esterno i valori dell’azienda e dare sostanza ai contenuti diffusi online e contribuire alla reputazione.

Sappiamo perfettamente che gli utenti del web danno più importanza ad un contenuto se viene pubblicato da una persona piuttosto che da un’azienda, che ha tutto l’interesse a tessere le proprie lodi. Siamo in una fase di cambiamento di strategia da parte dei social networks, che tendono a dare più importanza alle relazioni fra persone che ai contenuti pubblicati dai brand (a meno che non si paghi per avere visibilità).

Per attrarre l’attenzione, i brand devono fare affidamento alle conversazioni fra utenti, al coinvolgimento delle community. Per questo i dipendenti possono dare un contributo importante alla comunicazione.

Le aziende hanno quindi un’arma in più se sono in grado di costruire un rapporto di fiducia con i propri dipendenti che diventano ambasciatori del brand, perché saranno sempre pronti a fornire informazioni positive sui prodotti della loro azienda e saranno i primi a difenderla quando capita che si inneschi una conversazione negativa online. L’importante è che il contributo dei dipendenti sia sincero e spontaneo.

I brand hanno investito per anni sulla customer experience. Oggi si parla del valore dell’Employee Experience. Quali benefici riceve il brand da un employee experience positiva?

Le aziende conoscono molto bene il valore dei clienti, dal costo per acquisirne dei nuovi alle attività necessarie per fidelizzarli nel tempo. Se, come dicevamo prima, le risorse umane sono al centro del processo produttivo, allora la competitività dell’azienda si misura anche dal valore attribuito alla propria forza lavoro.

Quello che oggi sta emergendo è che le nuove generazioni che stanno entrando nel mondo del lavoro cercano sempre più aziende socialmente responsabili, con dei valori etici forti e un programma di welfare che consenta un worklife balance, importante soprattutto per le donne. Si parla molto di smart working, anche se in realtà poche aziende stanno sperimentando con i dipendenti una nuova modalità di produttività. Una delle spinte propulsive dell’innovazione porta proprio al superamento del concetto di lavoro così come è strutturato oggi, con lo stesso modello di organizzazione della prima rivoluzione industriale. Il lavoro da remoto ribalta il paradigma che vede l’obbligo dell’orario fisso, della presenza fisica sul luogo di lavoro, e richiede nuovi modelli, collaborativi, flessibili per il lavoratore e incentrati sulla condivisione. Questi nuovi modelli dovranno includere anche un maggiore equilibrio di genere per consentire l’accesso ai vari livelli aziendali, anche apicali, di un maggior numero di donne.

Migliorare l’esperienza lavorativa dei dipendenti porta sicuramente molti vantaggi sia per l’azienda che per i lavoratori, in termini di produttività ma anche di benessere.

Tutto questo, di conseguenza, si riverserà sulla reputazione che l’azienda è in grado di costruirsi all’esterno. A partire dalla possibilità di attrarre competenze altamente qualificate e mantenere standard qualitativi fondamentali per la competitività in un mercato globale.

Antonio Francesco Viteritti

Account Director @LinkedIn

1 mese

Bell'intervista!

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