IA… telefono… casa…
ChatGPT su WhatsApp: rivoluzione accessibile o minaccia per la privacy?
Con l’arrivo di #ChatGPT su #WhatsApp, interagire con l’Intelligenza Artificiale di OpenAI è diventato più semplice che mai. Basta aggiungere un numero ( +1 800-242-8478 ) alla rubrica e avviare una chat per accedere al potente assistente virtuale senza necessità di app aggiuntive o registrazioni complicate.
Una svolta? Forse. Ma dietro la comodità si nascondono degli interrogativi.
La promessa di OpenAI: accessibilità per tutti
Secondo OpenAI, l’obiettivo è rendere l’IA uno strumento alla portata di tutti, anche di chi non ha familiarità con la tecnologia o utilizza smartphone meno performanti. Una visione apparentemente nobile, che però solleva un quesito fondamentale: davvero è tutto gratuito e privo di conseguenze?
Principalmente il target market sono i dispositivi di fascia bassa che, pur essendo smartphone, di fatto permettono l’accesso a WhatsApp e poco altro. Si tratta dei device largamente diffusi in Africa e altri Paesi in via di sviluppo, i quali possono contare su risorse e una connessione relativamente limitate.
L’accesso all’IA viene democratizzato tramite questa “porta di ingresso” alternativa costituita dall’app di Meta che è ampiamente supportata ed utilizzata in quei Paesi, pertanto le potenzialità di diffusione dell’utilizzo di ChatGPT sono molto elevate.
L'illusione del gratuito: il prezzo nascosto
WhatsApp è una piattaforma che vanta circa 3 miliardi di utenti attivi mensili. Ogni giorno vengono scambiati oltre 140 miliardi di messaggi.
Questo flusso infinito di dati rappresenta una miniera d’oro per chi sviluppa Intelligenza Artificiale e quindi per OpenAI.
Sebbene l’azienda dichiari di non utilizzare direttamente i messaggi di WhatsApp per addestrare i suoi modelli, il sospetto che i dati vengano comunque sfruttati per scopi indiretti è difficile da ignorare.
Sappiamo molto bene che se viene messo in vendita un prodotto o un servizio senza un corrispettivo in denaro… molto probabilmente il corrispettivo sei tu, o meglio, sono i tuoi dati.
Esattamente come nelle piattaforme social (qualunque siano), che di per sé sono “vuote”. Vengono riempite di valore da ciascun utente che, pubblicando qualsiasi cosa, crea contenuti, interazioni, socialità e scambi, che generano valore tramite targhettizzazione e classificazione permettendo alle aziende di profilare in modo praticamente perfetto ogni nostro bisogno e desiderio, meglio di quanto noi stessi pensiamo.
Ma gli utenti sono davvero consapevoli di quanto le loro conversazioni potrebbero essere monitorate?
La privacy a rischio: chi controlla i nostri messaggi?
WhatsApp garantisce la crittografia end-to-end, ma una volta che i messaggi arrivano a ChatGPT, tutto cambia. I contenuti vengono decriptati per consentire l'elaborazione dell'IA. E, sebbene OpenAI affermi di conservare le interazioni solo temporaneamente, il controllo effettivo che gli utenti hanno su questi dati è minimo e gli scopi di utilizzo non sono immediatamente comprensibili.
Consigliati da LinkedIn
La domanda da porsi è: possiamo davvero fidarci di chi ha tutto da guadagnare nel conoscere le nostre abitudini e conversazioni?
Meta e OpenAI: interessi intrecciati o semplice coincidenza?
Mentre Meta, proprietaria di WhatsApp, punta a monetizzare attraverso chatbot aziendali, OpenAI potrebbe beneficiare del crescente utilizzo della sua IA per affinare i propri modelli. Questo solleva dubbi sulla reale natura della collaborazione tra le due aziende. È possibile che il "regalo" di ChatGPT su WhatsApp sia solo una strategia per abituare gli utenti a una IA sempre più pervasiva?
Di per se la strategia appare win-win, tanto per OpenAI quanto per Meta:
la prima ottiene accesso a milioni di persone, il che vuol dire ulteriori dati per far evolvere il motore di GPT; la seconda non ha esplicitamente dichiarato di avere accesso al modello ma la partnership tra le due aziende porta con se sicuramente uno scambio o quantomeno una messa a disposizione dell’LLM di OpenAI.
Funzionalità limitate: una scelta tecnica o un freno calcolato?
Un altro aspetto riguarda le limitazioni della versione di ChatGPT su WhatsApp. La sua conoscenza è ferma al gennaio 2022; inoltre non può effettuare ricerche in tempo reale e manca di funzionalità vocali. Sono davvero limiti tecnici necessari per l’adattamento a device di potenza non particolarmente significante o, dato che questo “canale” è gratuito, si tratta di una strategia per mantenere le funzionalità evoluto agli utenti su versioni più performanti e, quindi, a pagamento?
Cosa succede ai nostri dati?
OpenAI dichiara che i messaggi potrebbero essere visionati per ragioni di sicurezza e prevenzione degli abusi.
Il punto è: chi decide cosa costituisce un abuso? E con quale trasparenza vengono trattati i dati raccolti? Inoltre, l’impossibilità di disattivare l’uso dei propri messaggi per addestrare i modelli direttamente su WhatsApp è una chiara mancanza di controllo da parte degli utenti.
Si tratta di un aspetto fondamentale, assolutamente da non sottovalutare. Possiamo certamente comprendere che, in un mondo in cui l’IA ha consumato tutti i dati disponibili al mondo, poterne avere a milioni a disposizione, gratuitamente, costituisce un ottimo valore aggiunto.
La comodità vale il prezzo della nostra libertà digitale?
La vera domanda è: fino a che punto siamo disposti a sacrificare la nostra privacy in nome della comodità?
ChatGPT su WhatsApp rappresenta un futuro dove l’IA è ovunque, ma a quale costo? Gli utenti rischiano di diventare sempre più dipendenti da strumenti che raccolgono e sfruttano ogni frammento delle loro vite digitali.
L’integrazione di ChatGPT su WhatsApp è indubbiamente una pietra miliare nell’adozione dell’IA, ma è essenziale che questa innovazione sia accompagnata da una riflessione critica. È il momento di chiedersi se stiamo guidando il cambiamento tecnologico o se siamo noi a essere guidati, più o meno inconsapevolmente, verso un futuro dove il controllo sui nostri dati è sempre più nelle mani di pochi.