Iacopo Melio: L'attivismo che abbatte barriere e costruisce ponti
Un concentrato di attivismo, lotta politica e un’immancabile ironia che non sfocia mai nell’abilismo, Iacopo Melio è senza dubbio una delle figure di spicco nel panorama dell’attivismo per i diritti umani, sociali e civili nel panorama italiano attuale. Dà concretezza alla sua lotta scendendo in politica e diventando Consigliere della Regione Toscana nel 2020. Ha scritto libri che sono uno strumento fondamentale per gli attivisti di oggi, ricordiamo ad esempio “E’ facile parlare di disabilità se sai come farlo” e ha fondato l’Associazione “Vorrei prendere il treno” che denuncia ogni giorno anche attraverso il linguaggio diretto dei socialnetwork le ingiustizie, gli ostacoli ma anche le vittorie che pervadono il mondo delle persone con disabilità, svolgendo un lavoro di sensibilizzazione non indifferente. Siamo felici di ospitarlo nel nostro blog e fargli alcune domande.
- Lei si occupa da anni della diffusione di un concetto di disabilità che veda la persona con disabilità come membro attivo della società, lo stesso nome della comunity di "Vorrei prendere il treno" è un chiaro messaggio di ricerca di un coinvolgimento nella società che sia partecipativo e non passivo per le persone con disabilità. Vuole raccontarci come è arrivato alla consapevolezza che il vero lavoro culturale si fà attraverso l'emancipazione delle persone con disabilità ed il loro coinvolgimento nella società?
- Credo nella comunicazione come base per un cambiamento sociale e culturale: quando cambiamo il modo di chiamare qualcosa quel qualcosa cambia, e quindi cambia anche il modo in cui le persone si rapportano a quel qualcosa. Per me serviva raccontare la disabilità in modo diverso, più spontaneo e privo di pietismo e compassione, in modo da avvicinare le persone ad essa anziché allontanarle sottolineando ancora una volta le differenze anziché le abilità e le potenzialità delle persone. Solo così si può creare una coscienza collettiva utile all’emancipazione delle persone con disabilità, costruendo un welfare che punti al concetto di “vita indipendente”.
- Secondo lei, che ruolo ha l'accessibilità nella qualità di vita delle persone con disabilità?
- L’accessibilità è fondamentale, non solo quella architettonica e fisica (più immediata da riconoscere e anche da raggiungere) ma anche quella dei servizi e delle possibilità che vengono offerte a tutta la cittadinanza, senza fare distinzioni. Abbattere barriere significa appunto rendere le persone pienamente attive, per permettere loro di prendere parte alla società in ogni suo aspetto.
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- Essere politico e attivista con disabilità ha secondo lei dei risvolti positivi o / e negativi? Pensiamo ad esempio all'accessibilità dei luoghi da visitare o il linguaggio che viene a volte utilizzato per parlare dei personaggi di rilievo con disabilità.
Grazie al web le barriere adesso sono praticamente inesistenti (NDR se i siti e le piattaforme sono accessibili) perciò se si sa comunicare in modo efficace si può raggiungere un numero potenzialmente sconfinato di persone a prescindere dalle proprie condizioni. Certo, l’attivismo in presenza spesso (ma non sempre) è più efficace, soprattutto verso le “vecchie” generazioni meno digitalizzate, perciò questo potrebbe essere più difficoltoso da applicare, ma si possono comunque adottare delle alternative (proiezioni di video pre-registrati o collegamenti in diretta, ad esempio, per dialogare con il pubblico presente). Quella invece di una comunicazione sbagliata verso le persone con disabilità è trasversale e riguarda chiunque a prescindere da chi siano o cosa facciano nella vita, perché sminuire un attivista non è più grave dello sminuire un’altra persona disabile che magari sta soltanto a casa perché non ha alternative o capacità per fare altro.
- Quale sarà secondo lei il futuro dei diritti delle persone con disabilità in Europa? Come vede evolversi il movimento per i diritti delle persone con disabilità nel nostro Continente?
Purtroppo ritengo la situazione Italiana piuttosto critica, ma non farei il lavoro che faccio se non fossi fiducioso in un cambiamento in positivo. Di sicuro l’Europa, soprattutto al nord, ad oggi è un esempio virtuoso che dobbiamo assolutamente seguire, pur non avendo ad oggi le molte risorse a disposizione che hanno determinati Paesi. Credo che continuando a raccontare la disabilità nel modo corretto, permettendo alle persone di comprendere cosa davvero questa sia e quindi rendendola una questione che riguarda chiunque, l’approccio al welfare possa, seppur lentamente, cambiare.
L'intervista è stata svolta dalla nostra
Chief Visionary Officer Dajana Gioffrè