IDROGENO: Molecola VS. Elettrone?
“Credo che l’acqua sarà un giorno impiegata come combustibile, che l’idrogeno e l’ossigeno di cui è costituita, utilizzati isolatamente o simultaneamente, offriranno una sorgente di calore e di luce inesauribili e di un’intensità che il carbon fossile non può dare”. (L’isola misteriosa – Jules Verne)
E’ forse la citazione che, negli ultimi mesi, si legge più spesso, associata al dibattito pubblico sull’impiego dell’idrogeno quale vettore energetico fondamentale nel percorso di transizione verso la decarbonizzazione, in particolar modo nei settori hard-to-abate, cioè negli impieghi ad alta intensità energetica ed emissiva (settore chimico, aviazione, trasporto marittimo, trasporto pesante), dove l’uso di batterie non sarebbe fattibile o conveniente.
Di questo ruolo chiave dell’idrogeno ne è convinta anche la Commissione Europea, che, a luglio, ha varato ufficialmente una nuova strategia industriale europea volta a guidare la transizione verso la climate neutrality e a raggiungere gli obiettivi dello European Green Deal attraverso il mantenimento della leadership industriale.
Tra le azioni previste, c’è anche la creazione di una European Clean Hydrogen Alliance, che riunisce i vari stakeholder (industria, autorità locali, governi, enti di ricerca, associazioni della società civile), basandosi sul modello di successo di altre alleanze industriali esistenti, e che “svolgerà un ruolo cruciale nel facilitare e attuare le azioni della strategia e sostenere gli investimenti per aumentare produzione e domanda di idrogeno rinnovabile e a basse emissioni di carbonio”.
Cosa si intende per idrogeno rinnovabile e idrogeno a basse emissioni di carbonio?
Ad oggi, l’idrogeno è già usato in diversi comparti industriali, ma si tratta dell’idrogeno, cosiddetto “grigio”, prodotto dai processi di reforming del metano o di gassificazione del carbone, alla cui produzione è associata, però, anche una ricca produzione di CO2.
L’idea, al fine di contribuire significativamente ai processi di decarbonizzazione, è di produrre idrogeno, cosiddetto “verde” o rinnovabile, utilizzando elettrolizzatori alimentati da fonti rinnovabili (solare, eolico, idroelettrico), soluzione che, attualmente, presenta una serie di difficoltà tecniche nella gestione e scarsi rendimenti termodinamici nel processo di produzione ed utilizzo, e risente, quindi, di elevati costi di produzione.
Tuttavia, la continua crescita delle rinnovabili, con il relativo calo dei costi, e lo scale-up della produzione di elettrolizzatori potrebbero generare un nuovo scenario che renda la produzione di idrogeno rinnovabile competitiva.
Affinché questo accada, secondo la strategia UE, serviranno ingenti investimenti e un periodo di tempo abbastanza lungo da richiedere una fase transitoria intermedia (un po’ come il gas per il passaggio alle rinnovabili) in cui promuovere l’utilizzo dell’idrogeno, cosiddetto “blu” o “a basse emissioni di carbonio”, prodotto sempre utilizzando fonti fossili come feedstock ma con il sequestro della CO2 (CCS, Carbon Capture and Storage). Tra i principali sponsor dell’utilizzo dell’idrogeno, ci sono diverse aziende che appartengono al mondo degli idrocarburi.
Da un punto di vista strettamente ambientale (ma, in qualche modo, anche logico), decarbonizzare producendo CO2, da iniettare poi nel sottosuolo, genera effettivamente qualche perplessità e diverse critiche, ma raccoglie, comunque, importanti convergenze e consensi politici ovunque, anche in Italia.
L’idrogeno “verde” ha anche l’effetto di collegare due mondi finora in qualche modo separati, quello della molecola e quello dell’elettrone, generando così dei vasi comunicanti.
Infatti, anche le principali utility elettriche hanno già annunciato, nei propri piani di investimento, la realizzazione di impianti di produzione di idrogeno "verde".
In futuro, potremmo assistere a una possibile "guerra" di mercato; al momento, è sicura una convergenza di interessi.
Acea Ambiente - Coordinamento Tecnico
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