Il denaro, misura del valore
Lettera aperta a Luca, che alcuni giorni or sono mi ha domandato: "Come mai sette miliardi di persone considerano il danaro la misura del valore per qualunque cosa nella loro vita?"
Caro Luca,
Come per passare dal trattamento discreto al trattamento infinitesimale delle grandezze è necessario salire di un gradino lungo la scala dell’astrazione, così accade per passare da una visione dei rapporti economici basata sui quattrini a una diversa visione basata -per esempio - sul tempo delle persone o sui benefici dell’ ambiente naturale.
Cercherò di spiegarmi meglio: per conoscere la distanza tra Achille e la Tartaruga in ogni momento posso continuare a dividere lo spazio in frazioni sempre più piccole, oppure posso generare una curva su un piano spazio-tempo che mostra la distanza tra i due prima e dopo l’istante in cui essa cambia segno.
Per uscire da una visione monetaria dell’economia è necessario salire un analogo gradino lungo la scala dell’astrazione, e cominciare a vedere il mondo sotto un’altra lente.
Ciò posto, restano almeno altre due domande. La prima é: come mai la maggior parte di noi vede il mondo attraverso la lente della moneta? La seconda è: quali altre lenti sono possibili? Proverò a rispondere alla prima, lasciando la seconda per il nostro prossimo incontro.
La moneta, dicono i testi, è un mezzo di scambio (che consente un mercato più efficiente del baratto), una misura di valore, e una riserva di ricchezza.
In realtà la moneta é anche una merce, almeno per chi la produce. Infatti chi arriva a una posizione di credibilità o di monopolio tale da consentirgli di battere moneta e farla accettare da altri come mezzo di rappresentazione e di scambio di valore, incassa la differenza tra il valore nominale della moneta e il suo costo reale di produzione.
Per esempio, se per produrre un biglietto da 20 Euro la Banca Centrale Europea spende 1 euro, gli altri 19 sono il suo profitto. Per mettere in circolazione le sue banconote da 20 €, Mario Draghi e i suoi collaboratori non ci vanno a fare la spesa, bensì le scambiano con buoni del tesoro o altri titoli di debito emessi da enti legittimati a farlo, quali governi o banche nazionali. Acquistando titoli di debito pubblico, che ritirano dal mercato, consentono agli stati di finanziare opere pubbliche (o il loro bilancio) e in questo modo si immette nuovo denaro in circolazione.
La diffusione della moneta come mezzo di scambio segue un percorso storico graduale.
Dalla Grecia classica fino al XVI secolo in Europa la circolazione prevalente era di monete coniate impiegando metalli preziosi. Una moneta d’oro valeva, così si voleva credere, il suo peso in oro.
Nella civiltà occidentale premoderna la moneta di metallo prezioso era il mezzo di scambio prevalente anche perché lo scambio era limitato ai grandi commerci internazionali.
Gli schiavi i servi della gleba e i poveri in generale di moneta ne vedevano molto poca, perché la maggior parte dei loro scambi avveniva in natura: lavoro in cambio di cibo, terra in cambio di lavoro, polli in cambio di olive ecc. I pochi scambi monetari tra poveri avvenivano usando monete di bronzo o di rame, di piccolo conio: nessuno si preoccupava se il loro valore equivalesse al peso del metallo impiegato per produrle.
Invece le monete di metallo prezioso erano la misura standard del valore, a cui tutte le altre si rapportavano: in teoria il loro valore corrispondeva al peso dell’oro o dell’argento di cui erano fatte.
Qui entra in gioco un altro passaggio ardito, in quanto, se era facile pesare una moneta, non era altrettanto facile stabilire il prezzo dell’oro. Una delle ragioni per cui le banche centrali accumulano immense riserve d’oro non é, come molti hanno creduto o lasciato credere fino alla metà del XX secolo, per poter convertire biglietti di banca in oro su richiesta (il valore di biglietti in circolazione era, anche nel 1800, molte volte superiore alle valore riserve auree), bensì per poter influenzare il prezzo dell’oro aumentando o restringendo la sua disponibilità sul mercato.
Non a caso, i banchieri centrali, che se ne intendono, preferiscono ammassare oro piuttosto che dollari, come invece fa Paperone, che infatti è una favola per bambini...
Il cambiamento più importante nel XVI e XVII secolo é stato il passaggio dai piccoli signori feudali (ciascuno dei quali batteva la propria moneta) ai grandi stati e ai grandi mercati nazionali.
La maggior circolazione di merci e la maggior diffusione di lavoro salariato nei campi e di esazioni fiscali in moneta (per via delle crescenti esigenze di bilancio dei grandi stati) ha costretto o indotto un numero sempre maggiore di persone a uscire dalla economia di baratto per entrare in un mercato di merci basato sul denaro.
Dai grandi mercanti sono nati i banchieri che prestavano ai re e ai ministri, i quali al loro volta pagavano il soldo ai mercenari, ingaggiati in eterne e devastanti guerre di potere: così nel corso di tre secoli l'economia dell’Europa occidentale si é largamente ‘monetizzata’.
Se dopo il medioevo le città hanno giocato un ruolo trainante in questo processo, la trasformazione finale é avvenuta con la rivoluzione industriale: in fabbrica il 100% delle transazioni avviene obbligatoriamente in moneta, perché la moneta é indispensabile agli operai per soddisfare ogni genere di necessità, mentre lo stesso non si poteva dire dei contadini.
Mentre per spiegare in modo conclusivo il paradosso di Achille e la Tartaruga siamo passati dai numeri razionali ai numeri integrali, compiendo un passo avanti nella conoscenza, per spiegare il paradosso della moneta come misura del valore dobbiamo compiere un passo indietro: dobbiamo disimparare qualcosa.
Si tratta almeno in parte di dissipare una illusione, cioè la credenza che l’economia reale coincida con l’economia monetaria.
La difficoltà nel compiere questo passaggio consiste nel fatto che la realtà sembra contraddirci, perchè la moneta come misura del valore è una self-fulfilling profecy: se tutti ci credono, diventa reale.
È così accaduto che l’accettazione della moneta come mezzo di scambio si sia tradotta -nei fatti - nella sua accettazione anche come misura del valore.
Per praticità, propaganda, o bisogno, la società è arrivata a identificare il valore di un oggetto o di una giornata di lavoro con il prezzo che ne viene pagato.
L’intero sistema dei valori, dei desideri (o bisogni percepiti) e dei consumi si basa oggi sull’unita’ di misura del denaro.
Dal XVI secolo in poi governi, chiese, banchieri e aziende hanno fatto di tutto per convincerci o imporci con ogni mezzo possibile l’identità tra prezzo e valore. Ma questa non e’ una condizione necessaria dell’ uomo nella società, né è l'unica possibile.
È solo la conseguenza:
- dell’aver adottato come unità di conto nelle attività di scambio una “merce” prodotta da una autorità credibile, o comunque non contestabile – molto spesso in condizioni di monopolio territoriale (qui non si puo’ pagare con yen o conchiglie);
- dell’aver accettato (per inerzia, convenzione o necessità) di esprimere il valore di qualunque cosa in quella unità di conto. Quando ciò diviene una consuetudine universale diventa quasi impossibile prescinderne salvo che tornando “into the wild” o ritirandosi in campagna con le galline e l’ orto. Di fatto, uscendo dalla circolazione monetaria...
Per impiegare un’altra metafora del pensiero antico, la moneta é la catena che tiene legati gli uomini nella caverna di Platone, mentre i prezzi delle merci e il mercato dove si scambiano sono le ombre proiettate sul fondo della caverna.
Tuo, Francesco
Trento, 22 gennaio 2017
Manager at PwC
7 anniMolto, molto interessante. Rimango in attesa del vostro secondo incontro e della risposta alla domanda sulle altre possibili "lenti". Grazie!
Direttore generale presso CEIS - Consorzio Elettrico di Stenico
7 anniOttimo spunto di riflessione, Francesco. Ti consiglio. se non lo hai già letto, il post a questo link: http://www.spiritoleader.it/4-pratiche-essenziali-per-attrarre-e-trattenere-i-migliori-talenti/. Mi è piaciuto perchè, anche a livello HR, si comincia a ragionare sull'intera gamma delle motivazioni. Ho l'impressione che siamo però ancora distanti a livello di coscienza comune !