Il dilemma etico del "male minore"​

Il dilemma etico del "male minore"

Il titolo dell’articolo ripropone uno dei più celebri quesiti morali, una vera e propria situazione limite in cui l’individuo è posto di fronte a una scelta paralizzante. Gli esperimenti mentali sono progettati per testare le nostre intuizioni morali e per esser in qualche modo d’aiuto nel mondo reale. Bene e male, infatti, sono talvolta così intrecciati da rendere quasi impossibile decidere quale scelta sia moralmente la più etica.

Un tram o una motrice ferroviaria sono privati dei freni da un guasto: la loro corsa non può arrestarsi, ma soltanto cambiare binario. Sul percorso del vagone cinque operai sono al lavoro e, a causa dello spazio ristretto, non hanno la possibilità di scansarsi per non essere investiti. Su un altro binario, sul quale la motrice potrebbe essere immessa tramite un deviatoio, è invece al lavoro un solo operaio. Anche quest’ultimo è impossibilitato a spostarsi: se lo scambio venisse azionato, sarebbe certamente investito come i colleghi dall’altra parte. Un osservatore vicino alla leva, e consapevole dei fatti, dovrebbe azionare il deviatoio uccidendo un uomo per salvarne cinque? Che fare? Lasciare che il treno prosegua sul primo binario, oppure scegliere di agire, azionare lo scambio e assumersi l’incombenza delle proprie azioni?


Esiste una grande differenza tra ciò che gli individui pensano di poter fare e quello che realmente fanno quando sono coinvolti emotivamente in una situazione del genere.

A ben vedere, il dilemma de quo mette a nudo la fragilità e la complessità della natura umana, esplorandone i limiti sottili, quelli che esistono tra riflessione e istinto una volta che è richiesta una reazione sotto la pressione della responsabilità.

Avendo come contesto un articolo riguardante il dibattito sull’aborto, il test filosofico nasceva per riflettere sulla legittimazione di certe scelte in campo medico. Tuttavia, il dilemma del carrello è diventato enormemente popolare specialmente per essere stato riformulato negli anni in varianti di assurdità crescente.

In quella più famosa, Judith Jarvin Thomson, filosofa e scrittrice statunitense – dai più conosciuta per i suoi studi in campo etico, per la difesa dell'oggettività morale e dei diritti degli individui nonché per le sue opinioni sull'incompletezza della parola "buono" e per l'uso di esperimenti mentali legati a ragionamenti filosofici - ha proposto di immaginare una scena analoga che di seguito sintetizzo.

Siete su un cavalcavia che si affaccia sul binario. Vedete il carrello ferroviario che sfreccia fuori controllo e, poco più avanti, cinque persone legate sui binari. È possibile salvare questi cinque? Insieme a voi sul cavalcavia, c’è un uomo molto grasso che sta guardando il treno appoggiato alla ringhiera. Se lo spingeste oltre la balaustra, piomberebbe di sotto e si schianterebbe sui binari. È così obeso che la sua massa farebbe fermare bruscamente il carrello. Purtroppo, in questo modo verrebbe ucciso l’uomo grasso. Ma si potrebbero salvare gli altri cinque. Si dovrebbe dare una spinta all’uomo grasso?

Con riferimento alla versione classica del dilemma (quella del tram), le statistiche evidenziano che la maggior parte degli individui sceglie di far cambiare direzione al carrello. Se anche voi che leggete fate parte di questa popolazione avreste appena salvato cinque soggetti, ma un uomo è ucciso per via della vostra scelta. Avete comunque sostenuto inavvertitamente il principio filosofico (ma anche economico) dell’utilitarismo per cui la scelta morale corretta è quella che massimizza il benessere per il maggior numero di persone. È bene ciò che contribuisce ad aumentare la felicità di tutti. In concreto quindi: cinque vite valgono più di una.

In altre parole, gli individui, provando una naturale avversione a far del male agli altri, rispondono a uno stimolo razionale secondo la legge del “male minore”. Dunque, chi è dell’avviso di azionare lo scambio è perché, assecondando uno spiccato senso di pragmatismo, nota che salvare ben cinque esistenze, a rigor di logica, è da preferire alla vita di una sola persona.

Purtroppo, non sempre riusciamo ad agire in vista del “bene comune” e non sempre siamo in grado di “vedere l’insieme”.

Judith Jarvin Thomson, e poi David Edmonds nel suo libro del 2014 Uccideresti l’uomo grasso? Il dilemma etico del male minore (Raffaello Cortina Editore, Milano, 2014) propongono al lettore, come accennato, una variante del dilemma classico.

In questo caso, la maggioranza dei soggetti cui è stato posto il quesito ha risposto che non avrebbe spinto l’uomo grasso giù dal cavalcavia. Ciò nonostante, da un punto di vista puramente pratico si tratta sempre di scegliere il male minore: un individuo muore per salvarne cinque. Questo perché causare intenzionalmente e volutamente la morte di qualcuno è diverso dal lasciarlo morire come effetto collaterale, implica una maggiore imputabilità delle proprie azioni e il fardello della responsabilità è inevitabilmente maggiore.

Qual è la differenza tra la prima e la seconda situazione?

Perché nel primo caso azionare una leva è percepita come un’azione moralmente corretta, mentre nel secondo caso spingere l’uomo grasso è ritenuta un’azione indegna?

Se il risultato non cambia, occorre certamente esaminare il processo (o la percezione che abbiamo dello stesso) e questa intersezione tra etica e psicologia è la cosa interessante del problema. Si tratta di una forma di deresponsabilizzazione? O semplicemente è una (naturale) paralisi emotiva di fronte a una scelta del genere?

Ci sono, a mio avviso, due elementi su cui è opportuno ragionare: la volontà e la necessità.

Nel primo caso non vi è alcuna volontà di uccidere l’uomo sul binario; il suo omicidio non è necessario al raggiungimento dell'obiettivo, che è quello di salvare le cinque vite. Al contrario, il suo "sacrificio" è ritenuto salvifico! Chi opera la scelta contraria, o ancora peggio, in veste di spettatore non fa nulla limitandosi ad osservare, andrebbe sicuramente indagato nei motivi della scelta.

Nel secondo caso l’intenzione di salvare le cinque persone passa inevitabilmente dalla volontà di uccidere l'uomo grasso. In altri termini, per poter salvare le cinque persone dobbiamo voler uccidere un uomo, che per via della sua "stazza" potrebbe evittare la strage. Ed è proprio il proposito che spinge la maggior parte degli individui a percepire l’azione come moralmente scorretta. L’uomo, che viene appositamente spinto, è considerato un mezzo per un fine, privato quindi della sua autodeterminazione. Tale intenzione non si percepisce nel primo quesito, in cui “l’effetto nocivo o collaterale” è previsto, ma non inteso. È possibile sostenere, inoltre, che spingendo dal ponte l’uomo grasso questo continui a rotolare e ad uscire dai binari. In questa ipotesi non abbiamo salvato alcuna vita, ma sicuramente abbiamo ucciso un uomo.

Ecco descritta la ragione per cui la maggioranza delle persone agirebbe in maniera diversa nei due casi.

Non dico altro, in questo mio primo tentativo (complesso) di descrivere il problema. Ma pongo a chi ha avuto il tempo di leggere tutto il seguente quesito: quante volte nel corso di questa assurda guerra in corso e prima ancora della gestione pandemica, le scelte del politico sono state (probabilmente senza saperlo?) ricondotte a soluzioni che hanno dovuto scomodare il "dilemma del carrello ferroviario"? E soprattutto, chi amministra il bene pubblico si è posto nelle vesti di un attore o di uno spettatore?

Forse queste mie brevi righe avranno un seguito, certamente più critico di quanto sin qui compilativamente descritto e a cui, con molta probabilità, non sarà data una risposta univoca. A ben vedere, infatti, il termine "dilemma", che deriva dal greco e significa "proposizione doppia", si riferisce proprio ad un problema che in genere presenta due alternative entrambe non realizzabili.

D'altronde con parole del sociologo Zygmunt Bauman: "I valori si misurano in base agli altri valori che devono essere sacrificati per ottenerli".

(C) Riproduzione riservata

Sergio Messere

tecnico di settore presso EI Towers

1 anno

Sono fortemente combattuto fra le due scelte. Se si segue la logica del "male minore" la scelta di salvare cinque vite è condivisibile. Se però considero la prospettiva  del destino e ciò che sarebbe in un certo qual modo giusto, perché devo sacrificare una vita che era destinata a salvarsi? Cinque vite hanno più diritto di vita di una?

Vincenzo De Astis

C'è sempre una prova di laboratorio fra la teoria e la pratica

2 anni

Articolo sicuramente interessante dal punto di vista filosofico, molto meno, a mio inutile parere, dal punto di vista pratico: nessuno di noi, credo, è in grado di prevedere esattamente la propria reazione emozionale di fronte a dilemmi apparentemente irrisolvibili, e cercare di analizzare razionalmente la cosa può essere un bell'esercizio sociologico, ma nulla di più.

Francesca Centurione Scotto Boschieri

Professoressa di Letteratura Italiana e Storia, giornalista pubblicista, scrittrice, Presidente Amici Giardini Botanici Hanbury, Ambassador of Genoa in the world

2 anni

Molto interessante. Grazie. Sarebbe ancora più complesso se si inserisse qualche variante tipo - 5 operai da una parte, ma il padre dall’altra… O se l’uomo grasso fosse cosa ne so, il Papa. Un cattolico ci penserebbe due volte a lanciarlo, ma un seguace di un’altra religione? Quanto scelta privata diventa utilitarismo? Seguendo il ragionamento, nel caso di Truman- e della retorica che sia stato un bene lanciare la bomba atomica perché ha evitato centinaia di vite perse in più- mi chiedo: se, per ottenere lo stesso scopo, l’avesse dovuta lanciare sulle sue truppe? ( come ad esempio fecero gli inglesi che lasciarono affondare una loro nave per non rivelare di aver scoperto il codice tedesco). Voglio dire che è più facile uccidere l’Altro. E che etica, morale e sentimento sono cose distinte. Nel caso di Truman poi poteva lanciare le bombe su bersagli militari non sulla popolazione civile, ottenendo lo stesso effetto. Spesso infatti vediamo aut aut che non esistono, per giustificare le nostre azioni.

Marina Demofonti

Docente presso MIUR

2 anni

Mi ero sposata proprio con l'idea del male minore che potevo fare ... Ma non è servito , alla fine ha vinto l'etica della felicità 🙂

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