Il fallimento della riformetta della L. 84/94 - I primi effetti a meno di un anno dall'entrata in vigore -

Il D. Lgs. 4 agosto 2016 porta il pesante fardello del titolo che pretenderebbe riorganizzare, razionalizzare e semplificare la disciplina concernente le Autorità portuali introducendo le Autorità di Sistema Portuale.

E' ancora presto per valutare nella sua interezza il fallimento della riforma, ma si possono già cogliere i primi segnali negativi.

Limitandoci ad esaminare gli effetti dell'individuazione dei Presidenti è evidente che, la maggior parte degli stesse risulta assolutamente priva dei requisiti previsti dalla norma, ante e post riforma, “cittadini dei Paesi membri dell'Unione europea aventi comprovata esperienza e qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuale”. In alcuni casi sono stati posti al vertice dell’Autorità di Sistema Portuale soggetti privi dei titoli minimi necessari per partecipare ad un concorso per ruoli dirigenti nello stesso Ente.

Immediato riscontro sull'inadeguatezza di alcuni di essi e della scarsa conoscenza delle norme sull’incompatibilità degli incarichi, si trova nel fatto che, in molti casi e nel silenzio assoluto, alcuni neo Presidenti si sono autonominati al vertice dei consigli di amministrazione di società partecipate dall’Ente, molte delle quali destinate alla liquidazione o alla dismissione della partecipazione.

Cionondimeno, una volta consolidato il complesso procedimento di nomina, proposta del Ministro, intesa del Presidente della Regione, pareri obbligatori, ma non vincolanti, delle Commissioni competenti per materia, decreto di nomina del Ministro, cui la prassi ha anteposto una valutazione dell’ANAC circa eventuali profili di incompatibilità, inconferibilità, mancanza dei requisiti o dei presupposti del chiamato, il Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale rimarrà in carica per quattro lunghi, se si tratterà di un soggetto inadeguato, brevi, se si tratterà di un soggetto effettivamente capace, anni di mandato.

Se i Presidenti individuati sono per la maggior parte privi dei requisiti per la nomina, i membri del Comitato di Gestione non fanno eccezione, tanto da costringere il Ministro, a nemmeno un anno dall’entrata in vigore della riforma, ad operare una sorta di richiamo, o tentativo di moral suasion, affinché i Sindaci non nominino se stessi, altrettanto parrebbe opportuno per i Presidenti delle Regioni. Le ragioni di questo atteggiamento del titolare del Dicastero sono prive di sostegno normativo, poiché l’unico vincolo alla nomina è quello di essere in possesso degli stessi requisiti previsti per il Presidente, ma sostenute da gravi preoccupazioni dal punto di vista politico.

Una volta consolidata la nomina con l’insediamento, il Comitato di Gestione resta in carica un quadriennio durante il quale ben potranno cambiare i Presidenti delle Regioni e i Sindaci ma i membri rimarranno in carica. Il Comitato di Gestione si scioglie infatti per effetto del decorso del quadriennio, o nel caso di nomina di un nuovo Presidente, ma nulla è previsto a seguito di elezioni amministrative locali o regionali.

Titolare della nomina dei membri del Comitato di Gestione è infatti il Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale su designazione del Presidente della Regione e Sindaco, cui è preclusa la revoca del membro nominato in precedenza.

Il tema è di scottante attualità visto che in numerosi comuni ove ha sede l’Autorità di Sistema Portuale si svolgeranno nelle prossime settimane le consultazioni amministrative e in alcuni casi il nuovo Sindaco si troverà rappresentato in Consiglio di Gestione da un membro individuato dal suo predecessore per un quadriennio. E’ quindi ben fondata la preoccupazione del Ministro circa lo scollamento tra rappresentante e rappresentato, quantomeno sul piano politico, considerato che non è improbabile un avvicendamento in molti Comuni, di qui lo spettro di una paralisi amministrativa perdurante.

Carrara, Genova, La Spezia, Palermo, Taranto (elencate in ordine alfabetico) sono le città che andranno al voto per le consultazioni amministrative del 11 giugno prossimo, cui si aggiunge Gioia Tauro, i cui comizi elettorali sono stati revocati il 12 maggio 2017, dove il Comune è retto da una Commissione Prefettizia, nelle quali potrebbe porsi il problema evidenziato.

L’aver rinunciato al contributo essenziale, ed in certi casi decisivo, dei rappresentanti degli imprenditori e delle parti sociali operanti sul territorio, il cui numero poteva essere ridotto ad uno per parte, si rivelerà l’errore più grave, in considerazione del fatto che la maggior parte dei Presidenti, oltre ad essere priva delle necessarie competenze, proviene da diverse realtà e non conosce il territorio ed il tessuto sociale che andrà ad amministrare.

Se l’obiettivo principale di questa riforma era la razionalizzazione della governance, eliminandone le incongruenze, si può dire con una certa tranquillità che non è stato raggiunto e in alcuni casi nemmeno avvicinato.

Il Legislatore delegato ha quindi perso un’occasione per integrare e correggere il modello di Ente pilota istituito con la legge 84/94, contraddistinto da un’elevata valenza tecnica ispirata alla gestione privatistica cui si guardava negli anni novanta per tentare di dare nuova e migliore efficienza agli Enti pubblici.


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