IL FLOP ACT E’ SERVITO

IL FLOP ACT E’ SERVITO

 

Adesso che non ci sono più, tutti rimpiangono i BUONI LAVORO meglio conosciuti come VOUCHER.

Nati in sordina con la riforma Biagi per regolarizzare i “lavoretti” (svolti in nero da studenti, pensionati e casalinghe), i voucher (buono da 10 euro l’ora, di cui 7,50 al lavoratore ed il resto ad INPS ed INAIL) hanno pian piano preso piede grazie alla sua liberalizzazione, culminata nel Job Act.

Anche i più scettici si sono accorti che manca uno strumento di estrema flessibilità per lavori del tutto accessori e di poca consistenza economica che, inesorabilmente, sono tornati ad essere retribuiti in nero.

Forse è stato sbagliato non celebrare il referendum, almeno si sarebbe parlato del fenomeno e portato a conoscenza di tutti l’entità del problema che rappresentava lo 0,3% del monte ore lavorate in Italia.

Evidentemente, il Governo non aveva più voglia di confrontarsi su questo campo ed ha così preferito abrogare la legge oggetto del referendum lasciando un vuoto enorme.

Il futuro del lavoro in tema di precarizzazione non è confortante, ma i voucher non vanno demonizzati.

Infatti, può essere utile se utilizzato nei servizi familiari (come in Belgio o in Francia), oppure se utilizzato per soddisfare esigenze saltuarie di personale (come in Germania).

È invece discutibile quando viene utilizzato come rapporto stabile per risparmiare sul costo del lavoro (dagli ex lavoratori a progetto o a partita iva oggi eliminati dal job act).

Ora però bisogna fare in fretta per non lasciare per troppo tempo scoperto un fenomeno che deve essere assolutamente regolamentato.

Si dibatte molto sulla efficacia e sui rischi di precarizzazione di questi tipi di contratti, ma è indiscutibile che i voucher abbiano contribuito non poco a far emergere il lavoro nero e rappresentino una forma di reddito aggiuntivo per chi vive con i contributi sociali, oppure ha un contratto a tempo parziale involontario o, più semplicemente, vuole incrementare la sua rendita pensionistica.

Inoltre, questi contratti costituiscono un’ottima soluzione per gli studenti universitari che intendono pagarsi i propri studi.

Da noi hanno rappresentato una valvola di sfogo delle tensioni che percorrono il mercato del lavoro italiano, alle prese con la crisi economica e con una classe politica incapace di programmare serie politiche industriali, nonché di legiferare efficacemente in tema di contratti di lavoro.

Così il voucher ha finito per essere usato - anche abusivamente - come sostituto del lavoro dipendente.

La Commissione Bilancio della Camera ha licenziato in via definitiva gli emendamenti a modifica della Manovra 2017. Tra le molteplici novità spicca quella relativa alla regolamentazione delle prestazioni di lavoro, definite ora “occasionali”, dopo l’abolizione dei voucher.

La previsione normativa introduce una diversificazione tra le prestazioni svolte nell’ambito familiare (il cosiddetto “libretto familiare”) e quelle a favore di soggetti in regime di attività professionale o impresa.

I voucher sono ormai di fatto uno strumento malato di sommersione e precarizzazione del lavoro: uno o due voucher infatti servivano per “coprire” un’intera giornata di lavoro, evitando controlli e pertanto favorendo, non ostacolando, il pagamento in nero.

Il lavoro occasionale va normato con uno strumento di natura contrattuale che assicuri pienezza contributiva, previdenziale e assicurativa.

Ma del resto è ormai chiaro a tutti che finiti gli sgravi della riforma, il passaggio da Jobs act a flop act è cosa fatta.

 

 

 

 

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