Il Garante della Privacy contro TikTok: clickbait o informazione?
In questi giorni si sta molto parlando dell’accusa del Garante della Privacy a TikTok, indicato come responsabile della morte di una ragazzina di dieci anni di Palermo.
Svariate testate giornalistiche si sono schierate dalla parte del Garante in questo scontro, attribuendo la colpa in toto alla piattaforma. Nei vari articoli, l’accaduto è stato collegato ad una challenge su TikTok. Questa a quanto pare richiederebbe ai partecipanti di trattenere il respiro, legandosi una corda al collo fino a perdere coscienza.
La risposta del social network non si è fatta attendere.
La piattaforma ha dichiarato che la propria policy contiene limiti molto severi riguardo la pubblicazione di contenuti violenti, insieme a molti altri che possono essere segnalati dalla community stessa e che ogni giorno vengono monitorati.
Pur essendo profondamente dispiaciuti per l’accaduto, allo stesso tempo non appaiono giustificabili i media e le testate giornalistiche che demonizzano il social network.
Il Messaggero, per esempio, titola uno dei suoi tanti articoli:
“TikTok, Blackout Challenge: 1 ragazzo su 5 dichiara di aver partecipato alla sfida mortale”.
Se non che, in questo articolo viene citata un’analisi svolta da Skuola.net nel 2018, come si vede dalla data dell’articolo, chiaramente non rilevante in questo caso particolare.
Questa, tra le altre, è purtroppo la riprova che la disinformazione in Italia dilaga più dell’informazione.
Si è verificato un episodio terribile. È però semplicistico attribuire la responsabilità dell’accaduto esclusivamente alla piattaforma.
È vero, d’altra parte, che al momento i passaggi per registrarsi ad un qualsiasi social non presentano particolari difficoltà per un minore di 13 anni, essendoci generalmente una semplice auto dichiarazione riguardo la data di nascita.
Si potrebbe chiedere ai social network di associare agli account una carta d’identità o altro documento equipollente, in modo da verificare l’età dell’utente che va ad iscriversi e rendere molto più difficile scavalcare le regole.
Tutta questa situazione comporta che una maggiore attenzione sia richiesta in primis ai genitori, che affidano a dei minori dispositivi potenzialmente pericolosi, ai quali potrebbero, però, essere applicate delle restrizioni, come ad esempio un “family filter” o un controllo dei contenuti.
In questa spiacevole situazione la colpa non è solo di TikTok.
Demonizzare una piattaforma o impedire momentaneamente la registrazione a nuovi utenti fino al 15 di febbraio non pare essere una soluzione decisiva e per come stanno andando le cose credo che l’unica cosa da fare sia divulgare le informazioni nella maniera più corretta senza limitarsi a una “caccia di like” con titoli clickbait.
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