Il lavoro ideale o un'idea di lavoro?

Il lavoro ideale o un'idea di lavoro?

Quando il mondo lavorativo in cui sei cresciuto e in cui sei stato educato per decenni collassa più o meno inesorabilmente, ti rendi conto di quanto sia vitale mettere in salvo i suoi #valori imprescindibili (ad es. l'etica e la correttezza nelle relazioni professionali, la trasparenza nell'implementazione di un piano di comunicazione, l'onestà intellettuale, l'importanza di una leadership costruttiva, la solidarietà, la cooperazione e la coesione in un gruppo di lavoro o di ricerca, ecc.).

Oltre a ciò, realizzi di avere una #responsabilità sociale e individuale: contribuire alla costruzione di un nuovo simposio di opinioni in cui coltivare prospettive professionali inedite, scenari di interazione slegati da schemi aziendali obsoleti (produttività = 8 ore al giorno in ufficio da lunedì a venerdì, piano ferie, "fare carriera", il posto fisso, "abbiamo sempre fatto così, perché dovremmo cambiare?" ecc.) occasioni di sviluppo creativo della tua #identità professionale.

Questo è lo scenario che mi sono trovato davanti dopo 15 anni di servizio trascorsi in svariati settori: dalla filiera del ricettivo-alberghiero al comparto turistico - croceristico internazionale, dall'alta formazione post lauream alle relazioni internazionali nella filiera accademica, dalla comunicazione integrata al servizio di comunità e territorio alla promozione di iniziative formative multilaterali. Tre lustri in cui ho avuto l'opportunità di mettermi in gioco, alla ricerca del così detto "lavoro ideale", cozzando inesorabilmente contro l'inadeguatezza di un sistema decadente, spesso fondato sulla mera competizione, sulla logica del "ti devi adattare allo spazio che trovi e tenertelo stretto". Non è stato sempre facile adeguarsi, senza sentirsi in conflitto con l'impianto di valori che il mondo di oggi - e di domani - richieda: multidisciplinarietà, flessibilità, creatività, elasticità, resilienza professionale, inclusione (?).

Poi c'è un altra, ulteriore questione, con cui cerchiamo di misurarci: stiamo incamerando il passaggio epocale della #digitalizzazione dei servizi e delle professioni in modo univoco e generalizzato, come se si trattasse di un mantra assoluto che ci assicuri prosperità e sicurezza in eterno, senza bisogno di null'altro. Credo che mai come ora sia necessario occuparsi di questa tendenza rischiosa, che potrebbe minare il corretto funzionamento delle filiere socio-professionali. Se è vero che le nuove tecnologie hanno innescato un'accelerazione nello sviluppo di sistemi di comunicazione più evoluti, conversamente risulta essenziale tutelare e valorizzare la dimensione umana che dovrebbe regolare questo universo di interazioni. Nella sostanza, saranno sempre più apprezzate e richieste quelle competenze professionali non replicabili, non omologabili, rare. Come possiamo fidarci di una "realtà aumentata" se non abbiamo ancora compreso pienamente quella "circostanziale" in cui viviamo e lavoriamo?

La regina indiscussa di queste #competenze imprescindibili è l'intelligenza emotiva, con cui un vero professionista potrà convincere le nuove committenze, costruendo il proprio palinsesto professionale seguendo una traiettoria unica, speciale, autentica. Sebbene il professionista di domani abbia a disposizione un pannello di risorse digitali tendente all'infinito, la sua capacità di trasmettere #empatia sarà sempre finita e definita. Definita da cosa? Dalle abilità di comunicazione e autenticazione dei valori imprescindibili di cui abbiamo trattato all'inizio dell'articolo. Ognuno di noi è ambasciatore dei propri valori che non hanno prezzo, perché se fossero sul "mercato" anche quelli, non avrebbe nemmeno più senso parlare di abilità professionali.

Dopo circa un anno di studi e approfondimenti (coaching professionale, nomadismo digitale, personal branding, workation, sviluppo del portfolio, ecc.) sulla trasformazione del mio palinsesto professionale secondo un modello indipendente, creativo e freelance sono arrivato a una conclusione "rivoluzionaria" che ho piacere di mettere a disposizione di questa enorme comunità di professioniste-i, ma anche e soprattutto di aspiranti professioniste-i, neolaureate-i, laureande-i, studentesse e studenti:

Non perdiate il vostro preziosissimo tempo a "cercare un lavoro X", piuttosto facciate in modo che sia il vostro lavoro a cercare voi. Pre-occupatevi di qualcosa che riverberi la vostra peculiarità e la renda appetibile: convincerete qualcuno a occuparsi di voi!

Investite in modo intelligente le risorse che avete a disposizione per costruirvi un appeal professionale cucito a vostra misura, che nella sostanza significa: fate di tutto per attirare attenzione e curiosità su di voi (progetti di start-up, collaborazioni aziendali, contributi su magazine e riviste specializzate, programmi di ricerca, programmi di mobilità internazionale, corsi ad elevata professionalità, blog tematici, ecc.). In questo modo promanerete un'aurea professionale molto più ricettiva e calibrata sulle vostre reali capacità, competenze, abilità, e contemporaneamente vi allontanerete da aree incompatibili con il vostro percorso occupazionale.

Buon lavoro!

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