Un bicchiere di dissenso: è naufragio nell'oceano della paura?

Un bicchiere di dissenso: è naufragio nell'oceano della paura?

(Sette mesi fa scrissi un pezzo molto difforme rispetto a questo. Tuttavia, è stato proprio il tempo trascorso ad accendere delle riflessioni che prima, all'inizio di questo lungo incubo, non ero in grado di argomentare)

Si chiama manipolazione delle masse. Funziona chirurgicamente bene da almeno 250 anni, da quando l'Uomo ha capito che influenzare le coscienze su scala globale sia molto profittevole. Già allora, l'informazione era un condensato strategico di notizie, intabellate sui quotidiani dell'epoca per creare un'opinione pubblica e successivamente "orientarla". Oggi viviamo questo paradosso dell'eccesso a 360°, quindi anche la (dis)informazione arriva non-stop h24 da una moltitudine di sorgenti: stampa, televisione, (web) radio, social media, internet. Come fare a orientarsi, e soprattutto come prendere una posizione lineare, coerente, soppesata nei contenuti quasi mai verificabili? Purtroppo nessuno di noi è dentro la notizia, perché ne fruiamo tutti passivamente, aspettando sempre che qualcuno sfami il nostro bisogno di comprensione rispetto a quello stato di suspance che ci accade intorno. Ma accade veramente?

Non avrei mai pensato di dover essere testimone di un cambiamento così radicale, violento, rapido, spietato e (spero di sbagliarmi) irreversibile della società globale di cui oggi fanno parte oltre sette miliardi di persone. Nei primi quattro lustri del nuovo millennio siamo stati abituati a concepire la nostra esistenza scevra da minacce che minino le nostre libertà personali, le nostre unicità individuali, il nostro percorso di vita indipendente, la sacrosanta possibilità di scegliere e di decidere sulla nostra salute in base alle nostre idee. Tutto andrà bene, qualcuno sussurrava disegnando arcobaleni di cartapesta.

Certo, è bastato fabbricare il mito della globalizzazione dei mercati, dell'abbattimento delle frontiere, dell'eliminazione di qualsivoglia barriera che ostacoli la nostra realizzazione personale. Il resto lo hanno fatto il consumismo a portata di click e il subdolo cliché del benessere esponenziale. Una spolveratina di edulcorante e...tocco di bacchetta magica: tutti contenti, tutti uguali, democratici, politicamente corretti. Ma ne siamo sicuri?

Quando a scuola si studiava la storia contemporanea dell'Ottocento-Novecento, espressioni come "dittatura" erano sempre percepite come qualcosa di obsoleto e riferito a un contesto superato, abbastanza lontano per sguinzagliare un po' l'immaginazione: io, ad esempio, pensavo sempre a leader carismatici che attraverso la propaganda di regime e la loro abilità demagogica riuscivano a instaurare uno "stato d'assedio" nei confronti del pensiero del singolo individuo. Pensavo al ricorso alla violenza fisica nei lager nazisti, nei gulag sovietici e nei campi di "rieducazione persuasiva" maoisti. Il minimo comune denominatore era sempre l'uso della forza e un'abbondante - a volte smisurata - somministrazione dell'arma più letale di sempre: la paura.

Per fortuna noi siamo venuti dopo, e siamo cresciuti nell'epoca della distensione e della fioritura democratica, dei diritti e delle carte costituzionali. Le guerre non si fanno più, e se si fanno, sono sempre lontane. Arriveranno fame, carestia, povertà e sofferenza, ma saremo sempre nella parte del mondo in cui ci si sente al sicuro, non c'è alcuna ragione di dubitarne. Ma ne siamo davvero sicuri? Scusate se continuo a pormi la stessa domanda, ma da sette mesi stiamo vivendo qualcosa di surreale. A quanto pare, invece, questa sarà la nuova realtà, confezionata da quell'architettura sovranazionale a cui abbiamo sempre creduto negli ultimi vent'anni.

Cosa c'è di così invisibile da non permetterci di mettere a fuoco quello che stiamo vivendo? Vi prego, lasciamo perdere per un attimo le etichette (no tav, no vax, no mask, ecc.): sono definizioni fasulle create sofisticatamente dai big media per dividerci, per disperderci, non per unirci. Ora: che cosa ci fa ancora pensare che questo sia solo un momento transitorio, un incidente di percorso da superare? Proviamo un secondo a lucidare il vetro appannato dalle overdosi di terrore quotidiano che il sistema mass-mediatico ci infligge. Vi assicuro, lo giuro sulla mia bara, che guardare attraverso potrebbe essere un atto di ammissione spaventoso: rimozione degli ultimi duecento anni di conquiste costituzionali, limitazione della libertà di spostamento dei cittadini, imposizione di una tortura degli affetti chiamata cinicamente "distanziamento sociale", distruzione lapidaria del diritto di opinione e del principio del contradditorio argomentato su basi scientifiche, azzeramento del pluralismo dell'informazione e della dissidenza cognitiva, trasformazione delle scuole, delle università, degli ospedali e dei luoghi di aggregazione sociale in infallibili carceri sanitari (o in campi di concentramento a distanza, se preferite).

Pensiamo sia finita qui? Mi dispiace, potrebbe bastare, ma non basti affatto. La chiusura generalizzata e scriteriata del Paese (per il tormentone mediatico meglio conosciuto come "lockdown", collaudatissimo metodo per abbassare le difese immunitarie delle persone), l'annientamento pianificato delle attività imprenditoriali e il genocidio economico di intere filiere produttive aiutino a meglio comprendere l'entità del folle, delirante progetto di regime psico-sanitario che sta fagocitando l'esistenza di persone, famiglie, aziende e gruppi sociali. L'introduzione di misure draconiane come il coprifuoco e il preoccupante "allineamento dei poteri" tra le istituzioni tutte, dovrebbe quantomeno sprigionare un germoglio dall'ultimo semino di consapevolezza che ci è rimasto. Mi sbaglio?

E attenzione: nel becero totalitarismo disumanizzante che stiamo subendo in nome di "Non avrai altro Covid al di fuori di me" c'è spazio anche per un'ulteriore forma di intimidazione sociale. Non strappatevi le vesti, e scusate se io da rozzo eretico la chiamo mascherina. Loro furbescamente la chiamano "dispositivo di protezione individuale", ben sapendo come giocarsi questo squallido trucco (sapevamo che in Italia alcune importanti linee della società leader indiscussa nel comparto automobilistico sono state magicamente convertite in un'enorme industria per la produzione di mascherine? E che ogni giorno, solo nelle scuole, accumuliamo 44 tonnellate di rifiuti plastici non biodegradabili per imbavagliare bambini e insegnanti?). Sorvolando sull'inutilità della mascherina, su cui già una serie di illustri hanno tentato invano di arbitrare (Istituto Superiore della Sanità, Dr. Montanari, Dr.ssa De Mari, Dr. Mastrangelo, Dr. Scoglio, e molti altre vittime della censura turbopandemista), proviamo a riflettere su questo passaggio a mio avviso cruciale: la subdola logica del "rispettiamo le regole e le distanze e andrà tutto bene" non regge più! La mascherina all'aperto altera la nostra percezione della realtà arrecando danni incontrovertibili: la perdita di identità e di fisionomia, la spersonalizzazione dell'essere umano, l'omologazione, la sottomissione intrinseca nell'accetazione di questo bavaglio che stravolge l'espressività umana, il continuo e persistente allarme che - inevitabilmente - consuma dentro di noi quelle poche speranze che ci rimangono, accompagnandoci inesorabilmente verso il baratro della rassegnazione e dell'alienazione coatta. Saremo così depressi che acceteremo tutto, ogni ulteriore ricatto che verrà. Sette mesi senza cordialità, abbracci, strette di mano, sorrisi, momenti di aggregazione sociale, affetti spontanei, non ci sembrano un po' troppi? Abbiamo scorte di seratonina a sufficienza?

L'evidenza di un disegno pandemico fondato esclusivamente sulla narrazione turbofobica e sulla spettacolarizzazione del contagio, senza nessun elemento razionale che sia in grado di asseverare un'emergenza sanitaria reale, ha uno scopo ben preciso: allontanarci, renderci soli e deboli, fragili e impauriti, isolati e incapaci di articolare un pensiero critico e autonomo. Segnalo sommessamente che il piano sta funzionando a gonfie vele, e che ci rimane davvero pochissimo tempo per dimostrare di essere ancora uniti e cognitivamente capaci di difendere la nostra libertà, il nostro diritto a dissentire, la nostra assoluta indisponibilità a diventare un enorme gregge di ovini anonimi, adunati nel recinto globale della disinformazione. In effetti, il dramma reale è pensare che questo sia solo un momento di passaggio, e che prima o poi celebreremo passivamente il trionfo dell'umanità, il tanto atteso lieto fine. La vera tragedia è che purtroppo nessuno di noi si immagina questo momento come l'inizio di una feroce dittatura sanitaria, economica e sociale. Sta accadendo, per davvero. Un esempio? Prontissimo. Se passeggiamo per strada e incrociamo sulla nostra traiettoria un altro essere umano non sentiamo più dire "buongiorno", "come va?". No, ci giriamo dall'altra parte e ci distanziamo ulteriormente, avendo morbosamente paura dell'altro. Tutto normale, vero?

In realtà - in assenza di una concreta e unanime sollevazione - saremo condannati a subire questa lacerante umiliazione e altre vergognose vessazioni, con il beneplacito dei giornaloni che starnazzano l'eterno mantra dell'esplosione della curva dei contagiati. A proposito: immagino che ai più dispiacerà, ma è completamente anti-scientifico pensare che un individuo sano (ora li chiamano asintomatici) possa trasmettere un virus a un altro individuo sano. Il Dr Palù (che ha personalmente fondato la Società Italiana di Virologia e presieduto per 7 anni quella europea) lo ha ribadito così: "Se non c'è una sintomatologia tracciabile, non vi è malattia, e se non c'è malattia non può sussistere un contagio".

Sembra strano, ma vorrei provare a dare comunque una buona notizia. Abbiamo tutti una grande chance: quella di essere noi stessi, creature sociali meravigliose, quella di abbassare la maschera della paura e dell'angoscia, quella di riprenderci i nostri sorrisi, quella di riavvicinarci, quella di abbracciarci, ricordandoci che siamo noi gli artefici del nostro destino. Basterà esserne consapevoli per spezzare l'infima trappola ipnotica che ci hanno teso. Prosit.


Stefano Fait

VP & Sales Director O3 Enterprise

4 anni

Ciao Marco, pur rispettando le opinioni altrui (ci mancherebbe), non posso non sottolineare la mia distanza da questa tua riflessione. E, a dirla tutta, anche le parole del Dr. Palu’ non mi sembrano riportate proprio fedelmente, anzi...almeno per gli interventi da metti letti ed ascoltati.

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