Il mio piano non è quello della pensione integrativa
Il mio piano non è quello della pensione integrativa

Il mio piano non è quello della pensione integrativa

L’elemento di maggior pericolo per l’Italia, di cui quasi tutti sono a conoscenza ma quasi nessuno è cosciente della sua gravità, è la questione demografica. L’Italia è uno dei paesi più vecchi al mondo, con una età media di 46,6 anni (solo il Giappone, con età media di 48,7 anni, è più anziano). L’elemento di maggior pericolo per l’Italia, di cui quasi tutti sono a conoscenza ma quasi nessuno è cosciente della sua gravità, è la questione demografica.

Le stime sulla tendenza dell’invecchiamento della popolazione italiana rilevano un peggioramento per il futuro: per il 2050 l’età media sarà circa 51 anni, e per il 2100 l’età media raggiungerà circa di 53 anni.

L’elemento che maggiormente mi preoccupa è che Il numero medio di figli per coppia si riduce sempre di più rispetto all’attuale media di 1,2 figli, e l’età media di concepimento del primo figlio tende sempre più a salire: attualmente le donne italiane partoriscono il loro primo figlio in media a 32,4 anni e gli uomini italiani diventano padri mediamente a 35,8 anni, rendendoli tra i più "vecchi" d'Europa per quanto riguarda la paternità.

In Italia la crisi demografica è ben nota, ma l’atteggiamento con cui si pensa a questo problema è con l’indifferenza e la rassegnazione, come se fosse normale che ci sia questo tipo di demografia per un paese benestante. Non ci si rende conto della pericolosità che questo fenomeno ha per il nostro paese, e non si comprende che è diventato per l’Italia un problema esistenziale.

Sulla crisi demografica, gli italiani, le uniche conseguenze che vedono sono solo quelle economiche, e pertanto le uniche ricette che vengono proposte sono solo ricette economiche: ad esempio la questione previdenziale o la tenuta del sistema di assistenza sociale.

Ridurre il problema solo a conseguenze economico è profondamente sbagliato: credere che essere in grado di garantire delle pensioni adeguate e garantire il mantenimento del il sistema assistenziale sia la strada per far fronte al problema, significa non affrontarlo veramente; significa solo utilizzare lo strumento economico per garantire condizioni adeguate per una popolazione che va sempre più invecchiando.

Pertanto lo strumento economico non può essere la soluzione, è solo un “anestetico” per alleviare il passaggio dal progressivo invecchiamento all’estinzione!

La cruda realtà che ci troviamo difronte ha una sola soluzione, senza se e senza ma: fare più figli (arrivare a una media di 2,5 figli per coppia) e farli prima.

La biologia umana ci insegna che l’età migliore per avere figli con meno complicazioni durante la gravidanza e il post-partum è tra i 20 e i 30 anni. I picchi di fertilità femminile sono massimi in questa fascia d’età, si ha poi un primo calo significativo, anche se graduale, già intorno ai 32 anni, e un secondo più rapido declino dopo i 37 anni, fino ad essere prossima allo zero negli anni che precedono la menopausa, che in genere si verifica intorno ai 50 anni.

Per una società avanzata come quella occidentale, sfruttare la fascia d’età tra i 20 e i 25 anni per procreare significherebbe, maggiormente per le donne, compromettere la loro formazione e di conseguenza anche le loro aspirazioni lavorative. Pertanto è importante, attraverso una nuova cultura e allo strumento economico, portare le donne a decidere di partorire nella fascia d’età tra i 25 e i 30 anni, in modo che il parto del primo figlio in media sia sotto i 30 anni.

La riduzione dell’età media per partorire il primo figlio è molto importante, perché influisce direttamente anche sul numero di figli che successivamente una coppia deciderà di avere.

Dopo i 30 anni, per una donna, il parto diventa sempre più pesante e rischioso, per cui non è difficile intuire perché dopo il primo figlio al massimo se ne partorisce solo un secondo.

Partorire il primo figlio nella fascia d’età compresa tra i 25 e i 30 permette alla donna di avere più energie e meno complicazioni nel compiere questa fatica, e magari, dopo averne già partoriti due, sarà più facile che possa decidere, prima di arrivare ai 37 anni, di partorirne un terzo.

Nel compiere questo cambiamento è estremamente importante il fattore culturale, nella stessa maniera come una certa cultura nociva è stata determinate nel portarci allo stato attuale.

Quando parlo di cultura nociva faccio riferimento a quella cultura prodotta dal troppo benessere che le nostre società hanno prodotto dopo la seconda guerra mondiale. Quel benessere che ci ha fatto vivere di più ma nello stesso tempo ci ha fatto dimenticare quali sono le vere cose importanti, dandoci una finzione rispetto a quello che è veramente reale. Parlo della nostra attuale visione della vita, fatta di serie televisive ed aperitivi, di convivenze senza figli o al massimo se i figli vogliono essere fatti vanno fatti dopo i 30 anni in quanto prima ci si rovina la “giovinezza” o si compromette la carriera, e sciocchezze di questo tipo.

Altro fattore che ci ha profondamente danneggiati è la troppa importanza data all’economia, che ci ha trasformati in un paese economicista. Il benessere che un paese economicista come il nostro ha prodotto ci ha rammolliti, rendendoci sofisticati sulle cose inutili e facendoci distogliere l’attenzione dalle cose importanti. Abbiamo smarrito il vero senso di come si sta al mondo, e da questo ne è derivata la traiettoria che come popolo abbiamo intrapreso e che ci ha portati nella condizione attuale.

Ormai come popolo benestante ed economicista le uniche fatiche che accettiamo sono solo quelle lavorative, perché abbiamo l’idea che l’economia sia la cosa più importante di questo mondo; tant’è che è diventata il fine ultimo della nostra esistenza, quando invece dovrebbe essere solo uno strumento che un popolo utilizza per il raggiungimento dei suoi obiettivi: ad esempio, sostenere la natalità.

Da una situazione così degradata diventa necessario fare un enorme lavoro per cambiare questa cultura, e intraprendere azioni per una nuova pedagogia nazionale. Questo lavoro deve essere fatto subito in quanto non abbiamo più tempo: c’è il pericolo che il progressivo invecchiamento della popolazione porti nei prossimi anni ad avere un numero di donne in età fertile talmente ridotto che non sarà sufficiente per invertire la rotta, a meno che non si vorrà chiedere, alle donne fertili rimaste, di partorire un numero elevato di figli!

Per cui non possiamo più prescindere dall’avviare una vigorosa riforma culturale che cambi la filosofia di vita vigente. L’economia deve essere solo uno strumento a sostegno di questo cambiamento, non il fine ultimo dell’esistenza.

Un’azione efficace per perseguire il ringiovanimento della popolazione è quella di fissare un obiettivo demografico, ad esempio: entro il 2100 arrivare ad un’età media della popolazione di 40 anni.

Nel momento in cui l’obiettivo è fissato, far si che intorno a questo obiettivo ruotino le azioni culturali, politiche ed economiche dell’Italia.

Per esempio: avviare una propaganda favorevole alla natalità; campagne di sensibilizzazione; educazione alla genitorialità; eventi che celebrano la natalità (festival , incontri); estensione dei congedi parentali retribuiti per entrambi i genitori; introduzione di bonus e incentivi fiscali per le coppie con figli; servizi di assistenza all'infanzia e accessi a strutture educative; offerta di alloggi a prezzi accessibili per le famiglie in crescita; sostegno alle aziende che implementano politiche di lavoro flessibile per genitori ecc.

Queste azioni, se implementate in modo coordinato, possono contribuire a creare un ambiente più favorevole alla natalità.

Una popolazione più giovane ha più energie da spendere ed è più capace di reinventarsi nelle situazioni difficili. Riesce a sopportare meglio le fatiche, a differenza di una popolazione più anziana. Uno dei risultati è quello di avere benefici enormi anche in campo economico, ad esempio: aumento della forza lavoro (una popolazione giovane significa un numero maggiore di persone in età lavorativa); innovazione e creatività (i giovani tendono ad essere più aperti all'innovazione e all'adozione di nuove tecnologie); maggior consumo e domanda (una popolazione giovane ha generalmente una maggiore propensione al consumo); sostenibilità dei sistemi previdenziali (una base maggiore di popolazione giovane può contribuire a mantenere in equilibrio i sistemi previdenziali); investimenti in educazione e formazione (le politiche che mirano a formare ed educare i giovani possono portare a una forza lavoro più qualificata, aumentando la competitività del paese a livello globale); dinamismo sociale e politico (i giovani spesso portano nuove idee e prospettive) ecc.

Dopo aver compreso in maniera teorica il potenziale di una popolazione più giovane mi sembra utile contestualizzare per l’Italia i benefici di un ringiovanimento della popolazione. Per lo scopo menzionerò tre aspetti calati sulla realtà italiana.

1. L’Italia è un paese ancora fortemente manifatturiero. Un paese giovane può concentrarsi maggiormente sul mantenimento e sullo sviluppo di un'industria manifatturiera forte, sia perché potrà sfruttare una forza lavoro giovane che sarà più facilmente reperibile e che avrà maggiori energie da spendere, e sia perché sarà più facile formarli rispetto ad una persona anziana che ha già una sua esperienza e delle sue abitudini di lavoro. Inoltre, inizialmente, la manodopera più giovane è meno costosa rispetto a della manodopera già formata e con maggiore esperienza.

2. L’Italia ha le regioni meridionali del suo territorio economicamente arretrate e con un forte divario economico rispetto alla zona Settentrionale del paese. A questo si aggiunge che la zona meridionale dell'Italia si sta spopolando, soprattutto di giovani, per via delle difficili condizioni di vita. Favorire un ripopolamento incentivando la natalità e attuando politiche per mantenere i giovani sul territorio, è sicuramente la soluzione migliore per favorire una crescita economica del Sud. I giovani sono più propensi a intraprendere nuove attività, a investire in istruzione e a sperimentare nuove tecnologie.

3. L'Italia è considerata un paese con un moderato tasso di innovazione. Secondo il rapporto 2022 del Global Innovation Index, si trova al 28° posto su 50 paesi analizzati, evidenziando una posizione sotto la media rispetto ad altri paesi europei. Avere una popolazione più giovane significa avere una popolazione più recettiva nei confronti delle innovazioni. Quindi un paese giovane può avere un vantaggio in settori come: informatica; e-commerce; tecnologia mobile. I giovani sono mediamente più propensi ad investire in ricerca e sviluppo, creando nuove tecnologie e nuove soluzioni.

In sintesi, una popolazione giovane può rappresentare una risorsa fondamentale per la crescita economica e la sostenibilità a lungo termine di un popolo.

Desidero concludere con alcune considerazioni di natura assicurativa e di rapporti parentali.

In termini assicurativi una popolazione più giovane non risolverà totalmente il problema previdenziale che c’è oggi in Italia. Ringiovanire una popolazione non è una operazione istantanea: per tutti gli anni in cui questo processo sarà in atto ci sarà ancora bisogno di integrare la pensione. È con il passare degli anni, e con l’avvicinarsi all’obbiettivo, che questa esigenza diventerà sempre meno incombente. Anche quando l’obiettivo sarà raggiunto integrare la pensione non sarà una pratica che scomparirà: Il beneficio, di una popolazione più giovane, sarà quello di dover spendere di meno per poter integrare la pensione. Questo sarà dovuto al fatto che avendo una maggiore base di popolazione che contribuisce alla previdenza gli importi da integrare, alla pensione erogata dallo stato, saranno più bassi.

Per quanto riguarda i rapporti parentali, avere una popolazione più giovane in una società dove i figli vengono fatti prima e ne vengono procreati di più, porta ad avere nonni più giovani che possono essere molto utili come sostegno per le famiglie dei dei loro figli. Infatti nonni più giovani significa nonni con più energie e con meno probabilità di problemi di salute. Il paradosso di oggi è che la tarda età con cui si mettono al mondo i figli porta molti genitori a doversi occupare non solo dei propri figli, ma anche dei loro stessi genitori che sono così in la con l’età da dover essere accuditi. A quanto detto si aggiunge anche il fatto che mettere al mondo più figli si rileverà più vantaggioso nel ricevere maggiori cure in età anziana: un figlio unico deve sostenere su di se tutto il peso delle cure dei genitori quando questi diventeranno anziane, cosa diversa è se questo peso è suddiviso, ad esempio, tra tre fratelli.


Per un popolo la demografia è l’elemento più importante, da essa dipende la sua ascesa o il suo declino. L’Italia sarà in grado di accorgersi in tempo di quanto è esistenziale il suo problema demografico? E sarà poi in grado di intraprendere delle azioni risolute ed efficaci per superare il problema della sua demografia?


FONTI

Dati ISTAT 2023

MINISTERO DELLA SALUTE

Nazioni Unite 2022

Global Innovation Index 2022


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