IL MIO PRIMO GIORNO DA VENDITORE
Ricordo come fosse ieri il mio primo giorno da venditore. Avevo 24 anni, ero sposato da pochi mesi e avevo abbandonato l'ossessione di diventare un grande barman, che mal si conciliava col matrimonio.
Ero reduce da una settimana di affiancamenti con mio padre, un grande venditore trattato come una celebrità dall'azienda per la quale lavorava e a cui avevano affidato la mia formazione. Al termine di questo tirocinio mi aspettava il battesimo del fuoco: l'uscita in solitaria.
La zona che mi avevano assegnato era Pavia e provincia, e io non avevo mai visto così tanta nebbia in vita mia come in quel lontano dicembre del 1989 (oggi la nebbia sembra quasi scomparsa; ma allora, lo giuro, era come guidare in un bicchiere di latte!).
Con i risparmi accumulati dall'attività di barman mi ero comprato una scassatissima Renault 4 blu, che adoravo per quel suo cambio a cloche, i sedili di plastica imbottita supermolleggiati e i fari antinebbia gialli.
Partii da Monza molto presto; alle 9:15 ero già a Casorate Primo, il comune che avevo individuato sulla cartina come il primo della provincia di Pavia, il più vicino a Milano (alla fine degli anni '80 per orientarsi bisognava affidarsi alle buone vecchie carte geografiche tradizionali. Altro che Google Maps!)
Entrando in paese cercai subito la chiesa col suo campanile, così come mi aveva insegnato mio padre. "Il campanile è sempre al centro del paese, e in centro ci sono i negozi migliori", mi ripeteva di continuo durante la settimana passata insieme. Quel giorno, però, la nebbia mi impediva di individuare il campanile da lontano e dovetti fermarmi un paio di volte a chiedere indicazioni ai passanti. Ma dopo poco, finalmente, raggiunsi il centro.
Parcheggiai senza problemi e cominciai a guardarmi attorno per decidere da quale attività cominciare. Nella piazzetta c'erano diversi negozi: un alimentari, una bigiotteria, un negozio di scarpe, un bar, un fruttivendolo, un paio di negozi di abbigliamento e una trattoria. Afferrai la valigetta, scesi dall'auto e mi decisi per la trattoria. Mi sembrava il cliente più abbordabile, avevo bisogno di scaldarmi un po' e non volevo bruciarmi i negozi migliori al primo tentativo.
Aprii la valigetta per controllare ancora una volta che fosse tutto in ordine. Non che mi occorresse chissà cosa, vendevo abbonamenti al bollettino dei protesti, un giornale che costava 50.000 Lire l'anno e che pubblicava l'elenco dei cattivi pagatori e molte altre informazioni di carattere commerciale come i listini prezzi delle materie prime, l'elenco delle nuove attività, ecc. (Oggi trovi tutto online con un abbonamento digitale, ma allora si girava con una valigetta piena di volumi di carta.)
La mia dotazione consisteva in una quindicina di giornali e in un blocchetto per rilasciare la ricevuta dell'abbonamento fatto. Eh sì, vendevo abbonamenti a un mensile e me li dovevano pagare anche subito.
Però lo avevo visto fare da mio padre decine e decine di volte, non mi sembrava una cosa difficile. Eppure quella mattina ero nervoso e pieno d'ansia, ma ero deciso a non mollare. Non volevo tornare dietro il bancone di un bar, 10 ore al giorno per 50.000 Lire. Questo nuovo lavoro poteva rendermi molto di più e avrei avuto anche più tempo da dedicare alla famiglia.
Mi avvicinai alla trattoria, stavo per varcarne la soglia quando mi accorsi di un biglietto sulla vetrina: "Torno subito", c'era scritto. Accidenti! E adesso? Un banale contrattempo stava alimentando il mio nervosismo. Dovevo entrare da qualcuno e cominciare a parlare, altrimenti sarei esploso. Feci per allontanarmi, quando sentii gridare alle mie spalle:
"Cerca qualcuno?"
"Ah... sì! Mi scusi... cercavo il titolare."
"Sono io! Dica pure."
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"Ah... guardi... è per i commercianti. Se mi concede un momento le spiego di cosa si tratta. Possiamo accomodarci in negozio?"
Avevo la salivazione azzerata, il respiro affannoso. Me l'ero immaginata diversa la mia prima visita da solo e adesso cercavo di riprendere il filo dei miei pensieri e delle cose che avrei dovuto dire.
"Ma certo. Venga, si accomodi!", disse il titolare del locale. Veloce stretta di mano.
Il tizio poteva avere una quarantina d'anni, di stazza robusta e con un'espressione affabile stampata in faccia.
Feci scattare la combinazione della 24 ore stile ispettore Sheridan che portavo con me e poggiai sul bancone della trattoria il giornalino che dovevo vendere. In pochi minuti (che a me parvero ore) gli sciorinai come un automa tutta quanta la storiella che mi aveva insegnato mio padre.
Parlai a raffica, senza prendere fiato. Invece di mostrare il listino dei prodotti alimentari, mi misi a parlare del prezzo dei legnami, neanche fossi in una segheria: ERO NEL PALLONE!!
Mentre continuavo a parlare, mi accorsi che il titolare della trattoria mi guardava con uno sguardo perplesso, quasi divertito. Avevo perso completamente il filo del discorso, parlavo di legnami in un locale dove il massimo del legno usato era probabilmente quello dei tavoli. Sentivo la tensione crescere dentro di me e la mia mente cominciò a correre: "Cosa sto facendo? Sto sbagliando tutto!"
Alla fine, quando mi fermai a riprendere fiato, il titolare mi guardò con un sorriso bonario e disse: "Ragazzo, apprezzo il tuo impegno, ma non credo che questo giornale faccia per me. Magari la prossima volta torni a trovarmi con qualcosa di più adatto alla mia attività, d’accordo?"
Quelle parole, pur gentili, mi colpirono come un pugno nello stomaco. Avevo fallito alla mia prima uscita da solo. Ringraziai in fretta e furia, chiusi la valigetta e uscii dalla trattoria con la coda tra le gambe. Una volta in macchina, mi sentii sopraffatto dalla frustrazione e dall'ansia. "Forse non sono tagliato per questo lavoro", pensai.
Ma mentre guidavo verso casa, con la nebbia che avvolgeva tutto, cominciai a riflettere. Sapevo che il fallimento faceva parte del gioco, ma non ero ancora pronto ad accettarlo. Decisi che, invece di arrendermi, avrei usato quell’insuccesso come una lezione.
Nei giorni e nelle settimane successive, ripensai a cosa era andato storto: mi ero lasciato sopraffare dalla pressione, avevo cercato di seguire alla lettera tutto quello che avevo imparato senza adattarmi alla situazione. Compresi che vendere non significava solo ripetere una formula, ma ascoltare, capire il cliente e adattare il mio approccio alle sue esigenze.
Quel primo insuccesso mi insegnò l’importanza della flessibilità e della calma. Con il tempo, imparai a gestire meglio l’ansia, a prendere fiato e a fidarmi dei miei mezzi. Ogni volta che mi trovavo in difficoltà, mi ricordavo di quel giorno e di quanto mi aveva insegnato.
Alla fine, ciò che mi sembrava un grande fallimento si rivelò essere una delle esperienze più preziose della mia carriera. Mi rese un venditore migliore, più sicuro di sé e consapevole delle mie capacità, pronto ad affrontare qualsiasi nuova sfida con la convinzione di poterla superare.
Sales Rep GI Lombardia-Triveneto presso Ambu A/S
3 mesiGrande! Noi venditori! Commerciali! Dove non si impara leggendo un libro! Ma come hai detto con esperienza e fallendo! Però è una cosa che abbiamo nel dna ! Ciao LUPO
Marketing Strategico | Divulgazione | Sales Trainer | Imprenditore
3 mesiBellissimo articolo! Mi sono commosso ripensando al mio inizio da venditore, spazi pubblicitari in radio. Il primo appuntamento, la tensione, le cose che vanno diversamente da come avevi immaginato. Bellissimo!
Aiuto gli Imprenditori a comprendere il fantastico mondo delle Commodity e delle Utility, con un approccio consulenziale di alto livello.
4 mesiMassimo Marucci racconto spettacolare! Non tanto per la storia in sé, simile a quella di tanti altri, ma per l’emozione che ha trasmesso. Grazie della condivisione!
National Project Manager presso PENTAX Medical
4 mesiIl lupo di Pavia…non molla mai! 💪
Agente di vendita presso Ditta individuale Magalotti Gianluca
4 mesiPer me 1 Settembre 1995, cellulare Bosch con contratto Family, 2.000 lire/minuto più scatto alla risposta, Clio diesel senza AC e finestrini a manovella, cartina dell’Emilia Romagna e via.