Il regalo di Natale
Ieri ho partecipato a una bella iniziativa con la Cooperativa La Strada di Milano, per la costruzione di un "kit" di stimoli a tema natalizio da distribuire agli anziani soli. Ho scritto questo brevissimo racconto, ma alla fine mi sono accorto che forse non c'entra molto col Natale, perché è soprattutto una storia di lavoro.
Parliamo spesso di "Work/life balance", come se la vita e il lavoro fossero due mondi distanti, da tenere in faticoso equilibrio. Come se il lavoro non fosse vita. Questa piccola storia prova a dire l'esatto contrario.
Oggi vorrei raccontarti del più bel regalo di Natale che abbia ricevuto.
Per farlo, però, devo dirti chi era mia madre. Si chiamava Darca – un nome molto strano, lo so – e per tutta la vita è stata solo due cose: una mamma e una sarta. Hai presente le sartine di campagna, quelle che lavorano in casa per pochi clienti, e si dividono tra l’ago, le forbici, i fornelli e i bambini? Sono cresciuto in mezzo alle stoffe, ai bottoni e alle storie delle clienti di mia madre, che era un po’ sarta, un po’ amica e un po’ confessore. Queste signore passavano spesso ore ed ore nel laboratorio – chiamiamolo così, ma era solo una stanza con un tavolo, una macchina da cucire e un grande specchio – e mentre io giocavo in un angolo, intorno a me si dipanavano pettegolezzi e confidenze, gioie e disgrazie, amori e tradimenti. La stanza di mia madre era una finestra sul piccolo mondo di paese, e io stavo affacciato a guardarla ascoltare e sorridere, cucire le storie insieme alle stoffe, con quella lenta saggezza che solo i piccoli artigiani conoscono.
Mia madre, però, cuciva solo per signora. E mentre mia sorella più grande aveva l’armadio pieno di abiti confezionati da lei, io sentivo rispondere alle mie richieste che “non era capace” di fare una camicia da uomo, un paio di jeans, un cappotto. Non era vero, o almeno io pensavo che non lo fosse. Quindi insistevo, dispensando battute e piccoli ricatti emotivi, di quelli che solo un fratello e figlio geloso sa fare. Finché ho strappato a mia madre la promessa di cucire per me il più femminile tra gli abiti maschili: una vestaglia.
Ero già grande, quindi lo ricordo molto bene. La scelta del tessuto – una flanella a scacchi rossa e nera, che in quegli anni andava abbastanza di moda – le forbici che lo tagliavano seguendo i margini del cartamodello, le prove di fronte al grande specchio. I suoi commenti, le mie risate, le sue mani che misuravano, cucivano, tagliavano. Mia madre stava facendo, finalmente anche attraverso il suo lavoro, ciò per cui era nata: prendersi cura di me.
Il regalo, quindi, non fu una sorpresa. Quando aprii il pacchetto, quel Natale, sapevo bene cosa contenesse. Ma scartarlo e indossare la vestaglia fu ugualmente qualcosa che fatico a descrivere. Il più bel regalo di Natale che abbia mai ricevuto.
Mia madre non c’è più, ormai da molti anni, e la vestaglia di flanella rossa rimane l’unico vestito che abbia mai fatto per me. La conservo nel guardaroba, accanto agli abiti e alle cravatte, perché faccia la guardia all’uomo che sono diventato. Al padre, al marito, al professionista. E io so che nelle tasche della vestaglia, ben nascosto, c’è ancora il bambino che ascoltava rapito le storie delle clienti nel laboratorio di sua madre.
Buon Natale.
HR specilist - Fleet & Travel Manager
3 annila favola della flanella rossa...e poi scopri che non è una favola!bellissima Andrea, grazie grazie per questa condivisione
Storyteller - Videomaker - Regista presso Nicola Gennari Storyteller
3 annibellissima!
Senior Private Banker - Mediobanca SpA - Divisione Private & Investment Banking
3 anniComplimenti Andrea, bellissimo racconto, che mi ha fatto commuovere. Grazie, hai fatto un regalo a tutti condividendolo.
Regional and local governments' financial analysis and management enthusiast
3 anniComplimenti anche all’autore di questo bell’articolo
Birra Pupazzi owner and random recipes generator
3 anniVecchio fai piangere più delle pubblicità della Coca Cola con babbo natale. È un complimento eh 😉