Il reverse charge nella compravendita immobiliare

Il reverse charge nella compravendita immobiliare

Il reverse charge: cos’è e quando si applica

Il reverse charge, o inversione contabile, è un meccanismo previsto dalla normativa IVA per contrastare le frodi e le evasioni fiscali. Si applica quando il destinatario o il committente di una cessione di beni o di una prestazione di servizi è un soggetto passivo IVA residente nel territorio dello Stato. In questo caso, il fornitore non addebita l’IVA in fattura, ma la trasferisce al cliente, che deve autoliquidarla e versarla all’Erario, con la possibilità di esercitare la detrazione nella stessa liquidazione periodica. In tal modo, si evita il rischio che il fornitore ometta il versamento dell’IVA, mentre il cliente la recupera mediante la detrazione.

Il reverse charge si applica a determinate operazioni, elencate dall’articolo 17 del D.P.R. n. 633/1972 e successive modifiche. Tra queste, si ricordano:

  • le cessioni di rottami, di materiali di recupero e di oro;
  • le cessioni di tablet, laptop e console per videogiochi;
  • le cessioni di gas ed energia elettrica;
  • le prestazioni di servizi rese da subappaltatori nel settore edile;
  • le prestazioni di servizi rese da soggetti non residenti in ambito di telecomunicazioni, radiotelevisione, elettronica e informatica.

Il reverse charge nelle cessioni immobiliari: quali sono i casi

Il reverse charge trova applicazione anche nel settore immobiliare, in particolare nelle cessioni di fabbricati strumentali. Si tratta di operazioni che possono essere esenti o imponibili IVA, a seconda di alcune condizioni.

Le cessioni di fabbricati strumentali sono imponibili IVA per obbligo se rientrano nel novero delle operazioni di cui all’art. 10, comma 1, n. 8-ter del D.P.R. n. 633/1972. Si tratta di cessioni di fabbricati destinati esclusivamente all’esercizio dell’attività d’impresa o professionale, realizzati da imprese costruttrici o ristrutturatrici, entro cinque anni dal termine dei lavori. L’aliquota IVA applicabile è del 22%. Se il cessionario è un soggetto passivo IVA che agisce in quanto tale, si applica il reverse charge, con l’obbligo per il cessionario di versare l’IVA al 22% e di indicarla sia nel registro IVA delle fatture emesse che in quello degli acquisti.

Le cessioni di fabbricati strumentali sono imponibili IVA per opzione se non rientrano nel novero delle operazioni di cui all’art. 10, comma 1, n. 8-ter del D.P.R. n. 633/1972. Si tratta di cessioni di fabbricati non destinati esclusivamente all’esercizio dell’attività d’impresa o professionale, realizzati da imprese costruttrici o ristrutturatrici, entro cinque anni dal termine dei lavori. Il cedente può optare per l’imponibilità IVA, se il cessionario è un soggetto passivo IVA che agisce in quanto tale. In questo caso, si applica il reverse charge, con l’obbligo per il cessionario di versare l’IVA al 22% e di indicarla sia nel registro IVA delle fatture emesse che in quello degli acquisti.

Il reverse charge nelle cessioni immobiliari: come si applica

Per applicare il reverse charge nelle cessioni immobiliari, il fornitore deve emettere una fattura senza addebitare l’IVA, ma indicando la dicitura “inversione contabile” o “reverse charge”. Il cliente deve registrare la fattura sia nel registro IVA delle fatture emesse che in quello degli acquisti, indicando l’IVA a debito e a credito. Inoltre, deve versare l’IVA entro il termine previsto per la liquidazione periodica (mensile o trimestrale).

Dal 1° gennaio 2019, le fatture soggette a reverse charge devono essere emesse elettronicamente, tramite il Sistema di Interscambio (SdI). Nel file XML della fattura elettronica, deve essere inserito il codice “N6” nel campo “Natura” e la dicitura “inversione contabile” nel campo “Causale”.

Il reverse charge nelle cessioni immobiliari: quali sono le sanzioni

L’errata o omessa applicazione del reverse charge nelle cessioni immobiliari comporta delle sanzioni sia per il fornitore che per il cliente. Il fornitore è sanzionato se addebita l’IVA in fattura, se non indica la dicitura “inversione contabile” o se non emette la fattura elettronica. Il cliente è sanzionato se non registra la fattura, se non versa l’IVA o se non la indica nella dichiarazione annuale.

Le sanzioni previste sono le seguenti:

  • per il fornitore, la sanzione amministrativa va dal 100% al 200% dell’imposta non addebitata, con un minimo di 516 euro;
  • per il cliente, la sanzione amministrativa va dal 90% al 180% dell’imposta non versata, con un minimo di 258 euro.

In caso di ravvedimento operoso, le sanzioni sono ridotte secondo le modalità previste dall’articolo 13 del D.Lgs. n. 472/1997.

 

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