IL SURREALE CASO DEL TAVOLO UNI DEI COUNSELOR

Il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi (CNOP) annuncia prima dell’UNI stesso la chiusura del tavolo dei Counselor, festeggiando e inneggiando ad una vittoria. Si esalta una risoluzione che penalizza fortemente la loro posizione e quindi i festeggiamenti sembrerebbero ingiustificati, a meno che non sia un modo per nascondere, goffamente, una sconfitta. Lavorare con il CNOP non è stato possibile perché l’obiettivo non è mai stato il dialogo, bensì l’ostruzionismo. I Counselor esercitano nella professione ascolto attivo e dialogo conciliante e questo si voleva portare in UNI, ma purtroppo il tavolo non era di confronto quanto invece di ostilità precostituita. Il CNOP e il Paese intero hanno perso un’importante occasione di confronto, crescita, nascita di relazioni positive e costruttive. Siamo sicuri che nemmeno gli psicologi con i quali lavoriamo ogni giorno siano contenti di tale atteggiamento.

Non si dovrebbe essere fieri di mettere in atto opera di ostruzionismo con motivazioni inesistenti. Il tavolo non ha portato a termine il suo lavoro perché il Consiglio Nazionale degli Psicologi non è stato capace di confrontarsi, dichiarando costantemente e irrazionalmente l’inesistenza della professione dei Counselor.

Abbiamo dichiarato più volte di volerci battere, anche a loro fianco, contro l’abusivismo e a favore di una maggiore chiarezza sugli interventi di counseling. La norma poteva e doveva essere l’occasione per definire i confini invalicabili che noi come associazione di categoria continuiamo a sostenere tenacemente; siamo i primi a difendere uno spazio di intervento libero e al contempo riconosciamo l’esistenza e l’esigenza di tutelare le attività riservate evitando abusi e travalichi. Invece di unirsi dalla parte della correttezza e ragionevolezza, il CNOP ha preferito aggredire e spaccare. Ecco che, laddove non c’è dialogo ma solo minacce, non si può di certo andare avanti. Perché in trincea si attacca e ci si difende ma non si costruisce, mentre noi vogliamo costruire un mondo delle professioni più giusto e più utile per i nostri clienti. 

La nostra professione andrà avanti come sempre senza problemi. Si tratta, però, di una grande occasione persa non solo per i Counselor ma anche per gli psicologi e per il mercato del lavoro italiano”, sono le parole della presidente di REICO, Maria Cristina Falaschi. “In alcuni ambiti del nostro paese, continua a rimanere in vita una logica oligarchica delle professioni arrivando a fare opera di ostruzionismo verso il pieno riconoscimento di professionalità da tempo attive e presenti nel mercato del lavoro, che per nulla ledono quelle regolamentate, come testimonia anche l’esperienza internazionale. Una logica lontana dall’idea di empatia, condivisione, concorrenza e libertà che guida la legislazione europea e che distanzia sempre di più il nostro paese dagli standard richiesti dagli organi comunitari”.

“Voglio tranquillizzare i Counselor professionisti: la nostra professione è salva come dimostrato dal numero di associazioni di counseling presenti nel sito del Mise, riportato nella sentenza del Consiglio di Stato e nel parere del Consiglio Superiore di Sanità. Per il resto”, conclude la presidente Falaschi, “noi torniamo al lavoro mentre altri si divertono a fare la guerra”.


Per visualizzare o aggiungere un commento, accedi

Altri articoli di REICO Associazione di Counseling

Altre pagine consultate