Il talento, la solitudine (del comando) e la realtà del mediocre convinto del talento -che non ha-
“Nulla al mondo può prendere il posto della perseveranza.Non il talento, nulla è più comune di uomini di talento falliti.Non il genio; il genio incompreso è ormai un luogo comune.Non l’istruzione; il mondo è pieno di derelitti istruiti. Solo la perseveranza e la determinazione sono onnipotenti.”
CALVIN COOLIDGE
... e poi trovo in video o immagini di società concorrenti ( o anche no) tristissime frasi stampate sui muri delle sale riunioni dove viene fatta formazione : " il talento, le best practice, l'eccellenza, apertura mentale,innovazione, flessibilità..." e via dicendo. Come se bastasse uno speaker o un formatore (normalmente "scoppiato" e già destinato all'oblio) a determinare con il supporto "edile" (appunto dei muri in cui si trovano stampate le terribili ed iconiche frasi ispirate) il destino dei "poveri e mediocri" impiegati (con tutto il rispetto di chi porta veramente a casa la pagnotta senza balle fantozziane). E dunque i Poveri impiegati vengono sottoposti al convincimento che anche loro possono un giorno sprigionare impetuosi e risolutivi talenti funzionali al business aziendale...ma che del resto dopo ore di inutile formazione su quanto possano dare in temini di contributo personale...non lo daranno mai (mitiche sono le serate dove il formatore convinto e l'impiegato ubriaco cantano all'unisono canzoni di Vasco o lasciandosi andare a terribili resoconti di fatti personali che giustificano il fallimento di una potenziale carriera). Il talento o meglio tutto il "resto" non sono formabili. Sono una condizione che pochi esprimono e che pochissimi mettono a frutto. Concludo per i dotti: studiate la stratificazione sociale: vi manca!
Per i capi azienda:
ps: nighthawks vs talento e successo: pochi, soli ma con granitici percorsi (anche notturni perchè no)