Impresa inclusiva, moda o esigenza? La cultura aziendale al servizio dell’innovazione
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Impresa inclusiva, moda o esigenza? La cultura aziendale al servizio dell’innovazione

In un contesto di incertezza come quello che stiamo vivendo, la ricerca di senso in ambito professionale è diventata parte integrante delle nostre vite.


All'interno delle organizzazioni è cresciuta sempre più la consapevolezza e l’esigenza delle persone di riconoscersi non solo nell'identità aziendale in senso stretto, ma soprattutto nella capacità di essere comunità sia dentro che fuori.

Essere cioè il punto di riferimento in termine di priorità valoriali, etiche e legali di cui il sistema Paese ha bisogno.

I fenomeni ormai noti degli ultimi anni quali le “grandi dimissioni” e il “quiet quitting”, sono parte integrante di un processo di risveglio nonché presa di coscienza collettiva che di fatto invitano il tessuto imprenditoriale al ripensamento di una nuova cultura d’impresa.

Una cultura (la nostra) in crisi da diverso tempo ormai, incapace di attuare processi di innovazione che abbiano un impatto reale sul benessere delle persone.

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In passato tuttavia diversi sono stati gli esempi virtuosi in questo senso a partire dalla più famosa Olivetti, ma anche Luxottica per esempio.

L’eredità del passato non basta più di per sé a fornire gli strumenti per interpretare presente e futuro, in quanto nel frattempo lo scenario e la prospettiva sono radicalmente cambiati.


Osservando la situazione del nostro Paese, ciò che balza in superficie è la carenza di personale in molti settori (per esempio).

Come sappiamo però tale “emergenza” rappresenta solo la punta dell’iceberg in quanto numerose ricerche hanno dimostrato che:

  • I giovani tendono a lasciare l’Italia di fronte al mancato impegno forte da parte dello Stato nel supportarli nella genitorialità ed in contratti di lavoro che permettano loro di costruirsi una prospettiva futura;
  • L’Italia progressivamente sta invecchiando quindi siamo nel pieno di una transizione umana che si traduce in un cambiamento strutturale dal punto di vista sociale e culturale;
  • In virtù di quanto sopra e con il progressivo aumento della speranza di vita il sistema previdenziale è destinato al collasso;
  • Ci sarà un crescente bisogno di forza lavoro straniera in tutti i settori oltre le ideologie politiche.

A fronte di ciò è chiaro che la sfida da parte delle organizzazioni risiederà nella capacità sempre più crescente di costruire comunità eterogenee ossia capaci di lavorare in sinergia attraverso la valorizzazione delle differenze (o unicità come mi piace chiamarle).
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Più che di scelta strategica nell'attivazione di modelli di leadership inclusiva si tratta di una vera e propria esigenza: lo prevede infatti la direttiva europea della Commissione EU che obbliga di fatto le aziende di grandi dimensioni e le PMI (incluse le non quotate con più di 250 dipendenti) dal 2024 alla rendicontazione del bilancio di sostenibilità secondo nuovi criteri e contenuti.

E’ l’inizio di un cambio di paradigma culturale che in misura crescente interesserà tutto il nostro tessuto imprenditoriale e che implica tra le varie voci oltre alla questione ambientale già dibattuta, la condivisione di attività immateriali compreso il capitale intellettuale, umano, sociale e relazionale.

Oltre l’impegno in termini di condizioni di lavoro e salari adeguati diventerà imprescindibile la capacità del board avere uno sguardo olistico verso la pluralità di competenze trasversali all'interno del proprio team.

Saperle cioè riconoscere ma anche farle emergere al servizio dell’impresa nella creazione di processi partecipati di dialogo sociale, contrattazione collettiva ed equilibrio tra vita professionale e privata in un contesto sempre più intersezionale.

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Essere un’impresa inclusiva oggi, significa avere la capacità di spogliarsi delle ombre della cultura (gerontocratica) dominante attraverso l’attivazione di processi partecipati dal basso finalizzati alla costruzione di una nuova coscienza collettiva: più equa, solidale e generativa capace di restituire senso all'essere impresa oggi.

Significa generare senso di appartenenza attraverso una responsabilità co-partecipata che faccia leva sulla crescita di un sentiment di autostima collettiva.


Il nostro sistema industriale oggi più che mai necessita di prendere coscienza che la vulnerabilità e fragilità non può ridursi a questione individuale ma esige una risposta collettiva che si traduce in politiche socio – economiche finalizzate al ripensamento dei luoghi di lavoro e al benessere di chi li abita sia dentro che fuori.

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Un patto di corresponsabilità capace di restituire alla parola sostenibilità il suo più nobile significato attraverso il recupero dell’etica sull'estetica: sociale, culturale, ambientale.

Massimo Stroppa

Protezione Civile - Prefettura di Milano Disaster Manager di Protezione Civile Manager Sistemi Sicurezza e Salute

2 mesi

Una riflessione intrigante e condivisibile. Le persone dentro la "cellula" impresa non sono è non debbono essere considerate solo "fattori della produzione". Le imprese nascono per produrre beni e servizi, per fare profitto ma contemporaneamente hanno anche un mandato sociale sia verso i lavoratori, sia verso la società.

Francesca Milani

Social media manager e content writer. Lavoro con liberi professionisti e imprese; se poi siete del settore health ci stiamo ancora più simpatici.

7 mesi

Sono d'accordissimo. Grazie per questa riflessione.

Stefano Zanut

Architetto, Direttore Vicedirigente del CNVVF in quiescenza, CERPA Italia Onlus

8 mesi

"capacità sempre più crescente di costruire comunità eterogenee ossia capaci di lavorare in sinergia attraverso la valorizzazione delle differenze" ... come non condividere?

Consolata Plantone

Misuro i valori, aggiungo valore al lavoro | RESTARTER, fabbricante di benessere per destinazioni da amare +accessibilità +sostenibilità +diversità +inclusione | Facilito la cooperAzione in ambito turistico, HoReCa, MICE

11 mesi

Sottoscrivo ogni parola 👏‼️ E aggiungo che in un Paese come il nostro dove il 93% è rappresentato da piccole e micro imprese, il cambiamento, anche se non per legge, li toccherà molto di più di quanto si possa pensare. Tuttavia, e paradossalmente, il cambiamento - se recepito - potrebbe essere molto più veloce e impattante rispetto alle medie e grandi imprese. Lo scoglio maggiore è quello di prendere consapevolezza che ad oggi non si può più coltivare solo il proprio orticello, ma l'orticello è diventato casa comune e serve lavorare tutti in sinergia verso un unico obiettivo: il benessere delle persone e del territorio in cui si vive. Possiamo aumentare la nostra competitività quando abbracceremo l'inclusione e la sostenibilità integrale.

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