Integrare Brand Building e Performance Marketing per un approccio olistico ed efficace alle Campagne di Marketing
Ripensando all'inizio della mia carriera nel marketing digitale, mi colpisce quanto il mio approccio iniziale fosse tecnicamente orientato, focalizzato quasi esclusivamente su metriche e performance.
Con il passare del tempo e grazie all’esperienza sul campo, la lettura di quintali di paper sull’argomento e confronti con colleghi, mi hanno permesso di comprendere la necessità di un approccio più olistico nel marketing, specialmente in ambito eCommerce. Questo mio orientamento ha avuto “sfogo” nella stesura di un libro nel 2018 in cui parlo essenzialmente di Brand). Prima di affrontare bene il discorso vorrei chiarire una cosa: non sono diventato un sostenitore esclusivo delle campagne di branding piuttosto, ritengo che noi marketer dovremmo andare oltre la semplice contrapposizione tra differenti strategie perché sì, la diatriba performance vs branding è tutt’oggi attuale.
Il Performance Marketing ha giocato un ruolo cruciale nel crescere e sviluppare le aziende, soprattutto negli ultimi 15 anni. Questo approccio, orientato ai risultati e basato su un approccio e un modello appunto “a performance”, ha consentito alle aziende di condurre campagne marketing altamente mirate, garantendo un ROAS misurabile e quindi le scelte, essendo basate sui dati, portavano sempre più risultati con un effetto “leva”. Questo ha risolto uno dei dilemmi più vecchi nel mondo dell'advertising: la difficoltà di determinare quale parte del budget pubblicitario fosse effettivamente produttiva. Tuttavia, con l'evolversi delle tecniche di tracking e di attribuzione, la legislazione di alcuni stati e la crescente competizione (e appiattimento delle competenze nelle agenzie) ha messo in discussione questo approccio e molti “smanettoni” si son ritrovati con il cerino in mano.
Le campagne di branding, invece, snobbate soprattutto dalle piccole e medie aziende poiché ritengono siano “troppo costose e poco efficaci”, hanno portato fior fior di agenzie a vendere creatività inutili e campagne non integrate a poveri manager che pensavano bastassero per fare i fighi alle macchinette del caffè (come se poi il finance non tornasse con il conto in mano a chiedere quali fossero gli impatti -spesso nulli non per colpa delle campagne di branding ma per colpa di quelle campagne di branding-). Altro tema sono le metriche: nell’approccio “classico” ma che è anche moderno ahimé, agenzie e aziende ritengono che sia sufficiente monitorare le ricerche brandend, la reach … come se fossero quelle le metriche di brand.
Ciò che distingue i veri esperti di marketing non è solo la padronanza delle tecniche di Performance Marketing o l’ideazione di una campagna di brand. Oggi, più che mai, è la capacità di integrare queste due con le più alte strategie aziendali. Quindi, attività come: la definizione del marchio, l'innovazione del prodotto, la distribuzione e la pubblicità creativa sono essenziali per migliorare la consapevolezza e l'affinità dei clienti verso i marchi e garantiscono non solo performance di lungo periodo ma anche di breve (facendo funzionare meglio, appunto, il performance). Tuttavia, molte aziende, pur avendo un solido marketing di performance, peccano nella costruzione del loro marchio e penso che questa casistica, soprattutto in Italia, è dilagante nelle aziende a tutti i livelli. Questa cosa può portare a una dipendenza eccessiva dal marketing di performance, lasciando l'azienda vulnerabile e senza una solida base di marchio. Vulnerabile a cosa? Ai cambi di algoritmi, alla legislazione, allo switch-off dei cookies e così via. Il motivo principale è la mancanza di consapevolezza e mancanza di competenze specifiche per padroneggiare i due temi.
La storica dicotomia tra brand building e performance marketing risale agli anni '70. Non è cosa recente. Tradizionalmente, queste due aree erano viste come in conflitto: il brand building come investimento a lungo termine e il performance marketing come generatore di entrate a breve termine. Tuttavia, questa visione è ormai superata, come dicevo. Nuovi approcci propongono di bilanciare e integrare brand building e performance marketing, creando metriche ad-hoc che valutino l'effetto degli investimenti in entrambi gli ambiti sulla brand equity. Questo va collegato quindi con i risultati finanziari specifici.
Se parliamo di target-brand building, riprendo un case da HBR America e tradotto, prendendo una compagnia aerea, una catena di fast-food e un produttore di vino. Ognuna di queste ha adottato un modello di misurazione innovativo per il brand building, andando oltre le tradizionali metriche e valutando il loro impatto finanziario.
Un approccio di questo tipo rende già tutto più chiaro, non trovate? Cioè quello di schematizzare e prioritizzare gli interventi di branding. Come dico spesso “il posizionamento è l’inizio del marketing ma non finiscie mai…”.
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Quindi, ovviamente è importante la creazione e l'integrazione delle metriche di posizionamento e attivazione del marchio. Il posizionamento del marchio è fondamentale per la sua capacità di competere sul mercato. I brand di successo comunicano chiaramente i loro vantaggi distintivi, il target di riferimento e la loro importanza sul mercato. Questi includono scopo, attributi emotivi, vantaggi funzionali e qualità esperienziali. Tuttavia, questi elementi devono essere collegati a misure concrete di attivazione (come prodotto, prezzo, distribuzione, persone e promozione).
Il lavoro non finisce qui. Ovviamente. Ci vuole una metrica composita della brand equity, combinando familiarità, considerazione, significato e unicità. Queste quattro dimensioni-metriche, forniscono un quadro completo dell'impatto del marchio sulle decisioni dei consumatori. Inoltre, classificando ogni metrica in base al percentile rispetto a un universo definito di marchi, è possibile ottenere una visione più ampia della posizione di un marchio nel mercato. Sostanzialmente, va fatta una mappa di posizionamento (ricordate Marketing Management di Kotler?).
E poi arriviamo al grande problema della brand equity: creare un indicatore di performance (KPI) per i performance marketer. Perché non è giusto che chi faccia campagne di branding faccia solo lo splendido con la camicia aperta appunto, alla macchinetta del caffè. Le variazioni nella brand equity devono essere monitorate regolarmente e confrontate con i tassi di conversione delle campagne di performance marketing. Se le metriche di brand equity diminuiscono mentre i tassi di conversione aumentano, potrebbe essere necessario rivedere il mix di marketing o i contenuti delle campagne. E perché no. La creatività. Non è semplicissimo ma.. fattibile. Direi essenziale se vogliamo far lavorare “bene” entrambe.
Infine, è essenziale creare un collegamento diretto tra brand equity e risultati finanziari. Molti marketer ritengono che le loro metriche già sottintendano queste informazioni ma ritengo lo facciano e lo dicano senza crederci neanche loro… il tema è che è complesso e come dargli torto: hanno fin troppi problemi anche loro. C’è bisogno però di tecniche statistiche avanzate, come l’analisi dell'elasticità, che possono aiutare a quantificare l'impatto finanziario di specifici investimenti in brand building e performance marketing. Anche nel lungo periodo (perché se non guardiamo al lungo periodo, che lavoriamo fare?).
Vi propongo un prospetto sempre legato alle 3 aziende di cui sopra: un case che aiuta a ragionare e schematizzare il tema delle metriche di brand.
Ci sarebbe molto altro da dire ma mi fermo qui. Tirando le somme: Il brand building e il performance marketingnon devono essere visti come in competizione, ma come complementari. Vanno trattati come parte integrante di una strategia di marketing coesa, responsabilizzando i brand manager sui risultati e rendendo il performance marketing un partner nella costruzione del marchio, anziché un rivale (ahimè c’è anche chi la pensa così perché ritiene che sottrae soldi alla crescita futura). Questo “nuovo” approccio, nuovo paradigma, dovrebbe aiutare le aziende a superare una delle maggiori sfide che i professionisti del marketing devono affrontare oggi: come bilanciare investimenti a breve termine con la crescita del valore a lungo termine.
[Articolo scritto grazie anche al lavoro di Jim Stengel e Cai Lamberton]
Founder Digital Angels & Adjunct Professor at Luiss University
1 anno“ritengo che noi marketer dovremmo andare oltre la semplice contrapposizione tra differenti strategie perché sì, la diatriba performance vs branding è tutt’oggi attuale.” Bellissimo articolo, ed ottima sintesi di un tema molto complesso, non potrei che essere più d’accordo