Io speriamo che me la cavo...

Io speriamo che me la cavo...

Ebbene sì, spero di rimanere coerente, di non cadere nella trappola dell’invidia sociale, di non stazionare per molto tempo nella posizione schizoparanoide o in quella depressiva, altrimenti è la fine.

Questo periodo storico, la pandemia attraversata e quella ancora presente, ci ha messo difronte a noi stessi, alle nostre profonde paure, o meglio ci ha presentato l’angoscia; in questo nulla, in questo vuoto, in questo salto nel vuoto ci siamo permessi, senza rendercene conto, di esplorare le viscere e le ossa delle nostre singole esistenze. Ora che stiamo provando ad uscire, ad affacciarci dalla tana in cui siamo rifugiati, ci sentiamo legittimati a tutto, senza se e senza ma.

Allora accade e può accadere che se avevamo dei dubbi sulla scienza, o meglio sul paradigma positivistico, rischiamo di attaccarlo come se fosse un nemico assoluto, perdendo di vista non solo i successi che la scienza ha prodotto in termini di quantità di vita ma anche di qualità, dimenticandoci dei progressi ottenuti che hanno sempre più spostato l’attenzione sull’evidenza. Forse manca ancora molto nel saperla comunicare l’evidenza, e ci accorgiamo che nemmeno i numeri riescono bene in questo intento, dato probabilmente dal loro essere per definizione perfetti in un mondo, quello umano, che essenzialmente conserva, ed è anche quello che ci differenzia dalle macchine, una quota di imperfezione: che permette di evolverci e progredire.

Ovviamente constatiamo che siamo in un mondo globale retto dal danaro, e tutto assume un prezzo; spesso accade e può accadere che se avevamo dubbi sul modello capitalistico, finiamo per vederlo come un demone che succhia tutte le nostre possibilità, rattristandoci per il fatto che il prossimo possiede quei beni che non abbiamo, avanzando una reazione distruttiva, desiderando la scomparsa della felicità dell’altro: l’invidia. Mentre, con tutti i difetti del modello, che andrebbe sicuramente superato, potrebbe, ed in molti casi ha permesso di rattristarci per il fatto di non possedere quello che possiede il prossimo, generando una reazione positiva, perché facendo desiderare l’incontro con la felicità ha permesso di realizzarne le condizioni: lo zelo. Sullo zelo e sull’invidia ho preso spunto da Tommaso d’Aquino.

Quando facciamo esperienza di una situazione limite spesso accade e può accadere di innescare, successivamente, delle reazioni, talvolta ci allontaniamo dal mondo, talaltra lo vediamo cattivo, certe volte viviamo il naufragarsi di ogni futuro possibile. Questo ci fa preoccupare da un lato e dall’altro potrebbe addirittura essere la condizione di possibilità affinché si attivi quello slancio che ci porti oltre l’ostacolo. Un rischio però c’è, come accade quando si incontra una malattia, quello di leggere queste manifestazioni come l’insorgere di una psicopatologia e di trattarle e talvolta cronicizzarle senza mai tematizzarle. Ancor più rischioso, come accade durante una pandemia, che spesso questo vissuto comune viene da alcuni strumentalizzato ed arditamente manipolato per scopi altri, mentre invece andrebbe ascoltato e tematizzato alla luce della situazione limite.

Sullo zelo e sull’invidia ho preso spunto da Tommaso d’Aquino.

#RestiamoUmani

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