Iside di Piccaia. Tra estetica ed esoterismo
Giorgio Piccaia - Sistri - 2017 - olio su tela

Iside di Piccaia. Tra estetica ed esoterismo


di Manuela Boscolo

Perchè Iside?

Siamo abituati alla contaminazione che la storia e le leggende passate hanno avuto

sugli artisti contemporanei, ma solitamente è la mitologia greco/romana quella a noi

più vicina, quella "lecita" per un artista occidentale.

Iside è egizia di nascita, partenopea d'adozione. Il mistero l'accompagna. E il mistero

aggredisce le menti curiose che indagano, cercando di trovare risposte, di cogliere

l'attimo che fugge.

Piccaia ci porta in un viaggio attraverso culture lontane, miti antichi carichi di storie

appassionate ed allegorie che si tramandano il latente messsaggio che il mondo è

sempre più grande, i suoi valori si amalgamano come i colori di una tavolozza, e la

fine coincide sempre con un nuovo inizio.

A tal proposito il lavoro di Piccaia sul mito di Iside va oltre la definizione di

"interpretazione in chiave moderna" che solitamente accompagna la rivisitazione

etico estetica di un mito classico.

Iside è fortemente legata alla necessità della figura femminile come parte integrante

dell'Uomo:

è la Luna, anima che accompagna l'Io maschile.

La sua immagine rimanda ad una significanza empatica e mutaforme (tipica

dell'opera di Piccaia) ed é governata dall'allegoria dell'equilibrio che Iside/Osiride

concettualmente compongono.

Questa donna snella dai lineamenti fieri che indossa un copricapo a forma di trono e

brandisce in mano un anKh è la parodia della forza sacra e materna che sovrasta

ogni umano potere; il suo nome significa "trono", come il suo copricapo, come il

simbolo del livello maggiore, quello che veniva attribuito ai Faraoni.

Simbolo del potere universale, Iside viene spesso dipinta con il faraone bambino in

braccio mentre lo allatta.

Donna/amante, donna/madre, donna/ vita /protezione, Mater dei che impersonifica

tutto ciò che unico ed irripetibile é racchiuso nella complessa natura femminile,

impermeata dalle forti contraddizioni e per questo fonte di fascino.

Il mito narra di Geb (Terra) e di Nut (cielo) che generano quattro fratelli.

Narra di Iside (Luna) che si innamora del fratello Osiride (sole), del loro legame

indissolubile, forgiato su equilibrio, serenità, armonia.

Narra del fratello Set ( Caos) sposato all'altra sorella Nefti (Morte), del Male che

genera il Male, dell'invidia che lo porta ad uccidere Osiride e di come sparpaglia i

pezzi del corpo per tutto l'Egitto.

Narra di come Iside li cerchi, li trovi e lo riporti in vita.

Iside generò Horus (Oltretomba), il passaggio, la trasformazione, continuità ciclica

della vita stessa ed il suo aspetto intelligente, divino.

Tutto ciò sopravvive alla fine dell'egemonia Faraonica, e grazie al florido commercio

tra Alessandia ed il resto del Mediterraneo ( III sec a.c.), il mito si diffonde a macchia

d'olio anche in Occidente.

Templi dedicati al suo culto sono stati rinvenuti in tutta l'Italia meridionale: a Napoli

sono state titolate a Santa Maria Egiziaca due chiese (a Forcella e a Pizzofalcone) e

a Pompei è stato rinvenuto il più maestoso tra tutti i Templi di Iside, quello che ha

ispirato artisti di ogni epoca.

La sua figura diviene immensa, luminosa e va a coincidere con quella della Natura

stessa.

Mozart compose" Il flauto magico" per evocarne la magica bellezza e a partire dal

1700 la corrente dell'Illuminismo si appropria dei misteri isiaci per riproporli in

chiave moderna e laica, fondendoli con teorie e riti di una nascente Massoneria.

Il Principe di Sansevero si fece costruire una cappella personale identica al tempo di

Iside di Pompei.

"Eccomi qui, Lucio, commossa dalle tue preghiere: io madre della natura, padrona di tutti gli

elementi, origine delle generazioni, divinità somma, regina degli Inferi, prima dei celesti, immagine

uniforme degli dei e delle dee, io che governo ai miei cenni le luminose altezze del cielo, i soffi

salubri del mare, i silenzi desolanti dell'oltretomba. La mia divinità unica è venerata dal mondo in

varie forme, con riti diversi, sotto molti nomi........Presta dunque attenzione scrupolosa ai miei

ordini"

(Apuleio di Madadura, Le Metamorfosi/L'asino d'oro, XI,5. Traduz di G.Vitali)

Quando all'estetica si sovrappone l'astrazione concettuale del pensiero e della

pantomima che il pensiero stesso dà alla realtà che lo contiene e lo consuma, si

scopre come tutto possa divergere e come un'artista inquieto come Piccaia abbia

provato attrazione verso una sfida formale e polivalente come quella offertagli dal

mito di Iside.

Istintivamente abituato alla bi-polarità dei soggetti, alla visione complementare della

sfera umana ed alla sua (spesso ironica) rappresentazione, Piccaia estende la ricerca

ad un linguaggio differente, improntato al richiamo della vita, alla ridondanza

dell'elemento soggettivo ( le ossa, gli spiriti, le forme geometriche, la ritualià dello

spirito), alla ciclicità con cui ogni elemento è replicato.

La stessa ciclicità che il mito di Iside impone (Madre Natura/ciclo solare) quella che

genera movimento e cattura la sostanza nel suo enigmatico procedere, replicando il

fascino della cosa differente, sfuggevole, attraente, attraverso i rapporti possibili tra

psicologia esteriore, emotività ed impressione visuale, caratterizzazione formale di

ogni elaborazione interiore, sia essa intimamente personale che pubblicamente

condivisa.

La bellezza iconica e la continua ricerca di Piccaia sulla poetica del colore, associate

alla simbologia esoterica che accompagna la cultura egizia nel suo insieme , appaiono

prepotentemente sulle tele di Piccaia e definiscono un insieme maestoso, colorato,

delicato e vibrante ( Giardini/ Stanze di Iside ).

I rapporti tra forme e colori sono scapigliati in sequenze meccaniciste, de-atomizzati

di un Uno unico e solo, e rivelano, attraverso la delicatezza della scomposizione

astratta, i rituali legati al culto di Iside/Osiride, si propongono conseguenti ed allineati

alla simbologia del carattere, all'enigma della figura nascosta, alla forma trascendente

ed alla sua narrazione costante.

Non esiste epoca senza che l'allegorica mitologia, intesa come dialogante esempio di

verità, abbia imperato; prima come culto poi come replica interpretativa ed

esplicativa delle sue figure.

Da Caravaggio e Botticelli fino alle più recenti leve ( Jef Koons, Ursula Mayer,

Maria Lai, Damien Hirst, ecc), la mitologia propone i concetti puri e complessi che

compongono il patrimonio culturale di una data società, e per questo vengono

continuamente ripresi e rappresentati attraverso personalità, stile, estetica, etica,

sempre differenti: tracciano un percorso storico pregno della caratteriale di quel

preciso intento.

Anche per questo l'artista ama il mito classico. Rinnova il suo fare arte. Rivive la

storia prima di sè, fonde la propria conoscenza con altra differente, elabora in silenzio

una nuova forma che abbia in seno l'antico ed attuale confronto con l'esperienza.

Dopo l' Archetipo del lavoro su ceramica e la lunga ricerca a ritroso sulle origini del

colore, della materia, dei linguaggi visivi simili e concorrenti a frange dell' "Arte

Relazionale" tipicamente collocata intorno agli anni settanta, troviamo Piccaia

inanellato nelle lusinghe empatiche della stessa realtà che l'allegoria del mito gli

svela.

Bivalente ed ironica, Iside si moltiplica e modifica (Iside/Demetra, Iside/Venere,

Iside/Minerva), come infinite e spaziali sembrano voler esser le forme stellate, o per

meglio dire, pentastellate, che ricoprono le tele isiache di Piccaia.

Pittura fluida , magma vitale, intreccio di emblematiche forme che ricordano il Mito

ed Osiride, ma che paiono associarsi anche al mare, alla marea che corre coi suoi

truccioli raccolti e con la vita dentro; materie che si scompongono come linee di

fuoco in elementi astratti consecutivi che scorrono come la pellicola di un film che

proietta all'infinito.

Che di Infinito si tratta poi.

E la casualità domina sul Caos, ma ripete e si programma e si dota di un intelletto

superiore, che ne miscela le sorti in virtù di un'intenzione.

Linee e triangoli dorati omaggiano il sommo sapere, Deus ex machina, al di sopra di

tutto, come la musica di Kandinsky, la poesia di Mondrian, la sfrontatezza di

Pistoletto.

Dietro l'ironia, l'opera di Piccaia cela sfumature profonde e nasconde la madre di tutte

le forme: quella dell'inquietudine del sapere, del mostrare, tipica negli artisti

d'avanguardia, la cui strada non ha mai fine.

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