La banca locale in un settore in via di consolidamento: quale futuro e modello di business?
Articolo pubblicato sul numero speciale di FinancialInnovation.it - novembre 2016 - dedicato al tema delle banche territoriali. Nell'articolo presento alcuni risultati dell'Osservatorio AIFIn/MarketLab "Banche territoriali" ed alcune riflessioni sullo scenario di mercato e sulle priorità strategiche delle banche locali.
Le cause della crisi del settore bancario
Sono stati numerosi, nell’ultimo anno, gli articoli di analisti ed esperti che hanno cercato di spiegare le cause e i possibili effetti della crisi che sta attraversando il settore bancario.
Che il problema delle banche non fosse solo la patrimonializzazione è stato evidente dalle continue ricapitalizzazioni avvenute negli ultimi anni. C’è unanimità di consensi sul fatto che la principale criticità per il settore è oggi rappresentata dalla sua scarsa redditività: un sistema bancario che non riesce a generare utili rischia di perdere nel tempo la sua solidità. Inoltre in un sistema bancocentrico, come quello italiano, gli effetti di questa crisi potrebbero essere particolarmente rilevanti e dannosi per l’intera economia.
Ma quali sono state allora le cause che hanno portato il settore bancario a questa situazione? Su alcune gli analisti concordano: i bassi tassi di interesse, che hanno ridotto la principale fonte di ricavo delle banche commerciali, non compensata tuttavia da un adeguato sviluppo delle commissioni da servizi; la contestuale forte crescita delle sofferenze (NPL); la dimensione e la struttura dei costi operativi ed in particolare di quelli distributivi legati alla rete di filiali.
È indubbio che l’entità dello stock di sofferenze è da collegare ad una crisi economica che ha trovato tuttavia impreparate e messo in difficoltà moltissime imprese, considerando soprattutto alcuni limiti specifici del nostro sistema produttivo quali la dimensione troppo piccola delle stesse imprese, l’eccessivo uso del finanziamento bancario rispetto al capitale di rischio, i non adeguati investimenti in R&S e innovazione e la scarsa internazionalizzazione. Dall’altro lato, se è vero che il ruolo delle banche dovrebbe essere anche quello di sostenere l’economia in queste particolari fasi congiunturali, è presumibile che almeno una parte di queste sofferenze sia da attribuire ad errori di valutazione nelle politiche creditizie oltre a casi di vera e propria mala gestio.
C’è anche da chiedersi se alcune banche, durante la crisi, sotto la pressione di vari stakeholder, non abbiano svolto un ruolo che va oltre la propria funzione trasferendo nei bilanci le difficoltà dell’economia reale. Inoltre la rilevante quantità di Titoli di Stato italiani presente nei portafogli delle banche potrebbe diventare nei prossimi mesi la nuova criticità del settore in caso di scenari politici avversi e dei relativi effetti sul rischio paese.
Un recente Working Paper del Fondo Monetario Internazionale (“Profitability and balance sheet of Italian Banks”) ha fornito alcuni spunti di riflessione per uscire da questa situazione:
- presentare piani credibili per ridurre significativamente lo stock di NPL, anche perché il peso degli attivi deteriorati condizionerà sia la capacità di sostenere l’economia con adeguati volumi di impieghi sia la redditività dei nuovi crediti;
- le misure/iniziative che hanno aiutato ad affrontare il problema specifico degli NPL (garanzia pubblica sulla cartolarizzazione delle sofferenze, semplificazione delle procedure di recupero crediti, fondo Atlante) potrebbero non essere sufficienti;
- necessità di cambiare i modelli di business delle banche per renderli più efficienti attraverso la razionalizzazione delle reti di sportelli;
- sfruttare le sinergie realizzabili attraverso il consolidamento.
Proprio su quest’ultimo aspetto e sullo stato del settore bancario europeo è intervenuto recentemente, durante la conferenza ESRB, anche il Presidente della BCE Mario Draghi parlando esplicitamente di “overbanking” e “overcapacity”.
Banking dilemma
In questo scenario le banche italiane, di qualsiasi dimensione e tipologia, non possono sottrarsi ai cambiamenti in atto, considerando soprattutto la velocità degli stessi. Alcuni spunti di riflessione:
- Le recenti difficoltà incontrate da alcune banche italiane nel coinvolgimento di investitori istituzionali (dalle Good Bank ai prossimi aumenti di capitale di alcuni grandi istituti) rappresentano un segnale importante della “rischiosità” percepita di tali operazioni. Per attrarre capitali saranno probabilmente necessari ulteriori interventi per “ripulire” i bilanci, ma soprattutto fornire piani strategici ed industriali credibili e sostenibili. Le “soluzioni di sistema”, un tempo risolutrici di crisi specifiche, possono forse non essere oggi la scelta migliore. L’“assorbimento” di tali operazioni, non solo in termini patrimoniali ma anche gestionali, potrebbe ridurre la capacità competitiva di chi si farà carico di tale onere. In un contesto di mercato cosi dinamico, flessibilità e velocità sono oggi importanti quanto la solidità.
- Le banche vivono di fiducia e questo asset, ancorchè intangibile, non è una risorsa infinita. Oggi è ancora difficile valutare il danno reputazionale che l’intero sistema bancario ha subito dai recenti casi di mala gestio. Sarà necessario dare un segnale di discontinuità in termini di etica, trasparenza e riduzione dei conflitti di interesse. Al di là del rafforzamento dei sistemi di controllo e dei modelli di governance, le “singole” banche dovranno prevedere strategie specifiche sulla brand reputation e analizzare e monitorare attentamente il livello di fiducia e fedeltà della propria clientela.
- Un recente Occasional Paper della Banca d’Italia (“Euro area significant banks: main differences and recent performance”) evidenzia come i modelli di business più diversificati tendono a stabilizzare le performance rispetto ai vari cicli economici. Tuttavia cambiare i modelli di business non è né semplice né veloce da realizzare e in ogni caso richiederà da parte del top management visione strategica, innovazione e capacità di execution. Conciliare obiettivi strategici di lungo periodo così ambiziosi con quelli di breve, di carattere più commerciale, non sarà facile.
- Oltre a ridurre e valorizzare al meglio lo stock di NPL risulterà fondamentale migliorare le policy e le procedure di gestione del credito in una logica “meritocratica”. Se infatti il credito, soprattutto alle imprese, rappresenterà ancora una parte importante del core business delle banche commerciali questo non può che richiedere una conoscenza approfondita delle aziende e del loro business. Tuttavia accompagnare le imprese nella “crescita”, non solo dimensionale, dovrà diventare la vera missione delle banche. Sviluppare servizi a valore aggiunto richiederà nuove competenze e non è detto che le banche sappiano proporsi, meglio di altri attori, in questo ruolo “consulenziale”.
- È logico ipotizzare che la ricerca di economie di scala e di scopo, attraverso operazioni di M&A, potrebbe aiutare molte banche, soprattutto le più piccole, a migliorare la loro redditività e competitività. L’analisi empirica e la letteratura internazionale (Fiordelosi - 2007, Amel, Barnes, Panetta, Salleo - 2004) evidenziano che le operazioni di M&A tra banche commerciali, in passato, non hanno sempre determinato un miglioramento significativo dell’efficienza e in media non hanno generato valore sostanziale per gli azionisti. Tuttavia se la sfida della redditività per il settore bancario sarà legata al cambiamento dei modelli di business, e quindi alla capacità di innovazione, spesso durante le operazioni di M&A la priorità data all’innovazione stessa viene normalmente “declassata”. Non sempre il top management è consapevole del fatto che essere più grandi, nonostante aumenti la capacità di investimento e di assorbimento dei rischi, genera in molti casi diseconomie organizzative ed in particolare complessità che condizionano quindi la capacità e la velocità di innovazione.
- La relazione tra concentrazione del settore e concorrenza non deve essere data per scontata. Anzi dall’evidenza empirica (Casu, Girardone - 2005) emerge che i sistemi bancari più efficienti sono anche quelli meno competitivi. Un’adeguata concorrenza nel mercato è spesso un’antecedente e una precondizione dell’innovazione che normalmente si manifesta in maggior valore offerto alla clientela (innovazione di offerta) e/o in una riduzione dei costi dei prodotti/ servizi (innovazione di processo). Sul tema del consolidamento nel settore bancario si sta sviluppando negli Stati Uniti un filone di studi (“Ending too big to fail” - Federal Reserve Bank of Minneapolis) che evidenzia i rischi legati alla crescita dimensionale delle banche e ai costi sociali che le relative esternalità potrebbero generare in situazioni di crisi.
Il ruolo e il futuro della banca locale: i principali risultati emersi dall'Osservatorio AIFIn/ MarketLab
In tale contesto il tema del ruolo e del futuro della banca locale merita qualche riflessione sulla base dei risultati di un recente Osservatorio AIFIn/MarketLab in cui abbiamo intervistato 85 manager del settore (62% appartenenti a banche di piccola/ minore dimensione):
- Un primo ambito d’indagine è stato proprio quello di rilevare come il consolidamento del settore e la riduzione del numero di banche territoriali, piccole e minori, sia percepita non solo in termini di impatto sulla concorrenza nel settore bancario, ma anche sulla capacità dello stesso di rispondere alle aspettative/bisogni della clientela. Il 47% dei manager intervistati ritiene estremamente/ abbastanza positivo il processo evolutivo del settore in tal senso. La ragione risiede probabilmente nella rilevanza data, tra gli obiettivi strategici indicati per i prossimi 3/5 anni, alla ricerca di efficienza operativa ed efficienza/efficacia del modello distributivo.
- Solo il 10% degli intervistati crede tuttavia che le banche territoriali, piccole e minori, non abbiano un futuro nel nostro sistema bancario. Il campione si divide tra quanti ritengono possibile restare indipendenti e competitivi confluendo in un gruppo bancario, ma a condizione di mantenere un’adeguata autonomia, e quanti ritengono possibile un futuro di banca indipendente, ma trovando forme di cooperazione e collaborazione con altre banche locali indipendenti alla ricerca di sinergie (economia di scala e/o di scopo).
- L’innovazione (47%) e la responsabilità sociale d’impresa (45%) sono entrambe considerate priorità strategiche primarie: velocità, semplicità, digitalizzazione e social sono le keyword principali indicate per la prima; trasparenza, etica, attenzione e vicinanza sono quelle principali indicate per la seconda.
Le sfide strategiche per le banche locali
Uno dei possibili rischi della concentrazione del settore e dell’eccessiva crescita dimensionale delle banche è quello di alimentare un “gap” tra offerta e domanda, soprattutto nei rapporti tra banca e piccola-micro impresa.
Riteniamo che il mercato abbia bisogno non solo di un settore bancario solido ma anche concorrenziale e soprattutto di una pluralità di intermediari bancari (per dimensione e tipologia) e quindi anche delle banche locali le quali, al netto di alcuni errori strategici (la crescita eccessiva del numero di filiali e la contestuale penetrazione di nuovi territori, la maggiore esposizione verso imprese più grandi) hanno dimostrato durante la crisi la loro importante funzione economica e sociale.
Non ci sono ricette (modelli di business) già pronte da adottare e che vadano bene per tutte le tipologie di istituti. Le banche locali tuttavia non possono sottrarsi ai cambiamenti in atto nel settore e alle relative sfide. Alla “tradizione” dovrà ora realmente affiancarsi la capacità di innovazione soprattutto digitale e di marketing.
Sono necessarie, anche per il top management di queste banche, visione strategica e capacità di execution.
La crescita dimensionale non è l’unica soluzione per recuperare redditività. La flessibilità e la velocità sono leve importanti quanto le economie di scala. Molto dipenderà dal modello di business che si intende scegliere e sviluppare. La cooperazione e la coopetition possono essere soluzioni strategiche efficaci per le banche locali, soprattutto in un modello di “Open Banking”.
Per questa tipologia di banche inoltre la funzione obiettivo di creazione di valore per gli stakeholder deve essere massimizzata partendo dall’ascolto dei portatori di interesse per evitare che l’evoluzione auspicata della mission da “banca locale” a “community bank” sia solo un concetto strategico poco definito. Nell’Italia dei “mille campanili” gli elementi valoriali aggreganti e fiduciari sono ancora e spesso collegati a “fattori di origine” quali la famiglia, le relazioni sociali ed economiche con i territori di riferimento. La prossimità quindi può rappresentare per le banche locali ancora una leva competitiva importante se integrata ad una strategia di sviluppo di “territori e relazioni digitali”.
Infine un importante driver di differenziazione per la banca locale dovrà essere “l’impegno sociale” che evidentemente non deve essere solo uno “slogan” e non si deve esaurire nella redazione di un bilancio di sostenibilità, nel devolvere a cause di interesse collettivo un’aliquota dei propri profitti, nel sostenere iniziative in ambito culturale, scientifico, ecc. La Corporate Social Responsibility dovrà diventare una delle principali leve strategiche con l’obiettivo di acquisire reali vantaggi competitivi e perseguire la sostenibilità di lungo periodo per la banca locale e per il relativo territorio. Lo sviluppo di nuove value proposition “etiche” (ad esempio dal credito finalizzato agli investimenti “green” all'economia circolare, dai social bond al crowdfunding, dal microcredito al sostegno al no-profit, ecc.) possono rappresentare innovazioni coerenti con tale approccio strategico.
Sergio Spaccavento
Presidente AIFIn e Managing Partner, MarketLab
Consulente per lo sviluppo organizzativo e formatore professionista
7 anniMolto interessante! " ... la funzione obiettivo di creazione di valore per gli stakeholder deve essere massimizzata partendo dall’ascolto dei portatori di interesse per evitare che l’evoluzione auspicata della mission da “banca locale” a “community bank” sia solo un concetto strategico poco definito..." questa è la sfida distintiva per le BCC.
Presidente Fondazione Monte Pruno -Gia’ D.G. Banca Monte Pruno
7 anniBellissimo articolo. Condivido