La cattiveria dei numeri primi

La cattiveria dei numeri primi

Sto ripensando ad un titolo di un libro, anche poi film, geniale (il titolo): la solitudine dei numeri primi.

In realtà trovo più geniale la trattazione su quanto non fossero poi così solitari i numeri primi, fatta dal professor Odifreddi in un seminario all'università anni fa.

Che poi in quella occasione scoprii di Ramanujan e della dimostrazione che la somma di tutti i numeri interi fa -1/12 😂. Un genio... e non sto scherzando.

Però per quel titolo ho letto il romanzo e visto il film... e posso dire che è molto meglio il titolo che il libro ed è molto meglio il libro che il film...

Era di fatto l'alba dei clickbait e da lì in poi misi nel mirino i titoli, le copertine ed anche i brevi video che accompagnavano l'uscita di un libro, come un trailer i film. Grazie a Giordano e al suo editore, mi appassionai di uno dei principali meccanisi delle fake news: il titolo.

Il resto era facile, ero appassionato da sempre di leggende metropolitane e catene di sant'antonio...

Ma, come il penny di zio Papreone, per me questo titolo rappresenta la numero 1 e lo porto sempre con me.

Giorni fa ho rivisto con piacere la lezione del prof. Odifreddi su youtube e ho pensato che basti modificare un po' quel titolo per descrivere i nostri tempi: la cattiveria dei numeri primi.

Veniamo a perché.

Il professore ha dimostrato che i numeri primi non sono soli, manco per niente, hanno somma infinita e se lo fossero questa sarebbe finita, come quella delle potenze del 2.

Hanno però una caratteristica ben precisa: non si toccano mai, tra di loro c'è almeno un numero pari che li tiene separati.

Ragioniamo un secondo.

Oggi, protetti dai social, ci isoliamo mentalmente l'uno dagli altri. Il problema non è di mancanza di fisicità, quella esiste ancora ed è ben presente e mai ne potremo fare a meno. Ciò che è davvero successo è che ci siamo separati mentalmente gli uni dagli altri. È il dialogo a mancare, la voglia di ascoltare, di confrontarsi.

Siamo più cattivi e radicalizzati sule nostre idee e questa cosa è la vera droga dei social.

Possiamo coltivare le nostre idee (giuste o sbagliate che siano) al sicuro da critiche e con una falsa approvazione e le nostre idee diventano il fulcro di tutto. Siamo disposti ad aggredire per le nostre idee, anche ad uccidere e a fare del male. Si pensi al famigerato pizza gate.

E siamo soli, già perché ci sono due meccanismi che ci fanno pensare di essere al centro del mondo, quando invece non lo siamo.

Da un lato i social che ci isolano su quella idea, alimentando in noi la falsa convinzione che sia verificata e vera.

In poche parole, banalizzando, noi per ciò che esprimiamo prendiamo dei like, ma per quanti ne possiamo prendere sono sempre infinitesimali rispetto al mondo, eppure ci appaiono tanti, spesso tutti, di sicuro sufficienti a dimostrarci quanto siamo nel giusto.

Perché il social ci incita a continuare e ancora e ancora e ci illustra quei numeri come di successo.

I numeri non raccontano un fatto incontrovertibile, vanno confrontati, vanno contestualizzati, vanno interpretati. E il social ci confezione una interpretazione di quei dati centrata su di noi, sul nostro ego.

Ma per quanti ne potremmo mai avere, siamo relativamente soli, a sostenere quell'idea. La somma dei nostri like, scusate l'analogia ardita, non è infinita...

Sono pochi e non solo, ciò che diciamo e che scatena un like, non lo scatena per ciò che diciamo, ma per l'interpretazione che chi lo mette ha, della nostra idea.

Anche lui è sottoposto all'autosostentamento delle proprie idee che applica il social e il like è messo nell'ottica di avere un seguace alla propria idea che è differente rispetto alla mia.

Perché è insita in noi (e siamo al secondo punto) la tendenza di far ragionare tutti secondo il nostro metro di giudizio,. E' sempre stato così. La differenza è che oggi abbiamo tutti i mezzi per portrla all'ennesima potenza. Oggi è drogata.

Sto blastando con un fake tutte le discussioni su covid e guerra in Ucraina da due anni e vedo che non si legge minimamente il commento dell'altro... si ha in testa un percorso di azione e reazione che si porta avanti senza sosta, finendo per discutere con se stessi.

Sì ho un fake e sì sono fuori le policy che ho firmato con facebook, per tanto non ho bisogno di fare post intimando a fecebook di non usare il mio materiale è fake tanto quanto il profilo che lo scrive.

Ma la volete la cosa più bella? A facebook non gliene frega nulla e di questo gli sono grato (grazie facebook), e il perché è presto detto (e questo è ciò che davvero è preoccupante) nonostante io agisca e mi comporti il più possibile come si comporterebbe il fake che ho in testa... tanto da ingannare praticamente tutti gli umani, giornalisti compresi, non inganno minimamente facebook che mi presenta molte pubblicità centrate su i miei reali gusti.

Eì vero, spesso sbaglia, ma questo dovrebbe essere normale, ciò che mi spiazza è che altrettanto spesso azzecca e questo è un segnale preoccupante: le ai sono più furbe di me.

Ma torniamo a noi.

Siamo mentalmente numeri primi e siamo cattivi.

Fulvio Catto

Product Lifecycle Management Expert - Enterprise Architect

2 anni

Nota di colore: il titolo non venne deciso dall’autore ma fu una felice invenzione dell’editor di Mondadori

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