La coppia risarcita da una compagnia aerea per “danni da stress”

La coppia risarcita da una compagnia aerea per “danni da stress”

Hanno atteso di avere giustizia per 12 anni, ma alla fine una coppia di pisani ha vinto la causa: un Tribunale ha stabilito un risarcimento di 3mila euro come rimborso simbolico per una vacanza rovinata in Indonesia


A nome di tutti coloro che da anni sopportano overbooking, cancellazioni, ritardi, scioperi, orari assurdi e angherie assortite dalle compagnie aree, un sincero grazie va alla coppia di Pisa che dopo 12 anni di attesa si è vista riconoscere un risarcimento morale dal Tribunale.

Il valore della faccenda non sta nella cifra - si parla di 3mila euro più interessi, comprensivi di quelli che il giudice ha definito “danni da stress” - ma nel principio, che ricorda le mitologiche sfide di quelli piccoli contro i grandi, quei colossi contro cui gli avvocati stessi consigliano spesso di lasciar perdere, pena perdere tempo & denaro.

Ma quei due no, hanno deciso di andare avanti fino ad arrivare in un’aula del Tribunale di Pisa.

Un’attesa lunga 12 anni, necessari per aspettare i tempi rarefatti della giustizia italiana, che parte quando può ma prima o poi arriva. Quasi sempre.

La vicenda della coppia di eroi – che hanno preferito l’anonimato, rinunciando probabilmente al premio di “turista indomito” - inizia nel lontano 2012, roba che in genere devi fare uno sforzo per ricordare dov’eri stato quell’anno e nelle foto quasi non ci si riconosce più. Quell’anno, i due avevano deciso di regalarsi un viaggio in Indonesia, lo splendido Stato insulare del sud-est asiatico, Paese di spiagge, vulcani e giungle affollate di oranghi e tigri. Dodici giorni, neanche tanti, comunque sufficienti per lasciarsi il proprio mondo alle spalle e far respirare gli occhi e la testa.

Ma che quel giorno il destino si fosse messo di traverso era diventato chiaro fin dall’inizio, con il volo che fra ritardi, annunci e hostess dall’aria da professoressa di latino il giorno dell’orale di maturità, era atterrato a Giacarta 24 con ore di ritardo dopo essere partito una vita precedente dall’aeroporto Amerigo Vespucci di Firenze.

Vabbé, dai - è facile immaginare che si sano ripetuti a vicenda i due per rincuorarsi - siamo in vacanza, sorridiamo. Ma era soltanto l’ultima dose residua di ottimismo, quella che si è consumata quando i giri del nastro della sala ritiro bagagli hanno raggiunto inutilmente quota 10, poi 20 e infine 30. Istante in cui è diventato chiaro e limpido che le loro valigie avevano scelto di passare i 12 giorni di vacanza da un’altra parte. Diciamo così.

Nell’ordine, era seguito un assaggio della burocrazia indonesiana, neanche paragonabile a quella a cui sono abituati gli italiani, ma comunque in grado di scartavetrare ancora di più quella roba lì.

Due ore e più dopo, la coppia finalmente arriva in albergo, che non è affatto male, peccato non potersi cambiare neanche le mutande e la maglietta, o provare a lavarsi i denti e spruzzarsi un po’ di deodorante. Prima ancora di pensare al cocktail di benvenuto e a quante spezie usano sti’ indonesiani in cucina, i due partono alla ricerca di un centro commerciale qualsiasi dove poter comprare lo stretto necessario per assicurarsi un minimo di igiene personale, tanto le valigie arriveranno presto: fra inchini e suoni gutturali l’hanno assicurato gli impiegati dell’aeroporto mettendo in scena qualcosa di vagamente simile ad un ‘giurin giurello’ in chiave asiatica.

Ogni giorno, come la storia della savana in cui la gazzella che deve pensare a sfuggire al leone e il leone a non farsi sfuggire la gazzella, i due chiamano l’aeroporto e si sentono rispondere che dei bagagli ancora non c’è traccia: “besok”, ripetono quelli, che basta poco per capire significhi “domani”.

Ma i besock si accumulano, fanno numero e raggiungono quota 8 giorni, quando finalmente i bagagli arrivano, abbronzati e felici: peccato manchino solo tre giorni prima di dover risalire sull’aereo con destinazione Firenze.

Tornati a casa, i due bussano alla porta di un avvocato e raccontano tutto quello che ha reso indimenticabile la loro vacanza. E quello va avanti per la sua strada fino a pochi giorni fa, ben dodici anni dopo - quando perfino l’Indonesia non è più la stessa di allora - giorno in cui un giudice del Tribunale di Pisa ha condannato la compagnia aerea al risarcimento.

Questa storia non ha una morale, ma un po’ di quel risarcimento morale va condiviso di diritto con quanti nel corso della loro esistenza si sono trovati a vivere episodi vagamente simili. È un pizzico di giustizia che finalmente si fa strada in un mondo cinico, e mette la voglia di sperare nel futuro: perché dopotutto, besok è un altro giorno.

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