LA DIDATTICA DELL'UTERO E LE COMPETENZE DI LETTURA ED AFFETTIVO-RELAZIONALI
Sappiamo oggi che la mente umana, con le numerose funzioni che la distinguono, è il prodotto della comunicazione fra gli individui e non mera massa biologica.
Quando infatti i ‘sapiens’ sono passati dai segni alle parole - per esprimerli meglio e comunicarli agli altri-, e in seguito alla scrittura ricorrendo all’’homo symbolicus’, hanno fatto un enorme balzo in avanti nella loro evoluzione, arrivando sino ai giorni nostri e all’uomo del terzo millennio.
Quando il bambino è nel grembo materno, è già possibile che memorizzi la voce della madre e impari - un apprendimento di certo informale -, a riconoscerne l’intonazione, il ritmo, la durata e l’accento; ovvero quelle proprietà del linguaggio che chiamiamo prosodiche.
Tenendo a mente questa sorta di ‘apprendimento uterino’, la pratica della lettura in famiglia, meglio se condivisa, fa maturare nel cervello perinatale le aree coinvolte nelle attività del linguaggio come la regione temporale superiore, quella inferiore e le regioni parietali inferiori ma sempre con una netta prevalenza nell’emisfero sinistro.
La ‘lettura condivisa in famiglia’ aumenta di fatto la massa del tessuto neurale complessivo a disposizione, e, prima ancora di imparare a leggere e scrivere, facilita nel bambino intorno al primo anno di vita l'apprendimento di quegli elementi di fonologia e di segmentazione che costituiscono i presupposti stessi (per questo predittivi) della lettura.
Elementi che verranno più analiticamente approfonditi attraverso un insegnamento formale e esplicito fra i bachi della scuola.
Anche la comprensione della narrazione, la capacità di immaginare quanto di ascolta (mental imagery), il numero delle parole del vocabolario personale, ancora la memoria e le altre funzioni esecutive, sono tutte direttamente proporzionali alla ‘qualità’, alla ‘durata’ e alla ‘precocità’ della ‘lettura condivisa in famiglia’, tant’è che quando vediamo i bambini incantati ad ascoltarci possiamo ipotizzare che essi stiano visualizzando, comprendendo e immagazzinando quanto diciamo loro.
Per non parlare poi della capacità di immedesimarsi nei personaggi delle storie, di diventare resilienti nelle avversità, insomma di mettere in risalto quel primato dell’intersoggettività che tanto contraddistingue la nostra specie.
(Cfr. F.P. Romeo, Appunti di ricerca psico-pedagogica, febbraio 2020)