La digitalizzazione dell'intelligenza

La digitalizzazione dell'intelligenza

Sentiamo ogni giorno parlare di Intelligenza Artificiale e di quanto le sue applicazioni rivoluzioneranno il modo di vivere.

Voglio per una volta porre l'attenzione a quanto quello che stiamo evolvendo digitalmente sia differente da quanto sia stato dato in dotazione all'uomo dal suo percorso evolutivo.

Innanzi tutto stiamo facendo sforzi immani di reverse engineering di un organo, il cervello, che non abbiamo ancora compreso a fondo. Ogni volta che pensiamo di averne capito qualcosa emergono nuove scoperte che rimettono in discussione tutto.

Il cervello è a risorse finite, duttile e campione di ottimizzazione. Lo deve necessariamente essere in quanto il suo funzionamento è già estremamente dispendioso rispetto al resto del corpo (mediamente 10 volte più degli altri organi a parità di peso).

Di questa capacità abbiamo cominciato a comprendere qualcosa: sappiamo ad esempio che, a differenza delle macchine, è quasi più impegnato a selezionare cosa dimenticare che a ricordare, attività molto più faticosa, e che lavora continuamente sulla qualità e rinforzo dei dati appresi grazie anche al supporto del sonno.

Sappiamo inoltre che è estremamente dinamico nell'accendere e spegnere le zone deputate alle diverse funzioni per massimizzare l’efficacia di adattamento alla sopravvivenza a fronte di una ristrettezza di risorse energetiche.

Se le risorse fossero infinite non sbaglieremmo mai strada mentre stiamo parlando al telefono in macchina.

Per rimanere sul parallelo cervello computer si pensava fino a non molto tempo fa che i dendriti dei neuroni fossero semplici collegamenti elettrici verso il soma (che possiamo paragonare al nodo di una rete neurale); oggi sappiamo che hanno un'attività elettrica propria estremamente fluttuante in grado di cambiare in modo dinamico il peso degli input mettendo in crisi il modello di buona parte delle attuali reti neurali.

Pensate inoltre all'importanza dei neuroni specchio che contribuiscono al "contagio" delle emozioni tra individui anche a distanza.

E’ stato teorizzato che il cervello sia la somma di tre cervelli coesistenti evolutisi in sequenza: primitivo, intermedio e superiore.

Ognuno di questi cervelli collabora e contribuisce al comportamento. Pensate alla capacità di condizionamento che ha sulle vostre decisioni il cervello primitivo. Nel momento in cui incontrate una persona in una frazione di secondo la inquadrate inconsciamente in una categoria che potrebbe, ad esempio, essere "nemico". Tutto quanto accadrà dopo sarà necessariamente influenzato da quella flebile vocina ancestrale che vi ha detto che siete di fronte ad un individuo ostile.

Oppure possiamo prendere l'esempio di un cagnolino: un computer vedrà, con grande impiego di risorse e dopo essere stato istruito probabilmente da migliaia di esempi, un cane o un muffin, mentre il nostro cervello intermedio ne identificherà le caratteristiche di un essere da proteggere e come tale influenzerà il nostro comportamento nei suoi confronti.

Ma allora cosa avrà mai a che fare tutto questo con l'intelligenza artificiale?

Semplice: non è (ancora?) implementato. L'intelligenza artificiale oggi riguarda soprattutto il cervello superiore e le sua capacità di analisi, decisione e previsione.

E' quindi importante capire cosa vogliamo aspettarci, almeno a breve termine, dall'intelligenza artificiale. Potrà essere, anzi lo è già, facilmente superiore in capacità alla nostra in ambiti specifici, ma dobbiamo per il momento accettare il fatto che sia diversa e non sottovalutarlo.

Questa diversità comporta sia benefici che rischi: l'assenza dei due substrati ancestrali dota l’intelligenza artificiale di un punto di osservazione ed analisi scevro da preconcetti in grado di contribuire ad un potenziamento enorme delle capacità del nostro cervello superiore ponendosi al nostro fianco nell'evoluzione.

Il rischio è che questa versione differente di intelligenza venga fatta evolvere in una direzione divergente ed indipendente dalla nostra e che arrivi ad elaborare nuove logiche tali da prendere decisioni potenzialmente in conflitto con i nostri interessi.

Arriveremo ad avere una nuova linea evolutiva? Per adesso dipende ancora da noi.

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