La Divina Connessione
(fonte lefrasi.com)

La Divina Connessione

(Vedere del buono - Fare del bene - Creare del bello) #euomo

Sono dell’era pre-Internet, almeno secondo il parere di mia figlia Sofia, di undici anni, quando vuol prendermi in giro, facendomi sentire “l’uomo di Offline”, ominide di collegamento tra l’homo sapiens e l’homo deus.

Questa condizione generazionale però, mi ha permesso di vedere la crescita ed evoluzione del mondo informatico, da un microprocessore IAPX86 da quattro registri a 16 bit, che programmavo a scuola (nei lontani anni ’80) con il linguaggio assembly, fino alle meraviglie dell’intelligenza artificiale e computer quantistico con processore da 28 qubit e oltre.

In questa, immeritata, opportunità temporale che ho vissuto, osservare il passaggio da un mondo “analogico e materiale” a un mondo “virtuale e interattivo” è stato quello che mi ha incuriosito e formato maggiormente; motivandomi a studiare e comprendere sempre più l’impatto tra le due dimensioni e sull’essere umano; fino ad arrivare alla nostra realtà attuale, ben descritta dal filosofo Luciano Floridi con il termine OnLife, in cui la dimensione vitale e relazionale è in continua interazione tra i due mondi, in tutte le sue declinazioni: economiche, lavorative, sociali e comunicative.

Le ultime generazioni, sono immerse nella dimensione appena descritta e nonostante critichiamo i loro comportamenti e l’eccessivo utilizzo dei dispositivi digitali, anche noi delle generazioni precedenti, caschiamo nelle medesime trappole mentali. Ci alziamo al mattino e controlliamo entro i primi cinque minuti le nostre: email, i nostri social, whatsapp o istagram ecc… secondo una recente indagine statistica, noi adulti passiamo, alternandoci tra televisione, smartphone, tablet e computer, una media di sette ore e mezza davanti a un video con picchi, in alcuni soggetti, di diciassette ore circa.

Oltre, ovviamente, alle preoccupazioni per la salute dei nostri occhi, sento parlare molto dei pericoli connessi a ciò che guardiamo tutti noi: sui social, in internet, che si trovano “sul WEB”, come se il WEB fosse un Girone infernale Dantesco poco definibile, in cui tutti i mali convergono.

Se proprio dovessi fare un paragone con la Divina Commedia, azzarderei più a indicare il WEB, questo “mondo vasto di ragnatele telematiche”, piuttosto come Cornici dantesche del Purgatorio, in cui il sommo poeta, probabilmente sotto l’ispirazione della Magna Moralia di Papa Gregorio Magno, fa confluire i sette peccati capitali: superbia, invidia, ira, accidia, avarizia, golosità e lussuria; che credo abbia una discreta rappresentanza on line, con conseguenze che ben conosciamo.

Scrivo questo, perché internet non è il male, ma è l’utilizzo che se ne fa a dar la direzione, le persone e i loro vizi capitali che contribuiscono ai contenuti, sono quelli che arrecano danno all’immagine di un mondo finito, dalle infinite possibilità.

Mondo finito, perché Internet è fatto dagli uomini. I contenuti, le immagini, sono frutto di un lavoro assiduo di persone, alcune delle quali studiosi e ricercatori, altre semplici schiavi del clic citando un libro del sociologo Antonio Casilli, manodopera utilizzata per leggere e filtrare: informazioni, commenti, grafici e disegni, foto e schemi, in modo da aiutare il “fantomatico algoritmo” ad apprendere sempre più da noi (su di noi) e talvolta per influenzare volontariamente il nostro percorso digitale.

Ebbene sì, noi siamo parte del fantomatico algoritmo “Neo, sveglia…tu sei Matrix”

citando, ironicamente, Morpheus dal film Matrix; noi siamo causa dei bisogni, che auto alimentiamo attraverso la nostra smania di utilizzo dei devices (dispositivi) volendo usare il gergo informatico, fornendo dati permettiamo a questo mondo finito di continuare a crescere e modificarsi all’infinito, fornendoci infinite possibilità e alternative…

…e cos’è la realtà, secondo filosofi e fisici quantistici, se non la creazione della coscienza (leggi consapevolezza) che parte da una nube infinita di possibilità?

In questa dimensione OnLife, dove interagiamo tutti, creiamo le nostre realtà, abbiamo una visione di girone o cornice, cerchio o quadrato, di ciò che possiamo fare o temere, in un mondo bidimensionale fatto di due lati: reale e virtuale.

Poteva rimanere tutta qui la mia osservazione della nuova era digitale, ma non mi sono accontentato, come ogni essere umano, ho bisogno di sfide. Mi sono chiesto: “ se esiste una visione del WEB bidimensionale, allora può esisterne anche una tridimensionale, che ancora non vediamo?”, cercando di imitare, umilmente, molto umilmente, l’approccio che ebbe Einstein con la realtà e che lo portò a dimostrare che, con le tre dimensioni dell’uomo, interagiva una quarta, il tempo. La domanda è nata spontanea: “Cosa interagisce con le due dimensioni reale e virtuale?”. *

Come nel paradiso dantesco, dove la realtà viene svelata al sommo poeta attraversando gironi infernali, cornici del purgatorio, per arrivare ai Volumi del paradiso, dove tutto è sferico, tridimensionale, dove si acquisisce un livello superiore, che non esclude le altre realtà esistenti (inferno e purgatorio), ma le completa andando oltre, dove emerge l’infinito che può generare la meraviglia, il buono e il bello di una nuova dimensione melodica alle altre.

Nel WEB, questa dimensione che rimane un po’ celata, ma che pur interagisce con il reale e il virtuale, che può farci vedere il buono e il bello di questa nuova era digitale è la terza dimensione, quella spirituale.

Ora, qualcuno potrebbe pensare all’ennesima lezione di “catechismo digitale”, ma la realtà è ben diversa. Spirituale deriva da spirito che ha origine dal latino e significa “soffio, respiro” e respirare è ciò che ci rende vivi, “un respiro palesa ciò che celar vorrei” scriveva il poeta Giusti, così è per noi, smentiamo che non esista qualcosa che va al di là del materiale e virtuale, appena ci accorgiamo di respirare.

Certo, anche un animale o una pianta respira, ma solo noi essere umani ci accorgiamo e siamo consapevoli di farlo, ne abbiamo coscienza. Questa coscienza è il cardine tra l’uomo e la macchina, tra l’online e l’offline, o come direbbe don Luca Peyron, quello che fa emergere l’umano nell’infosfera.

Ecco la chiave di svolta, la consapevolezza o, dicendola in modo apostolico, la coscienza.

Perché il WEB non è ne male ne bene, è semplicemente un luogo, un ambiente in cui si può avere infinite possibilità di relazioni e connessioni, distruttive o costruttive, ma la scelta rimane sempre dell’uomo. E’ nostra responsabilità, come prosumer (unione di producer + consumer), produttori e consumatori nel WEB cercare di mantenere l’umano, la coscienza all’interno dell’infosfera.

Già nel 1989 un relatore ad un convegno di pubblicisti parlando della comunicazione, perché è di questo in fondo che parliamo, il WEB è luogo di relazione e comunicazione, non tangibile ma percepibile; affermava che “non si tratta di combattere bassi valori etici, molte volte è un problema di bassi livelli professionali e di sciatte abitudini di lavoro. Il semplice fatto è che: è più facile distruggere che costruire; più facile deprimere che ispirare; più semplice istillare odio che amore; disperazione che speranza; in breve, è più facile ottenere un riflesso con un martelletto che accendere la fiamma di una vera, durevole passione”.

Questa intuizione, Divina scriverebbe il sommo poeta per sottolineare l’umile ruolo che si ha come messaggero, ci muove a cercare di vedere e far vedere, non le nubi di difficoltà e pericoli nell’infosfera, che esistono senza alcun dubbio ed e giusto avere persone che se ne occupino, ma le altrettante importanti realtà da promuovere e rivelare, soprattutto alle nuove generazioni, a cui sono palesemente nascoste in bella vista, davanti a loro, tutti i giorni.

Potremmo dire, facendo un paragone, come il Sole nascosto al loro sguardo dietro le nuvole, che esiste a prescindere dalla situazione atmosferica.

Il Sole che esiste nell’infosfera, nel WEB, si chiama: opportunità, possibilità di costruire e crescere insieme, relazioni sane, connessioni genuine, speranza e anche amore, verso se stessi e il prossimo. 

Dobbiamo impegnarci umanamente a guardare dietro alla patina di scenografie invitanti, create per portarci nel mondo dei balocchi e come Pinocchio trasformarci in asini “digitali”, cioè più impegnati a consumare “candies and games” che a comprendere il mondo in cui ci muoviamo.

Dobbiamo fare attenzione ai pericoli, ma non perdere la speranza e i valori umani che ci possono guidare nella nuova era e vivere questa nuova dimensione come un dono dalle infinite possibilità per vedere del buono, fare del bene e creare del bello.

Diventa quindi prioritario conoscere e far conoscere cos’è questa nuova dimensione OnLife, per smontare le leggende e credenze sul WEB, che sembrano trasformare: un insieme di schemi e istruzioni chiare per risolvere delle classi di problemi (leggi algoritmo) in un essere vivente consapevole; l’intelligenza artificiale in un uomo; paragonare il contatto in un social con un’amicizia; un’informazione in notizia o quindici secondi di immagine in una storia.

Una volta compresa la banalità dell’ignoranza, parafrasando il saggio “la banalità del male” di Hannah Arendt; potremmo incominciare a costruire e vedere oltre le nubi, perché, citando la frase di Sam, dal film Il Signore degli anelli:

C’è del buono in questo mondo, padron Frodo; è giusto combattere per questo”.

Chiamo banalità dell’ignoranza, perché trovo un’interessante similitudine con il saggio di Hannah Arendt. L’autrice, che partecipa come inviata del New Yorker al processo di Adolf Eichmann, un gerarca nazista accusato di crimini contro l’umanità, spiega come in seguito abbia compreso che la maggior parte dei tedeschi che si resero corresponsabili dell’Olocausto, in realtà non fossero spinti da indole malvagia, da un male interiore, ma piuttosto dall’ inconsapevolezza (leggi senza coscienza) di cosa significassero le proprie azioni.

Evitando da subito ogni legame con l’evento storico al quale si riferisce il libro di Hannah Arendt, trovo però molte similitudini comportamentali con chi semplicemente naviga nel WEB o/e in chi produce contenuti, che molte volte ignora e in modo banale, non si rende conto di cosa possa implicare ogni sua singola azione in questa nuova dimensione OnLife, ecco la banalità dell’ignoranza.

La nostra vita OnLife, ha continue relazioni umane trasformate in connessioni nell’ Infosfera. Ogni nostro commento, ogni nostra azione, anche semplicemente un “mi piaci” o una foto caricata, confluisce in un melting pot che costruisce la realtà, difficile da governare.

Con questo non intendo dire che ci deve essere un organo di controllo superiore, come in passato poteva essere un ordine dei giornalisti o lo Stato stesso, per “controllare” o “filtrare” e “negoziare” la notizia/informazione da rendere pubblica; abbiamo già commesso questo errore, che talvolta ci è costato la libertà per un certo periodo. Siamo ormai in un’epoca in cui la complessità del modo di comunicare e dei mezzi di comunicazione non è governabile, ma è gestibile con il contributo di tutti.

Bisogna educare alla coscienza, alla consapevolezza. Ogni individuo che crea un messaggio, o ne veicola uno, deve essere consapevole delle modifiche che il suo commento o parere su di esso può portare alla costruzione del messaggio collettivo che la comunità adotterà, alla fine, come suo.

La consapevolezza non si deve fermare però qui, dobbiamo anche essere coscienti del nostro interlocutore e della narrazione da adottare per mantenere il messaggio il più coerente possibile alla realtà rappresentata che ha dato origine ad esso.

Stiamo parlando di far attenzione a non creare o farci creare frizioni cognitive, che ci portano ad accettare tutto, a veicolare tutto per pigrizia mentale, il pericolo attuale infatti è l’abbondanza di informazioni che ci porta inesorabilmente ad un’obesità mentale.

Lo scopo di avere i valori umani nell’Infosfera è proprio quello di allenarsi a discernere e trovare i messaggi meritevoli di ascolto, quelli che nutrono pensieri costruttivi e portano ad azioni nel reale.

Quindi i passi da fare nell’infosfera, nella vita OnLife sono: cercare di vedere e far vedere il buono, la “materia prima” che ha bisogno dell’uomo, che con le sue azioni la formerà e trasformerà per fare del bene, questo perché la collettività possa vedere il bello

Come non poter concludere allora l’articolo con un collegamento con il romanzo L’Idiota di Dostoevskij, dove il principe Miškin afferma “La bellezza salverà il mondo”.

Il bene è tutto ciò a cui viene attribuito: valore, pregio e dignità, offerto incondizionatamente a tutti gli esseri viventi, che nella perfetta compiutezza del suo essere o nel suo valore morale, ci ispira e ci attrae e ci eleva, formando con la bellezza un legame indistruttibile, percepibile, ma non afferrabile, sia esso di carattere materiale o spirituale. Ne deduciamo che possiamo declinare ciò appena scritto, nella realtà quotidiana di ognuno di noi, vuol dire cercare nel Web fonti di apprendimento e collegarle con quelle del passato (libri e racconti tramandati oralmente), usare app e social per comprendere e non solo per essere informarti, allontanare ed eliminare, dal nostro interagire giornaliero con i devices, tutte quelle fonti che non contribuiscono a farci vedere il buono, che bloccano o non ci ispirano a fare il bene e che, per tali motivi, non ci permettono di realizzare bellezza, nelle cose materiali, nel mondo virtuale e in quello spirituale, per noi stessi e per chi si relaziona con noi. Possiamo concordare la ragione finale nel pensiero espresso dal filosofo Pseudo Dionigi Aereopagita con la frase: 

“ Dio (che è Bene) ci concede di partecipare alla sua propria Bellezza”.

Dobbiamo divertirci nel Web, ma in modo costruttivo. Divertirsi deriva dal latino “vertere - deviare”, dobbiamo quindi volgere altrove il nostro sguardo e vedere le infinite possibilità a disposizione per realizzare con coscienza (consapevolezza) il bene.

Non è una visione solo cristiana, ma è una richiesta dell’umanità. Già nel dicembre 2006 nella Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio, relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente, si leggeva: “La competenza digitale consiste nel saper utilizzare con dimestichezza e spirito critico le tecnologie della società dell’informazione (TSI) per il lavoro, il tempo libero e la comunicazione [...], con la consapevolezza (leggi coscienza) delle opportunità e dei potenziali rischi di Internet [...]”.

Dopotutto ci indicava già la strada anche Angel Rodríguez Luño su Studi cattolici del lontano settembre 2009 indicando come “antidoto” la trasformazione della propria frequentazione su Internet in un’esperienza produttiva, evitando la navigazione superficiale trascinati dalla corrente: bisogna andare a fondo e dedicare le proprie energie ad affogare il male nell’abbondanza di bene presente nel Web.

Credo che il nostro impegno di Apostolato Digitale sia la naturale continuazione di un cammino umano iniziato anni fa che confluisce il questa nuova dimensione OnLife perché, come si legge all’ingresso di un noto monastero certosino: “Stat Crux, dum volvitur orbis”. cioè : “mentre il mondo è in continua evoluzione, rimane stabile e incrollabile la Croce”.

Ps: se hai letto fino a qui, meriti di sapere perché ho scelto l'immagine con la frase di Joseph Conrad, ovviamente, oltre al suo significato. Perché era un: scrittore, viaggiatore, esploratore e curioso, come noi. Con pregi e difetti si muoveva in un nuovo mondo "globale" (l'impero britannico del tempo), come noi oggi nel Web. Come noi cercava di far vedere e rispondere alle domande che tutti ci poniamo ma, anche, a qualcuna che non ci poniamo più. Citando le sue parole:

"[...] attraverso il potere della parola scritta, di farvi ascoltare, di farvi sentire... ma prima di tutto di farvi vedere. Questo è tutto, e nulla più. Se ci riuscirò, troverete qui, secondo i vostri desideri: incoraggiamento, consolazione, paura, fascino - tutto quello che domandate - e, forse, anche quello scorcio di verità che avete dimenticato di chiedere."( da: El negro del "Narcissus")

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