La dubbia liceità dei patti parasociali di gestione

Il Tribunale di Milano, Sezione Specializzata Impresa, con sentenza del 21.12.2020 – resa nota solo di recente – ha sottoposto a sindacato di liceità i patti parasociali di gestione, intendendosi per tali i patti che vengono conclusi al fine di influire sulle modalità con cui l’organo di amministrazione deve gestire la

società.

Per patti parasociali si intendono gli accordi stipulati tra i soci, al di fuori dell’atto costitutivo e dello statuto, finalizzati ad orientare una determinata condotta nell’esercizio dei diritti sociali ovvero ad adottare un comportamento negoziale verso terzi o la società medesima, consolidando l’assetto proprietario e stabilizzando il governo della società.

La validità e l’efficacia dei patti parasociali è ormai pacificamente ammessa dal Legislatore che, con l’art.2341-bis c.c., (che li disciplina per le S.p.A.) ha provveduto a tipizzare talune tipologie di patti parasociali, fornendone una disciplina legale.

In ogni caso, i patti parasociali devono intendersi come una categoria di per sé aperta, essendo pertanto possibile per i soci andare a concludere patti anche diversi per oggetto e contenuto da quelli previsti e disciplinati espressamente dal Legislatore (con particolare riferimento alle S.r.l.).

Pertanto, con riferimento a patti parasociali privi di tipizzazione e di regolamentazione deve procedersi ad una valutazione preliminare circa la meritevolezza degli interessi perseguiti e la sua liceità all’interno dell’ordinamento.

Tra le varie tipologie di patti parasociali sono ricompresi anche i c.d. patti, o sindacati, di gestione.

Tali patti vengono pertanto stipulati al fine di delineare le linee strategiche dell’attività sociale.

Contestualmente i contraenti si impegnano ad adoperarsi affinché gli amministratori recepiscano e perseguano le decisioni adottate in seno al sindacato di gestione.

Prescindendo dalla discussione circa l’inquadrabilità di tali patti di gestione all’interno o meno della categoria individuata dal Legislatore all’art. 2341-bis lett. c) c.c. – disposizione che disciplina i patti parasociali aventi ad oggetto l’esercizio di un’influenza dominante – permangono dubbi in seno alla giurisprudenza e alla dottrina circa l’effettiva liceità di tali patti di gestione.

Dubbi di liceità che vengono fatti propri e ribaditi dal Tribunale di Milano che, con la sentenza del 21.12.2020 sottopone a sindacato di liceità i patti parasociali c.d. di gestione.

L’obbligazione che i soci assumono in seno ai sindacati di gestione sembra difatti entrare in contrasto con i doveri di fedeltà nella gestione della società che fanno capo all’organo amministrativo.

Infatti, ai sensi del disposto dell’art. 2380-bis c.c., applicabile alle società per azioni, la gestione dell’impresa spetta esclusivamente agli amministratori “i quali compiono le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale”.

In egual maniera, anche con riferimento alle società a responsabilità limitata ai sensi dell’art. 2475 c.c., è rimessa esclusivamente agli amministratori “il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa”.

L’ordinamento italiano è tanto chiaro quanto pacifico nell’affermare il principio secondo il quale la gestione della società è rimessa esclusivamente all’organo amministrativo il quale ha l'intera ed esclusiva responsabilità della gestione dell'impresa sociale nell'interesse non solo della società ma anche nell’interesse

dei terzi.

La potenziale contraddittorietà ai principi dell’ordinamento e quindi i legittimi dubbi di liceità dei patti di gestione si manifestano nel momento in cui le obbligazioni assunte dai soci in seno ai predetti sindacati abbiano l’esclusiva finalità di condizionare l’attività dell’organo amministrativo incidendo direttamente sull’attività sociale.

Su tale scia si inserisce la decisione del Tribunale di Milano che ribadisce i dubbi di liceità che caratterizzano un patto che sia stipulato al fine di delineare le linee di sviluppo dell’attività sociale impegnando direttamente i soci amministratori ovvero i soci non amministratori affinché questi influiscano sul potere gestorio demandato in via esclusiva agli amministratori.

Pertanto, il patto parasociale di gestione la cui finalità sia quella di condizionare l’organo gestorio va ad incidere in maniera evidentemente illegittima sull’organizzazione sociale come delineata in maniera precisa dal Legislatore e manifesta in maniera evidente tutta la sua contraddittorietà all’ordinamento e quindi la sua dubbia liceità rispetto all’assetto normativo nel quale si inserisce e dovrebbe operare.

In ogni caso, neppure l’inquadrabilità di tali patti all’interno della categoria di patti parasociali disciplinata dall’art. 2341-bis lett. c) c.c. potrebbe determinare la liceità dei predetti patti di gestione in quanto i patti aventi ad oggetto l’esercizio di un’influenza dominante sono legittimi fintanto che da tali patti derivi un potere di influenzare l’assemblea dei soci.

Laddove, quindi, l’intenzione dei soci sia sempre quella di far derivare dal contratto parasociale una etero-direzione della gestione della società il patto, seppur apparentemente ammesso, andrebbe in ogni caso a collidere con i principi fondamentali dell’ordinamento con l’inevitabile giudizio di illiceità del patto.

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