La giostra della politica
Tutti abbiamo più o meno coscienza di cosa sia il Tagadà, anche se non ne sappiamo il nome forse. È quella giostra che gira su se stessa alle feste di paese, e tutti restano incollati ai bordi a causa della forza centrifuga. Senso di ebrezza, perdita del controllo, eccitazione mista a paura, risate e musica zarra a fare da sfondo.
I più coraggiosi, i leader, i maschi alpha, come quei pesci che sui fondali di sabbia disegnano i cerchi per accoppiarsi, si portano al centro della giostra e mostrano impassibile nonchalance. Addirittura saltano sul posto, e non perdono l’equilibrio, controllano se stessi, vincono la forza centrifuga: vi oppongono la gravità.
Ecco per me questa è l’immagine della politica, se dovessi spiegarla visivamente. Con la differenza che mentre giri devi pure produrre qualcosa, ma non troppo, per guadagnarti il giro successivo. Un esempio comune che rende l’idea di come ci si sente a starci dentro. Inebria, stordisce, eccita. Ma è anche un enorme stress, che come dice il mio maestro richiede “gravitas”, per evitare che ti schiacci ai bordi o addirittura ti lanci fuori dal perimetro della giostra.
Che cos’è la gravitas
La gravitas, insieme alla severitas, alla veritas e alla virtus, è una delle caratteristiche che - per i romani - ogni uomo avrebbe dovuto avere. È un insieme tra dignità, serietà e dovere, ed è una cifra fondamentale per chi dovesse ricoprire responsabilità pubbliche, di leadership, di indirizzo dei gruppi. La gravitas ha la stessa radice della gravità intesa come “importanza”, anche se non significano la stessa cosa, ma derivano entrambe da gravis, che vuol dire “pesante”.
Il peso, la struttura, la solidità, è quello che serve a vincere le forze che vorrebbero distrarci e farci cadere. Sono le corde che legano Ulisse all’albero, per non deragliare sugli scogli a causa delle sirene. Si allena con l’esercizio, lo studio, le rinunce, il focus, la pazienza. Eppure di incidenti ne vediamo molti, per navi affidate a marinai che non sanno ancorare se il mare è agitato.
La selezione della classe dirigente
Uno pensa che alla politica si applichino le regole del pensiero comune, ma non è così. Molto spesso la tattica è apparentemente contorta, ma è frutto di millenni di esperienza nella gestione dello status quo. Così gli incarichi e le responsabilità non vengono affidati a chi è banalmente più bravo, come sarebbe “normale”, ma a chi scontenta di meno, e comporta meno fastidi. O a chi meglio nasconde la sua bravura, nel migliore dei casi per noi. Per circostanze che comunque spesso restano casuali.
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La logica segue in linea di massima le ragioni del giostraio, che ha la responsabilità di far girare il Tagadà, e ha bisogno di persone fedeli, che rendano il meno pericolosa possibile un’attività potenzialmente molto pericolosa. Per il giostraio però il pericolo principale non è che qualcuno possa farsi male, ma che qualcuno faccia male a lui, diventando così bravo che a un certo punto la folla gli chieda di prendere il suo posto.
Biglietti omaggio
Così i ticket vengono regalati a soggetti che non sempre hanno la gravitas per restare al centro. Cadono, perdono lucidità, sono stritolati dalla nausea, perché mancano dell’esperienza che sarebbe utile a regalare uno spettacolo divertente e funzionale. Noi un po’ ci sguazziamo, per la schadenfreude di chi è rimasto giù a mangiare hot dog, tra i pettegolezzi, perché la fila per salire è troppo lunga.
Il Tagadà - però - è una cosa seria, e la centrifuga va vinta con solidità perché il Parco Giochi rischia di fallire. Non possiamo mettere al centro chi fino ad ora è stato sui cavallucci. Lo sappiamo. Ma non ci aspettiamo che cambi. Restiamo ai bordi, con i nostri hot dog, e gli occhi incollati al Tagadà.
A lamentarci del Tagadà.