La paura del conflitto e la battaglia per la pace

La paura del conflitto e la battaglia per la pace

C'è un confine sottile, ma sostanziale, tra difendere la pace per la pace o difendere la pace per il timore di uno scontro. Nel secondo caso, la conservazione della pace è solo una mascheradietro cui si nasconde la paura e, come tutte le maschere, prima o poi darà i suoi amari frutti.  

Non sempre è facile distinguere la verità dall'illusione, il movente autentico dalla sua maschera, ossia distinguere tra le cause e le loro conseguenze, tra ciò che è alla radice dei fenomeni e ciò che è solo apparenza.

Come fare per riconoscere in se stessi qual è il reale movente che spinge a "difendere la pace"?

Ogni situazione ha le sue necessità peculiari, il suo proprio contesto, quindi non esistono parametri assoluti con cui "calcolare" il movente, tuttavia puoi comprendere da che parte pende l'ago della bilancia se presti attenzione alla qualità dell'energia, al tipo di vibrazione che si muove al tuo interno.

Amore o paura?

Quando sei accondiscendente con qualcuno, quando ti imponi di essere paziente, osservati: stai scegliendo in piena coscienza l'amore della pace o stai evitando uno scontro che ti metterebbe in difficoltà? Stai donando la tua tolleranza per costruire maggiore armonia o stai cercando di evitare conseguenze più penose? Qual è il tuo vero movente? Sei comandato dall'amore o dalla paura?

Fai un respiro profondo, lascia andare giudizi e aspettative, e ascolta cosa risponde il tuo cuore, il tuo sentire profondo.

Portando attenzione a come ti senti ogni volta che agisci "in nome della pace", ti accorgerai che (in genere) ti ritroverai in uno fra questi stati: quello in cui avverti pienezza, appagamento, realizzazione interiore, oppure quello in cui provi frustrazione, debolezza, inquietudine.

Nel primo caso si fa strada in te un senso di libertà e coerenza interiore, ti senti più vitale. Questo ti dice che hai agito in conformità al tuo sentire autentico, hai assecondato l'amore e non la paura. Sei rimasto paziente, tollerante e nella pace, hai donato una parte di te, la tua presenza, il tuo esserci, non perché costretto dalle circostanze, ma perché lo hai scelto liberamente.

Nel secondo caso, percepisci una maggior fatica, una qualche sensazione di aver tradito te stesso, e quello è il segnale che hai agito non per donare qualcosa, ma per paura, ricatto o impotenza, perché sentivi di non avere scelta. Un movente, questo, che drena sempre via la vitalità.

Accorgiti di quando sei nel movente della paura. Smetti di raccontarti storie come "l’ho fatto per mantenere la pace". No, lo hai fatto perché ti senti a disagio nello scontro. Non è la stessa cosa.

Il coraggio maggiore è restare lucidi

Ci sono occasioni in cui ti imponi una pazienza che non avresti, però non te la racconti: sei consapevole che non stai difendendo la pace, ma evitando il conflitto, e ti va bene così.

In genere lo fai per due motivi. Il primo è che non sei ancora pronto per schierarti con la tua verità, per affrontare gli scontri, e allora prendi tempo, dissimuli.  

Il secondo motivo è che la tua meta è altrove: sai che ci sono battaglie per le quali non vale la pena consumarsi, giacché altre, più importanti, hanno bisogno di te.

In quest'ultimo caso non è la paura a farti evitare il conflitto, e neanche il voler essere un vassallo di pace, ma il fatto che sei consapevole di essere su una terra di passaggio e che la tua casa è altrove. Non sei bloccato, con le spalle al muro, ma sei in movimento. In realtà, se è necessario scontrarti, lo fai pure, ma se non è necessario, se non serve la tua missione, lo eviti, perché il tuo focus è da un'altra parte. La tua è una strategia di viaggio. 

Non credo in chi se la racconta, ma neanche negli estremismi. Chi ha buon senso lo metta, senza farsi frodare dalla paura, e chi ha coraggio lo usi con saggezza, senza lanciarsi acriticamente negli scontri. Spesso il coraggio maggiore è semplicemente nel restare lucidi, è non rispondere alla reattività del momento ma rimanere aderenti a quella presenza di sé, a quella visione che ti fa fare la cosa giusta al momento giusto.

Quello che conta, come spiegato, è la qualità dell'energia che c'è dietro la tua azione: stai assecondando la paura o il coraggio? Stai agendo per frustrazione o per autenticità? Stai seguendo ciò che vien "facile" o ciò che è al servizio della visione? Ti senti con le spalle al muro o stai andando al di là del muro stesso? Stai difendendo la pace per la pace o per paura?  

Una pace difesa per paura non porterà mai a una pace duratura. Sul lungo periodo ciò che non ha ricevuto giustizia, ciò che non è stato visto o riconosciuto, che è stato soppresso, taciuto, reclamerà la sua parte, in un modo o nell’altro. Per non parlare del fatto, poi, che chi manifesta un comportamento disfunzionale, ma non viene affrontato in questo, si sentirà sempre più autorizzato a continuare nelle sue prevaricazioni. La pace si basa sulla giustizia e sul riconoscimento della verità, non sul buonismo o sul timore di contraddire i prepotenti.

Il dolore del rifiuto e il giudice interiore

Se ti riconosci fra coloro che hanno difficoltà a entrare nel conflitto, fra coloro cioè che soffrono nel rapportarsi con l'energia aggressiva dello scontro – energia che là fuori è spesso padroneggiata da chi non si fa scrupoli –, significa che devi ricostruire le tue alleanze interiori, le forze all’interno di te.

Il primo passo è accorgerti che dietro la paura del conflitto giace, in una delle sue variegate forme, il dolore del rifiuto, ovverosia il dolore – spesso inconscio – di essere giudicati sbagliati, inadatti, non amabili. A causa di quel dolore, ogni scontro è vissuto come un rifiuto dal peso insostenibile. 

Accade perché c’è un giudice interiore che ha preso potere dentro di te, un tiranno che devasta e danneggia il serbatoio delle tue forze psichiche, cogliendo ogni occasione per farti sentire inadeguato, insicuro, o magari colmo di sensi di colpa. Lasciandolo fare, ti allontanerà sempre di più dal senso di chi sei, dal contatto profondo con il tuo valore e con le tue risorse.

In realtà, dentro ciascuno di noi, esistono numerose strutture psichiche ed energetiche... Siamo una collettività di personaggi, di ombre e di luci, di ladri e di donatori. Il giudice è solo una di queste strutture, ma quando prende potere sopra le altre, condiziona la persona spingendola a sentirsi continuamente sotto attacco, nella paura, insicura e indegna. 

La "battaglia per la pace" comincia da qui, dal territorio interno, dal regno del giudice. Comincia dal vedere la sua tirannia, la sua spietatezza. E comincia dalla decisione di metterlo in discussione.

Il processo è graduale: non puoi aspettarti che si completi in un istante, come se vi fosse un pulsante che premi e allora tutto è risolto. Ma una volta che ti accorgi del giudice, una volta che metti in discussione la sua logica, invece di darla per scontata, la trasformazione ha inizio.

È importante andare oltre la riflessione mentale e fare esperienza di tutto questo nella materia, condensarlo nell'azione, ossia radicarlo nel tuo essere corporeo, cellulare, infinitesimale. Per restituire potenza e libertà alla tua voce, dunque, agisci!

Comincia dalle situazioni più piccole, cogli quelle occasioni in cui, di fronte a un potenziale scontro, senti la stretta allo stomaco ma, nonostante ciò, ti fai avanti, ti prendi lo spazio che ti spetta, scegli l'amore e il rispetto di te stesso e di ciò che è giusto, e non più la paura. E poi, lungo il percorso, permettiti di sperimentare contesti più sfidanti.

Lascia pure che il giudice continui a provocare le corde della tua insicurezza e della tua paura, mentre tu guarisci le tue ferite, mentre lasci andare gli atomi più pesanti del tuo essere, mentre impari – pian piano – a sentire che sei parte dell'amore divino e che hai il diritto di occupare uno spazio esistenziale, emotivo e psichico, come lo hanno tutte le creature di questo mondo. 

Un piccolo passo alla volta, ti riappropri del tuo "io"; cadi, ma ti rialzi; te la racconti, ma ti accorgi e poni rimedio; senti il giudice interiore, ma lo rimetti al suo posto, mentre scegli di posizionare al centro di te la forza e l'amore.

Seguire la tua verità interiore, prenderti il rischio di esporre la tua energia, di essere ciò che sei, senza scusarti di questo, senza credere al giudice, alla fine ti renderà più leggero, più libero, più grande di lui.

È un lavoro che procede sia internamente sia esternamente: man mano che fai giustizia dentro di te, riesci a far rispettare la giustizia anche fuori di te, e viceversa. Pian piano, inverti la rotta, cambi la tua vibrazione, il coraggio cresce e nuovi alleati prendono forma, nel cuore e nella vita.

Se non ami, non puoi servire la pace

È una battaglia, quella per la pace, che prima di tutto vinci dentro te stesso, ristabilendo la verità e la giustizia al tuo interno, in modo che nessuna paura, nessun ricatto esterno possa agganciarsi alle ombre e ai dolori che albergano in te. Allora, se occorre, sei libero di attraversare il conflitto, sei libero di apparire "brutto e cattivo", perché tanto tu sei in pace e non temi alcun rifiuto, dato che non c'è più alcun rifiuto dentro di te.

Ricorda che i poteri oscuri, i narcisismi, e tutte le dinamiche egoistiche del potere contano sul fatto che chi ha difficoltà ad amarsi non trova la forza per affrontare gli scontri e far rispettare i confini di ciò che è giusto.

Se non ti ami, se non ami, non puoi servire la pace, non puoi lottare per essa. L’amore è la via, quell’amore che, se occorre, estrae la spada e recide le catene, perché serve non i padroni ma la libertà, non la paura ma quel coraggio che porta bellezza, bontà, verità.

Imparare ad affrontare il conflitto – così da poterti battere autenticamente per la pace – significa imparare ad amarti, o meglio levarti via da dosso l’illusione che non sei amato. Quando senti il campo dell’amore, quando sai di essere amore, non hai più alcun "bisogno" di essere accettato dagli altri, pertanto non puoi più venire ricattato o condizionato dal loro rifiuto e sei libero di batterti per la pace, di farlo veramente.

Camilla

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