"La prima digital utility italiana" - con Paolo Martini
"Transazione Energetica. Dal gas all'idrogeno" libro di Giovanni Morri (edito a fine 2019). La raccolta di #12StorieEnergetiche traccia il cammino dell'energia di oggi a quella del futuro, raccontato dai protagonisti dell'industria.
Di seguito un estratto dell'intervista - rilasciata nel 2019 - da Paolo Martini di BePower, la prima digital utility italiana, che è recentemente entrata a far parte del gruppo Eni.
Nell’intervista sottostante, il Dott. Martini descriverà questo nuovo mondo che ha trasformato l’energia da commodity a servizio.
Buona Lettura.
La prima digital utility italiana
BePower detiene sotto di sé due realtà. Una di queste è BeCharge, che ha come obiettivo quello di installare 30.000 punti di ricarica in Italia entro il 2030. In queste righe, Paolo Martini descrive dettagliatamente quanto la convinzione sia determinante nel lanciare un progetto innovativo in ambito di energia e mobilità, un settore, quest’ultimo, che è ancora per la stragrande maggioranza alimentato da idrocarburi e pesa il 27% del consumo energetico nazionale.
La visione di BePower è ridare dignità all’elettrone attraverso le colonnine di ricarica per veicoli elettrici di BeCharge. Questi “gateway” interagiscono permettendo di creare un sistema intelligente e integrato tra produzione, distribuzione e stoccaggio di energia, che avviene grazie agli accumulatori all’interno delle auto elettriche. Nasce così il “prosumatore”, un soggetto che usa l’energia consapevolmente e in modo integrato all’interno della catena del valore.
Ci può raccontare come è nato questo progetto?
BePower nasce da quella che viene definita accademicamente una strategia “Blue Ocean”, ovvero una strategia attraverso la quale si è entrati in un nuovo mondo, in un nuovo paradigma, senza avere dati certi né della dimensione del mercato, né delle reali prospettive.
Che cos’è una digital utility?
È una realtà che non detiene asset fisici di produzione di energia elettrica ma li controlla attraverso software ad algoritmi molto complessi. Questo sistema raggiunge un nuovo tipo di cliente finale, che, in un mondo sempre più digitalizzato, non poteva di certo essere il normale utente domestico o utente industriale che fruisce dell’energia elettrica. Una digital utility dà una nuova dignità all’elettrone, trasformando l’energia da una commodity ad un servizio.
È semplicemente una trasformazione, un passaggio: la natura umana è un po’ come l’energia che non si crea e non si distrugge ma si trasforma; passa da qualcosa di meno intelligente a qualcosa di più intelligente.
In questo contesto ci siamo chiesti quale fosse il nuovo tipo di utente che potesse avere questa percezione e abbiamo identificato il guidatore di auto elettrica.
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Questo nuovo utente è potenzialmente, a tutti gli effetti, un “prosumatore”. Oltre a consumare energia elettrica, invece dei carburanti tradizionali, grazie alle batterie dell’auto potrà stoccarla e redistribuirla. Ciò consentirà a chi guida un’auto elettrica di trovare in un futuro prossimo anche una fonte di remunerazione: l’auto, al tempo stesso, diventa lo strumento per muoverci, il nuovo ambiente nel quale viviamo, connesso e digitalizzato, e anche una fonte di remunerazione.
In che senso, se compro un’auto elettrica, domani guadagnerò?
Perché il proprietario, quando lascia la vettura parcheggiata e la connette alla colonnina di ricarica, mettendo a disposizione la propria batteria, contribuisce all’efficientamento e al bilanciamento della rete elettrica nazionale, e in questo modo può ricevere in cambio un valore, remunerato in qualsiasi forma, sia essa economica oppure di altro tipo.
Quindi a livello di esperienza del guidatore cosa cambia tra un’auto tradizionale e una elettrica?
L’utilizzo dell’auto elettrica è fondamentalmente diverso rispetto all’utilizzo di un’auto convenzionale, perché la ricarica elettrica avviene mentre si fa qualcos’altro. L’infrastruttura che stiamo creando, nella maggior parte dei casi, si trova dove c’è un indotto commerciale, turistico, di shopping, per cui questo creerà altre forme di interazione tra chi guida un’auto e l’ambiente che lo circonda. Oggi stiamo installando migliaia di infrastrutture di ricarica, sia nelle principali città sia nei comuni minori. Questo vuol dire che la colonnina di ricarica diventerà un elemento di arredo urbano, entrerà nella consapevolezza di tutti. Tutto al fine di diminuire l’ansia che le persone possono avere nel passare da un’auto a combustione interna a un’auto elettrica. In fin dei conti il paragone tra l’auto elettrica e lo smartphone è molto più coerente di quello che possa sembrare. Il nostro primo telefonino, tanti anni fa, costava 500.000 lire e aveva una batteria che durava una settimana. Nessuno aveva ansia per le prestazioni che offriva. Con l’arrivo degli smartphone il costo è salito di dieci volte e la batteria difficilmente supera la mezza giornata di utilizzo. Nonostante ciò, questo strumento apre nuove possibilità che nessuno aveva esplorato fino a quel momento, perciò il valore che genera è superiore rispetto all’ansia di doverlo ricaricare. Niente di diverso rispetto a quello che avverrà con l’auto elettrica. L'obiettivo è creare la più grande e la più capillare infrastruttura di ricarica elettrica per veicoli in Italia, ma al tempo stesso intelligente.
Il nostro posizionamento non è solo installare colonnine in location ottimali, ma anche offrire la migliore esperienza d’uso, oggi e in futuro, presso l’infrastruttura che stiamo realizzando.
Ampliando il discorso e parlando di mobilità in termini assoluti le chiediamo due considerazioni. Come si innesca il progetto BeCharge nel contesto ferroviario? L’idrogeno come forma di carburante può sostituire la batteria?
Dal mio punto di vista, qualsiasi sia la tecnologia, sicuramente troverà il suo spazio nel mercato. Questo avverrà perché l’idrogeno, cioè le celle a combustibile rispetto alle batterie al litio, non sono competitor, ma assolvono a funzioni diverse. Riguardo alla mobilità ferroviaria è corretto testare altre tecnologie per garantire una movimentazione a più basso impatto ambientale. Personalmente ritengo che il treno rappresenti ancora di più la mobilità del futuro, soprattutto in un’ottica di sinergia con una mobilità urbana più agile e più condivisa. Non è il mio ambito di competenza, ma credo che, anche nel settore ferroviario, ci saranno notevoli mutamenti ed integrazioni con settori industriali contigui o diversi.
Concludiamo con una provocazione: le tasse del futuro inquineranno o no?
Dal mio punto di vista non sono le tasse che inquinano, ma è l’inefficienza degli uomini che ha bisogno di più risorse per far funzionare il proprio mondo. La pressione fiscale nasce dall’inefficienza del sistema. Questa inefficienza è una responsabilità personale: “Quanto ognuno di noi è disposto ad impegnarsi per la res publica?”
Quando si trascura ciò che è di tutti, il tutto perde valore e diventa inefficiente, costando più del necessario. Siamo noi stessi dunque la causa di questa inefficienza e dei costi da essa generati.
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