LA PRIMA REGOLA PER FARE COMUNICAZIONE È SAPERE CHI È IL TUO TARGET.
Fisica, sessuale, economica, psicologica.
Comunicare la violenza di genere nelle sue diverse forme è più che mai urgente, soprattutto quando una donna su tre nel mondo la subisce almeno una volta nella vita. In questo scenario, il 25 novembre è un’occasione importante per fare luce sul tema e sensibilizzare la collettività: utilizziamola al meglio.
Basta messaggi che colpevolizzano le vittime o che le caricano di responsabilità, come “Impara a riconoscere i segni della violenza”, “Non restare in silenzio” o “Di’ di no”. Chi subisce violenza non è l’unico personaggio nella storia.
Cominciamo allora a individuare altri target per la nostra comunicazione: la svolta parte da qui.
1. Parliamo anche a chi compie violenza.
Secondo i dati del Tribunale di Milano nel biennio 2021-2022, a commettere il 94% dei reati orientati dal genere sono stati uomini: partner, amici, conoscenti o familiari delle vittime. Nella rappresentazione della violenza di genere, tuttavia, questi non vengono quasi mai rappresentati, se non come un’ombra minacciosa o una voce fuori campo da cui la donna sta scappando. Ma l’invisibilità dell’agente violento ha un impatto sull’immaginario: impedisce ad altri uomini di identificarsi nelle dinamiche di abuso, creando una distanza tra loro e il fenomeno.
Ecco che allora diventa fondamentale chiamare in causa le persone che agiscono violenza, per educarle a riconoscere le proprie azioni e farsi carico della propria responsabilità. Alcuni esempi virtuosi arrivano dallo spot “Hurt People, Hurt People” (Gender Based Violence), dove vediamo il protagonista prendere consapevolezza e spezzare il ciclo di violenza di cui è stato sia vittima che carnefice. O ancora la campagna “Nessuna scusa” di Roma Capitale, una multisoggetto che si rivolge direttamente agli uomini abusanti, smascherando le “scuse” più comuni che confondono il possesso con l’amore.
2. Coinvolgiamo attivamente gli uomini come parte della soluzione.
Il 99% degli uomini intervistati per una ricerca del Consiglio Europeo (Committee on Equality and Non-Discrimination) sostiene di non essere intervenuto contro la violenza per paura di “non essere accettato" dalla società ed essere visto come “perdente”.
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Ciò dimostra come la cultura patriarcale e maschilista abbia radici profonde, ma campagne come “Say Maaate to a Mate” possono fare la differenza, incoraggiando gli uomini a diventare alleati del cambiamento.
Come? Per esempio, invitandoli a intervenire quando assistono a comportamenti sessisti o inappropriati tra amici. Semplice, ma efficace.
3. Lavoriamo sulla prevenzione, abbattendo stereotipi.
“Se l’è cercata”, “Guarda com’era vestita”, “Non avrebbe dovuto bere così tanto”: sono solo alcune delle frasi che sentiamo dire per giustificare una violenza.
Ancora oggi, infatti, circa il 39% degli uomini in Italia crede che una donna possa evitare un rapporto sessuale se davvero non lo desidera, mentre il 20% ritiene che la violenza sia provocata dal modo di vestire delle donne (Istat 2023).
Dati che evidenziano quanto sia ancora lunga la strada.
Per abbattere gli stereotipi di genere, occorre invitare la collettività intera a mettere in discussione i modelli culturali che perpetuano la superiorità maschile e la sottomissione femminile. Come nello spot 2022 del governo australiano “Bring up respect”, che si rivolge direttamente a genitori e altre figure di riferimento per le persone più giovani, o ancora la campagna “Basta violenza sulle donne”di Lines & WeWorld.
Questo 25 novembre, cambiamo punto di vista.
Per costruire una società più equa e rispettosa, insieme.