La RIDONDANZA del branding
Informare è un modo onesto e funzionale di connettersi al proprio target. Utilizzare delle "fonti" meglio se autorevoli e di settore per dare valore a un messaggio e costruire diverse attività più o meno finalizzate al proprio business. Tutto lecito, tutto utile. Inizia da questa premessa il gioco dei "però".
Succede che in tantissimi network la medesima informazione, peggio ancora, la stessa fonte, viene pubblicata da una moltitudine di soggetti e competitors. Un mercato popolato da decine di migliaia di professionisti, brand, specializzazioni, poggiate sullo stesso contenuto e con il medesimo apporto informativo.
Ha un senso?
Lo avrebbe se declinasse approcci e metodologie di comunicazione diverse. In realtà la stessa ricerca di fonti è scarna. Non c'è un approccio strutturato spesso e volentieri e non si hanno i "budget" per costruire un ufficio comunicazione efficiente. La "ridondanza" crea omologazione e appiattimento dei personal branding.
Se continuiamo a pesare i sondaggi di mercato, per esempio tutti evidenziano la forte volontà del cliente a scegliere brand esperienziali, con una comunicazione immediata, con un servizio personalizzato, allora perché continuiamo a raccontare tutti le stesse cose? O meglio, metodologie e "parole chiave" standardizzate. Forse perché il povero stagista chiuso nel suo ufficio 2x2 mq non ha contenuti strategici da condividere in rete?
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Si, è un'estremizzazione del concetto, ma non è fantascienza. I modelli innovativi di marketing non arrivano dai big, bensì da start up visionarie e purtroppo raramente nostrane. I clienti vogliono provare esperienze e percepire sensazioni, soprattutto nel flusso del canale d'acquisto, cioè nel momento vissuto dentro il modello esperienziale proposto. Tutti i sensi sono chiamati in causa e il "concept" diventa perno di ogni piano marketing nuovo. Eppure se usciamo da questi micro cosmi, nei mercati tradizionali ancora si discute se è coraggioso avere un'area faq sul proprio sito web, se ha senso investire in una chat priva di contenuti di prodotto. Ottima sponda per questo atteggiamento prudenziale è il tema della "privacy". Un freno enorme e molto complesso, chiaramente materia di un buon ufficio legale.
Chi ci guadagna nella comunicazione ridondante? Sicuramente la fonte. La fonte diventa l'unico elemento autorevole e guarda caso anche l'unico marketing che può vantare una roi. Perché poi tutti sono interessati a quanti contratti produce un piano di comunicazione.
Allora perché ogni tanto non proviamo a cambiare veramente noi stessi? Perché non spostiamo la certezza di non uscire dal seminato e magari provare a cercare nuovi terreni da coltivare? Vale la pena? Sicuramente più di quella prodotta con la ridondanza. Scopriamo chi siamo veramente.
Proviamo a darci un'identità. Perché poi vale sempre la regola del cliente:" cosa mi dai di diverso rispetto al tuo competitor?"