La scommessa dell’economista


L’economista crea una storia mentre si sta svolgendo. Questa storia non inizia mai con “c’era una volta…” ma sempre con “così facendo forse vivremo un pò più felici e tutti un pò meno poveri (o un pò più ricchi)…”. Shooting at a moving target è il suo mestiere, ed è complicato. L’economia è una scienza inesatta e, come tutte le scienze, trae le sue conquiste dalla sperimentazione. Inoltre, può accadere che i migliori risultati siano frutto del caso e dello slancio anziché della metodica disciplina. In questi giorni di legge di bilancio vengono da più parti elencati i vincoli con i quali dobbiamo fare i conti. Il nostro debito pubblico in termini assoluti è il terzo a livello mondiale, il rapporto debito/pil si posiziona invece al quinto posto. Invece l’esposizione finanziaria del sistema paese (ovvero il debito aggregato in capo alle famiglie, imprese, Stato e banche) rientra nella media essendo terzi in Europa. Questo indebitamento è indiscutibilmente un peso enorme ma verrebbe da chiedere: e quindi? è tale da giustificare un mancato cambio di paradigma? perché se da un lato è legittimo ricordare i cosiddetti vincoli, sarebbe altrettanto opportuno provare ad ipotizzare delle ricette volte a risolvere una perdurante stagnazione ultra ventennale. L’essere immersi da oltre un decennio in politiche di bilancio molto restrittive ha fatto si che gran parte dei parametri macro e micro economici presentino un deterioramento inequivocabile, in primis la perdita sistematica del potere di acquisto al quale si aggiunge la diminuzione degli investimenti, motori principali del nostro attuale sistema economico. In epoca di rilevante crisi economica, la peggiore dal dopoguerra, la costante ricerca di ridurre i costi di esercizio della cosa pubblica e la crescita della pressione fiscale hanno prodotto un peggioramento della qualità della vita (fenomeno atteso) ed un aumento del debito pubblico (fenomeno non atteso). L’intero costo di tali politiche è difficilmente misurabile ma ha certamente avuto un effetto nefasto su varie generazioni. Si può affermare con un certo grado di ragionevolezza che, a fronte di un chiaro indirizzo politico a cui spetta la responsabilità delle scelte, si debba tornare ad intraprendere delle politiche espansive di sostegno al reddito e non solo dello sviluppo. Il pareggio di bilancio è un principio controverso se applicato alla spesa dello Stato. Ritengo inappropriato il suo utilizzo in un ambito dove il “ricavo” non è esclusivamente misurabile in termini monetari. L’Italia è ancora oggi la seconda potenza manifatturiera d’Europa e il suo tasso di crescita è assolutamente incongruo con la sua reale capacità produttiva. Il debito non calerà fisiologicamente impoverendo ulteriormente il paese, anzi. Il tema della sostenibilità del modello economico attuale è centrale. Importanti sfide globali ci attendono. L’evoluzione demografica, i cambiamenti climatici, la velocità tecnologica, tanto per citarne alcune, ci costringeranno ad una prospettiva radicalmente diversa. Ed è questa incertezza che ci impone un maggior grado di sperimentazione, con rigore, ma senza paura o complessi. Il mantenimento dello status quo è inadeguato ed iniquo. L’economista deve sempre scommettere in un futuro migliore. 


Alberto Martini - 27 settembre 2018


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