L'ultimo appello
L’Europa ancora una volta non sembra in grado di cogliere l’ennesimo invito riparatore capace di dare un impulso al progetto dell’Unione. Neanche questo tremendo flagello riesce a distogliere l’attenzione dei paesi nordici da regole e vincoli decisamente opinabili per la loro genesi che, come una profezia che si autoavvera, nell’ultimo decennio hanno avuto l’unico merito di insinuarsi in ogni antro del nostro tessuto economico e sociale cambiandone radicalmente la prospettiva. Siamo passati progressivamente da una cultura secolare di intraprendenza ad una cultura di mera sopravvivenza contabile. Da Maastricht in poi abbiamo accorciato sempre di più il nostro orizzonte temporale ponendo una spropositata attenzione sui costi dovendo, appunto, rispettare una serie di vincoli privi di una logica dimostrabile a livello accademico e neppure empirico. Un gioco che ha come principale obiettivo il risanamento del pregresso, impedendo però a lunghi tratti agli attori pubblici e privati di mettere in atto le azioni necessarie, investimenti in primis, a modellare un futuro in grado, almeno in parte, di correggere gli innegabili errori passati. Così nell’ultimo decennio abbiamo assistito ad un impoverimento generalizzato della classe media ed ad una riduzione sistematica dei servizi essenziali che vanno ad impattare soprattutto la sempre più crescente fetta di popolazione che vive in povertà. Una situazione trasversale in tutti i paesi ma che riguarda in modo particolare l’area mediterranea. Quando giungeremo al termine di questo periodo così buio molte cose dovranno necessariamente cambiare. Il modello global-liberista, in auge da una trentina d’anni, è stato irrimediabilmente sconfessato nel modo peggiore, che nessuno di noi osava neppure immaginare. E’ giunto il momento di rompere gli schemi, di cambiare i paradigmi senza indugiare oltre. L’iniezione in forma massiccia di liquidità nel sistema economico non dovrebbe essere argomento di discussione. Si trovi il modo di sterilizzare i bilanci di ogni singolo stato e di abrogare l’assurda regola del pareggio di bilancio che, ad oggi, complici i summenzionati vincoli, ha solo prodotto una pressione fiscale insostenibile. Si diano alla BCE le prerogative di politica monetaria che ogni banca centrale deve avere ed ai singoli stati la possibilità di perseguire la politica fiscale consona al momento straordinario che stiamo vivendo. Se non troveremo la sintesi oggi temo che non la troveremo mai, a quel punto forse è meglio soli che parte di un’inutile opera incompiuta. Come diceva Sir. Wiston Churchill: "Di questo sono certo. Se apriamo una lite tra il presente e il passato, rischiamo di perdere il futuro.” Mi auguro di non assistere all’ulteriore negoziazione infruttuosa tra interessi inspiegabilmente contrapposti, non è questo il tempo dell’indecisione e dell’ottusità, ma del coraggio.