La sfida della comunicazione genitoriale: Quando il cervello adolescenziale esclude anche la voce materna

La sfida della comunicazione genitoriale: Quando il cervello adolescenziale esclude anche la voce materna

Numerosi studi dimostrano come il cervello degli adolescenti sia programmato per escludere la voce materna in favore di voci meno familiari. Questa è solo una conferma di quanto i genitori facciano fatica non solo a comunicare, ma anche a trovare il modo per farsi ascoltare. I genitori spesso non vogliono perdere l'amore e l'ammirazione dei figli sperimentati durante la loro infanzia e faticano a fare i conti con la risposta, di rifiuto o di chiusura dei figli, in seguito alla necessità di imporre regole e limiti.

Nella relazione educativa succede a tutti i genitori, ad un certo punto, che la comunicazione con gli adolescenti si inceppa, i genitori, vivono quindi, una sorta di impotenza relazionale mentre assistono al cambiamento dei figli durante l'età adolescenziale. Come in un sistema di vasi comunicanti, il “vaso” dell’interazione con i genitori si svuota e si riempie quello dell’interazione con i coetanei.

Il risultato di questo processo è conosciuto da molti genitori, ragazzi imprevedibili, che rispondono a monosillabi, capaci però, di conversare per ore con gli amici. Nonostante ciò, il breakdown della comunicazione è perfettamente naturale, poichè è accompagnato e favorito da altri cambianti caratteristici della fase adolescenziale, come la riduzione del controllo delle emozioni e la predisposizione ad una maggiore apertura all’impulsività, ne sono un esempio le risposte brusche, aggressive, che gli adolescenti spesso danno.

I genitori in questo contesto fanno fatica non solo a comunicare, ma molto spesso anche a trovare la volontà e la disponibilità ad alimentare un canale di comunicazione con figli ormai refrattari allo scambio.

Il punto è che la comunicazione non chiama in causa solo gli adolescenti, ma anche e soprattutto i genitori. Quello che complica le cose è il fatto che i genitori e i figli, legati in una relazione con ruoli diversi, parlano una lingua simile, ma non la stessa lingua. E i ruoli di genitori e figli non potrebbero essere più diversi, il primo volto alla sicurezza, il secondo attratto dalla scoperta. Il ruolo, inoltre, è molto di più di chi si è e cosa di dice, comunica il sistema di pregiudizi, credenze, valori, paure, aspettative, progetti, desideri, l’intero impianto emozionale che può ripercuotersi sull'altro.

Nell’adolescenza, questo problema diventa critico, quello che fino a poco tempo prima era un bambino, adesso si trova a fare i conti con le relazioni fra pari e le relazioni con le figure genitoriali. Oltre a essere refrattari alla disciplina, curiosi di fare le loro scoperte, i teenager temono soprattutto di essere giudicati. Si possono sentire schiacciati dalle attese dei genitori che, se minimamente deluse, possono rappresentare una percezione di sé come difettosa e quindi rifiutata. Il desiderio di libertà degli adolescenti, poi, si scontra con le limitazioni genitoriali spesso caratterizzate da scarsa chiarezza e ambiguità.

L'ambiguità è un problema educativo che parte dagli adulti che non vogliono perdere l'amore e l'ammirazione dei figli sperimentati durante la loro infanzia e restano imbrigliati nel dilemma fra essere "amici dei figli” o “saggi educatori pronti ad un civile conflitto”.

I genitori che stabiliscono regole condivise, ma allo stesso tempo vivono questa situazione come una perdita relazionale, sentono nella definizione dei limiti il costituirsi di una distanza fra loro ed i figli. Questi genitori, a volte, possono preferire liberarsi di questa responsabilità per riassaporare l’amore incondizionato dell’infanzia, ma fare questo non migliora la relazione, quindi è necessario che i genitori resistano a questa dinamica imparando a tollerare il peso del loro ruolo, perché fa parte delle vicissitudini del processo di separazione e definizione di un'identità salda nella quali i figli sono impegnati.

Questo processo è necessario e genera un evoluzione della relazione, anche se ha dei costi da entrambe le parti:

la paura dei genitori di perdere l'amore dei figli e quella dei figli di perdere l’amore dei genitori.

A volte è proprio a causa dell'incapacità di fare fronte a questa dinamica, che nascono quelle forme di difesa che prendono la forma del conflitto. Degli esempi sono:

la svalutazione del genitore da parte dei figli, o viceversa un ansioso compiacimento delle aspettative genitoriali con conseguente perdita di contatto con le richieste genuine del proprio sé.

Una volta compresa la posta in gioco, diventa evidente la necessità di investire sulla comunicazione con i propri figli, poiché sane relazioni educative, determinano più alti livelli di auto-controllo e auto-stima negli adolescenti. I teenager, inoltre, vogliono rimanere vicini ai loro genitori, ma non sempre sanno come farlo. Spetta dunque agli adulti creare le condizioni e cogliere le occasioni affinché il canale di comunicazione resti aperto. Ecco alcune indicazioni per farlo:

  • Cogliere il momento per parlare è fondamentale, non sempre i teenager sono disponibili al dialogo con gli adulti, ma è responsabilità dei genitori rendersi disponibili quando i figli vogliono parlare. Per farlo, occorre dargli attenzione. I teenager, infatti, non parlano quando hanno la sensazione che gli adulti siano impegnati, distratti o concentrati su altro.
  • Tenere il radar acceso permette di cogliere i segnali che, invariabilmente, gli adolescenti inviano, come aggirarsi nello spazio in cui si trovano i genitori. Staccarsi dalla tecnologia è un modo per gli adulti per segnalare che si sta creando una finestra per il confronto. Prendere mentalmente nota delle occasioni in cui gli adolescenti sono più disposti a condividere, ad esempio quando ci si trova seduti di fianco in auto, quando si cucina insieme, questo elimina la necessità di affidarsi alla casualità nelle conversazioni.
  • Capire di cosa parlare, gli adolescenti temono il giudizio, quindi vi verranno incontro molto più volentieri se non gli fate la predica. Fate il possibile quando vi parlano per validare le loro emozioni senza giudicarli per quello che dicono. Alimentare un legame con i propri figli non significa necessariamente condividere i loro interessi, ma mantenere un atteggiamento di apertura, di curiosità nei confronti di quello che occupa il loro tempo. I loro amici, i videogiochi, la musica che ascoltano sono tutte opportunità per rafforzare i rapporti. Fare domande aperte come “Cosa pensi di…” è un' modo per tenere viva la conversazione. Al contrario, raccontare episodi della propria vita per aiutarli a inquadrare quello che succede nella loro porta alla chiusura e alla rottura della conversazione relazionale.

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