La teoria dei Buchi di Almaas
Vi siete mai chiesti quanto sia semplice o facile bucare qualcosa? Quanto tempo è passato dall’ultima volta che, armati di trapano, avete aperto una fessura nel muro? Ci stiamo facendo i conti in questi giorni. Troppo piccoli, troppo grandi, quelli che trapassano lo spessore dei mattoni e spuntano nella parete opposta. Troppi buchi stanno uscendo male…. E allora forse avremmo dovuto lasciare intatta la superfice? C’è uno strano karma che ci impedisce di “bucare” serenamente? Come mai si verifica sempre qualche intoppo nel farlo?
I buchi…. C’è chi li ha nel cuore, chi se li produce sul corpo, chi se ne serve per ottenere il suo scopo. Ci sono buchi che vorresti e quelli dalla quale scappi, ci sono buchi nella nostra anima che abbiamo il bisogno di chiudere! Si possono avere ferite diverse che come buchi neri fagogitano tutto ciò che le circonda. Noi tutti siamo nati attraversando, inconsapevolmente, una cavità.
E mentre riflettevo su questo e guardavo atterrita l’ennesimo buco “non voluto” sulla parete, mi è venuta in mente “La Teoria dei Buchi” di Almaas tratto dal testo Il Cuore del Diamante
Solo 15 anni fa era oggetto di studio dei ragazzi della Scuola di Specializzazione Quadriennale in Psicoterapia PNLterapeutica di cui ero il tutor. Probabilmente è arrivato il momento di ripescarla e condividerla con chi si prenderà cinque minuti per leggerla.
“Oggi discuteremo un’idea fondamentale usata nel nostro lavoro: la teoria dei buchi. Le persone, normalmente, sono piene di cosiddetti “buchi”. Che cos’è un buco? Un buco è una parte di noi che è stata persa, vale a dire una parte di noi di cui abbiamo perso la consapevolezza. Ciò che rimane è un buco, in un certo senso una mancanza. E ciò di cui abbiamo perso consapevolezza è, naturalmente, la nostra essenza. Quando non siamo consapevoli della nostra essenza, questa smette di manifestarsi e si perde. Di conseguenza, noi sentiamo un senso di mancanza. Così un buco non è altro che l’assenza di una parte di capacità di contatto, una perdita di forza, una perdita di volontà, una perdita di chiarezza, una perdita di piacere, una perdita di una qualsiasi qualità della nostra essenza. Ce ne sono molte. Ma quando si perdono, non si perdono per sempre; non si perdono mai per sempre. Se ne perde semplicemente il contatto.
Prendiamo per esempio la qualità del valore, dell’auto-stima. Quando perdiamo il contatto con il nostro valore, in realtà è come se sentissimo un buco dentro di noi; è vuoto. Quindi sentiamo un senso di mancanza, un senso di inferiorità e desideriamo riempirlo con un valore e-sterno: approvazione, lode o altro. Così cerchiamo di riempire il buco con un falso valore che viene dall’esterno.
Tutti andiamo in giro pieni di buchi, di cui non siamo consapevoli. Normalmente siamo consapevoli dei desideri: “Desidero questo, desidero quello. Desidero questa lode, desidero avere successo in questo, desidero che questa persona mi ami. Desidero questa o quella esperienza”. La presenza di desideri e di necessità indicano la presenza di buchi.
Naturalmente questi buchi hanno avuto origine nell’infanzia, in parte quale risultato di esperienze traumatiche, conflittuali con il nostro ambiente. in quel periodo ci siamo separati da una di queste qualità. Forse i nostri genitori non ci hanno dato valore, cioè non ci han-no trattato come se i nostri desideri o la nostra presenza fossero importanti; non hanno agito in modo da farci sa-pere che noi contavamo; hanno ignorato il nostro valore essenziale.
Poiché il nostro valore non è stato visto o riconosciuto, e forse è stato perfino attaccato o scoraggiato, noi ci siamo separati da questa parte di noi, e ci rimane un buco, una mancanza.
Quando in seguito entriamo in relazione con qualcuno in modo profondo (e più profondo è il modo, più questo accade), noi riempiamo questi buchi con l’altra persona. Alcuni dei nostri buchi si riempiono con ciò che crediamo o sentiamo di ricevere dall’altro. Ci sentiamo valuta-ti, perchè l’altro ci apprezza e questo riempie i nostri buchi. Non siamo consapevoli che noi stiamo riempiendoli con il suo apprezzamento, semplicemente ci sentiamo interi e preziosi quando siamo con l’altro. Così, quando siamo con quella persona, sentiamo veramente di avere valore, ma inconsciamente sentiamo che è l’altro che ci dà il nostro valore. L’altra persona non solo ci fa sentire preziosi, ma qualsiasi cosa l’altro ci dia, è una parte di noi, una parte di quella pienezza che stiamo sperimentando.
Così, inconsciamente, quella parte della persona che ci fa sentire il nostro valore, noi non la vediamo separata da noi. La vediamo come una parte di noi, come il riempi-mento di questo buco. Non sappiamo che esiste un buco, sentiamo soltanto la pienezza. Se la persona muore, o la relazione finisce, noi non sentiamo che stiamo perdendo quella persona, ma che stiamo perdendo qualunque cosa stia riempiendo il buco. Così la perdita della persona non è sentita come la perdita di una persona distinta. La sperimentiamo come una perdita di noi stessi, perchè inconsciamente noi vediamo quella persona come il riempimento di una parte di noi. In questo modo, l’altro diventa parte di noi, così che, perdendo quella persona, noi sperimentiamo la perdita di una parte di noi e, quindi, sentiamo un buco. Per questo è così doloroso. È come se ci tagliassero e ci portassero via qualcosa di noi. A volte sentiamo di avere perso il cuore; altre volte la nostra sicurezza, la nostra forza, la nostra volontà, o qualunque cosa l’altro appagava in noi. A volte l’altro ci dà volontà, o forza, o appoggio, o amore, o valore. E così, quando perdiamo una persona vicina, sentiamo il buco che questa persona aveva riempito
È ciò di cui la gente parla quando dice “ci completiamo a vicenda”. Una persona completa i buchi dell’altra. Questo colma un buco; quello ne riempie un altro; si sentono come una cosa sola. Non sembrano più divisi. Ma se si dividono, si ritroveranno con un sacco di buchi. Se queste due persone vivono insieme, si sentiranno completi ed interi. Sono complementari, creano un buco unificato. Ma un’altra persona raramente riempie tutti i nostri buchi. Molte persone, molte attività sono presenti nella nostra vita, eppure non riempiono tutti i nostri buchi. Ne rimangono alcuni che alimentano la nostra insoddisfazione.
E naturalmente i buchi non vengono riempiti completamente e perfettamente. Nel momento in cui l’altra persona cambia un po', o dice qualcosa che ci fa rimanere male, noi avvertiamo il buco, la mancanza: “Dopo tutto, lui pensa che io non valga nulla”. Ci sentiamo arrabbiati, feriti, perché il buco è venuto alla luce. Così l’insoddisfazione continua, perché l’altro non sempre riempie perfettamente i nostri buchi, soprattutto se anche lui desidera che noi riempiamo i suoi buchi.
Allora, quando si cambiano relazioni, o una persona nella nostra vita cambia, dovrebbero cambiare anche i nostri buchi coinvolti?
Esatto. Se ci sono dei cambiamenti, c’è un leggero movimento nei buchi. Alcuni si svuotano, altri si riempiono. Dobbiamo adattarci, dobbiamo sentire i nostri buchi in un altro modo e ciò normalmente significa che dobbiamo confrontarci con alcuni di questi buchi, sentire la loro presenza e forse capirli.
Ora, quindi, possiamo capire meglio perché la perdita di qualcuno molto vicino a noi, molto intimo, sia così dolorosa. Dopo essere stati a lungo con questa persona, siamo così abituati al suo completamento, da credere che l’altro sia una parte di noi. Perdere quella persona, è come perdere una parte di noi stessi.
Qui emerge un altro fattore. Quando sperimentiamo la perdita e la separazione, abbiamo la possibilità di vedere che ciò che ci riempiva non era, in realtà, una parte di noi stessi. E se rimaniamo con la ferita ed il dolore della perdita, senza cercare di coprire questo dolore con qualcos’altro, probabilmente sentiamo il vuoto, sentiamo il buco, vediamo il buco. Poi, se permettiamo a noi stessi di sentire questa mancanza, questo vuoto, possiamo anche trovare la parte essenziale di noi che riempirà veramente il buco, dall’interno, una volta e per tutte. Non è neppure un riempire; è semplicemente un eliminare il buco ed un identificarci con la mancanza. In questo modo, riguadagniamo una parte di noi stessi. Ci riconnettiamo con la parte della nostra essenza che avevamo perso e che pensavamo che solo qualcun altro avrebbe potuto darci.
Può essere molto doloroso. La maggior parte di noi prova una perdita di autostima, quando finisce una relazione, ed è per questo che faccio l’esempio particolare del valore. Ma se rimaniamo con questo sentire e poniamo lì la nostra attenzione e ci chiediamo: “Come mai mi sento così senza valore, come mai mi sento un nulla, solo perché quella persona non è più con me? Perché sento di avere molto meno valore? “Se rimaniamo in contatto con questo sentire, senza cercare di riempirlo, ma solo prestandovi attenzione e cercando di comprenderlo, allora faremo esperienza della mancanza e del buco. Se capiamo questa mancanza e da dove scaturisce, potremmo anche ricordare l’avvenimento reale o gli schemi di comportamento che hanno determinato la nostra perdita di valore.
Normalmente un buco si riempie con una parte della nostra personalità che ha il ricordo di ciò che si è perso, il ricordo della situazione che ha causato la perdita, il ricordo delle ferite e dei conflitti. Dobbiamo entrare in contatto con la ferita al livello più profondo, avvicinarci al buco stesso, ed allora vedremo il ricordo di ciò che si è perso. E quando vedremo questo ricordo, anche l’essenza che si era persa comincerà a fluire di nuovo.
Ogni perdita profonda è dunque un’opportunità per crescere, per capire di più noi stessi, per fare esperienza dei buchi, che crediamo possano essere riempiti solo da qualcun altro. Ma normalmente noi ci difendiamo come pazzi dal sentire profondamente una perdita. Non sappiamo che il buco, il senso di mancanza, è il sintomo di una perdita di qualcosa di più profondo, la perdita dell’essenza, che può essere recuperata.
Pensiamo che il buco e la mancanza siano ciò che siamo in realtà al livello più profondo, e che oltre a questo non ci sia nulla. Pensiamo che ci sia qualcosa di sbagliato in noi, qualcosa di fondamentalmente sbagliato. La sensazione di qualcosa di sbagliato è come avvertire inconsciamente la presenza del buco.
Ma faremo di tutto per non sentire questo buco, per non sentire realmente questa mancanza. Crediamo che se ci avviciniamo molto al buco, questo ci inghiottirà. Se il nostro lavoro ci sta portando, ad esempio, al buco dell’amore, potremmo sentirci minacciati da una solitudine e da un senso di vuoto devastanti. Altri buchi ci porteranno come una minaccia di annientamento. Non dobbiamo quindi meravigliarci, se non vogliamo avvicinarci!
Ma nel nostro lavoro, abbiamo notato una cosa sorprendente: quando smettiamo di difenderci dal sentire un buco, l’esperienza reale non è dolorosa. Sperimentiamo semplicemente uno spazio vuoto, la sensazione che lì non ci sia nulla, un senso di vastità, ma non un minacciante non essere.
La vastità permette all’essenza di emergere ed è l’essenza e solo l’essenza che può eliminare il buco, quella mancanza che viene da dentro.”
Fonte: http://www.craniosacral.it/buchi.html