Le "fisime" di Viviana.
L'immagine è presa dalla pagina DSM - Disegni per la salute mentale
Mentre cercano Gioele, intanto una mamma non c'è più, Viviana.
Un'intervista, fra le varie ascoltate, mi lascia di sasso, quella in cui si dichiara l'esistenza di un referto: depressione, crisi mistiche, manie di persecuzione, timore della perdita del figlio e del contagio da Covid. Alcune "cose" c'erano, altre si sono aggiunte dopo. Quello che mi lascia di sasso è sentir dire che tutto ciò "erano fisime" di questa donna.
Nessuno dinanzi al dolore provocato da una gamba rotta definirebbe lo stesso una "fisima", perché una gamba spezzata fa male, nessuno lo può negare! Oggi invece nel 2020 si può ancora negare il dolore e la sofferenza immane che possono costituire alcune psicopatologie come la depressione e tante, tantissime altre. Le chiamiamo "fisime" perché chiamarle con un nome diverso, il loro, comporterebbe una presa di responsabilità da parte di tutti: famiglia, servizi di salute mentale e società.
Ma la nostra è una società vile e lo è anche dopo che una persona non c'è più. Eh si, perché che ci piaccia o meno, che ci spaventi o meno, che ci spinga a mettere la testa sotto terra o fuori dal sacco, anche la psicopatologia conduce alla morte.
E resto di sasso quando la questione passa dalle "fisime" alle frasi del tipo "questa mamma voleva troppo bene al suo bambino!", qui piuttosto che comprendere cosa si stato sottovalutato, cosa si è trattato con leggerezza e superficialità, si continua a guardare altrove.
Nessuno di noi a qualcuno con una gamba rotta chiederebbe di camminare, a quanto pare invece a chiunque soffra di depressione, ansia, fobie, manie (...) possiamo consigliare di farsi passare le fisime, per poi assolvere sé stessi e la persona che non c'è più con il pensiero che comunque "voleva bene a suo figlio" o che "poverina, aveva le fisime!".
Qualcuno ha riferito che era attaccatissima al suo bambino ed era molto attenta a lui, sicuramente molto di più di quanto chi le stava attorno lo sia stato nei suoi confronti.
Francesca Rendine