LE MODALITA' CONDIVISE
Per la separazione i coniugi devono trovare un accordo su modalità di cura, educazione e istruzione dei figli
Questa settima puntata vuole essere una sistesi chiara di tutto quello che abbiamo affrontato fino a oggi in materia di mediazione familiare, attraverso la ridefinizione della coppia coniugale e genitoriale, attraverso il ruolo che il mediatiore svolge nel far emergere in seduta il ruolo dell’ essere madre e padre e non quello di coniugi, elemento queto imprescindile nel percorso.
In una relazione di coppia in cui siano presenti figli, i partner vivono una doppia dimensione: la coniugalità e la genitorialità. Si tratta di dimensioni parallele che danno vita a progetti diversi, prossimi tra loro quanto a coinvolgimento emotivo, impegno e investimento, ma nettamente distinti quanto a compiti e responsabilità. Nel momento della separazione non è infrequente la confusione tra i due ruoli, tanto che mantenere la continuità della coppia genitoriale si profila come compito particolarmente difficile, a causa delle interferenze derivanti dal conflitto che opera nella sfera dimensionale della coniugalità.
La legge n.54 del 2006 ha realizzato una vera e propria inversione del regime previgente (improntato all’affidamento monogenitoriale), introducendo nel nostro ordinamento l’istituto dell’affidamento condiviso, in virtù del quale i figli minori sono di regola affidati a entrambi i genitori che, seppur separati, continuano a esercitare la responsabilità genitoriale. Secondo tale modalità di affidamento, ciascun genitore viene investito del medesimo ruolo educativo e le decisioni nascono dal raggiungimento di un comune accordo tra padre e madre, nel superiore interesse del minore. Volontà del legislatore, nell’introdurre l’affidamento condiviso, è stata quella d’innescare una rivoluzione culturale tale da rendere chiaro che, seppure sia perfettamente legittimo separarsi, non è possibile smettere di essere padre o madre e che i figli hanno il diritto di essere amati, educati, curati da entrambi i genitori, sempre. Non può esserci provvedimento né accordo che riesca a prevedere tutti i dettagli nei quali si articola la quotidianità o contemplare tutte le variabili che possono concretamente presentarsi. È invece necessario comprendere che quella rivoluzione culturale tanto agognata attiene alla conquista da parte degli adulti della capacità di esercitare una genitorialità responsabile, centrata sui diritti e i bisogni dei minori. Ciò implica lo sforzo comune dei genitori di trovare un’intesa sulle modalità di cura, educazione e istruzione di questi ultimi.
L’affidamento esclusivo a uno solo dei genitori rappresenta l’extrema ratio ed è adottabile solo ed esclusivamente qualora il giudice ritenga che, per le peculiarità del caso concreto, quello condiviso risulti contrario all’interesse del minore. È quindi tale superiore interesse il criterio di valutazione posto a guida di ogni decisione, nell’intento di dare avvio a una nuova modalità relazionale che metta al centro delle preoccupazioni, delle scelte e dell’azione degli adulti coinvolti nella separazione il principio di bigenitorialità: i figli.
La separazione è un processo
La separazione non è un evento semplice, non si esaurisce in un solo momento specifico della vita, ma è un vero e proprio processo, che comporta un’evoluzione delle relazioni a tutti i livelli (coniugale, genitoriale, familiare, amicale e sociale). La mediazione familiare è una delle risorse fruibili a cui la coppia genitoriale può accedere per operare questa fase di riorganizzazione. A livello coniugale la coppia deve metabolizzare il fallimento del proprio legame, elaborando attraverso una serie di tappe quello che si presenta come un vero e proprio lutto. A livello genitoriale, invece, in un’ottica di tutela del benessere della prole, il compito degli ex coniugi è quello di sviluppare la capacità di mettere in atto una forma di reciproca collaborazione in grado di garantire da un lato l’esercizio della responsabilità genitoriale e dall’altro l’accesso dei figli alla storia di entrambe le famiglie di origine. Acquisire consapevolezza della differenza tra progetti che fino alla separazione i partner hanno condiviso, effettuando una vera e propria demarcazione tra il ruolo coniugale e quello genitoriale, è il primo passo per riuscire ad aiutare i figli, coinvolti loro malgrado nelle scelte degli adulti, a contenere la sofferenza, offrendo loro la certezza granitica che, pur nel cambiamento inevitabile legato alla rottura del patto coniugale, esiste una sicurezza: il patto genitoriale persiste, non può rompersi e, anzi, sarà protetto e rafforzato in quanto duraturo e costante.
Nel setting di mediazione la coppia trova il supporto necessario a distinguere i diversi compiti e non sovrapporre i piani su cui essi devono svilupparsi. Il mediatore offre la propria guida, affinché gli ex coniugi, al di là della sofferenza e della tempesta emotiva che li vede protagonisti, possano ritrovare equilibrio, comprendersi, riconoscersi come interlocutori reciprocamente legittimati, riavviare una sana modalità di comunicazione e dunque giungere, insieme, alla negoziazione condivisa degli accordi di separazione. Il supporto offerto dalla mediazione familiare consente alla coppia di dare un senso positivo al proprio legame, che non potrà essere scisso sul piano della genitorialità: gli ex coniugi, in quanto padre e madre per sempre, dovranno collaborare per compiere – insieme, in modo coerente e condiviso – le scelte che riguardano i figli e continuare a fornire loro quella guida stabile, sicura e affidabile che risulta indispensabile per una crescita serena e futura.
Vanna Brocculi
Mediatrice familiare e coach
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