Letture in mediazione… Formazione e non solo "Difficult Conversations: How to Discuss What Matters Most" - Stone, D., Patton, B., Heen, S.
Cosa rende alcune conversazioni difficili, perché le persone le evitano e perché spesso le affrontano in modo errato? Tipicamente, quando la conversazione ha luogo, le parti pensano e sentono molto più di quanto effettivamente dicono. Celate sotto ogni conversazione difficile, anything you find hard to talk about, vi sono infatti tre conversazioni più profonde: quella su ciò che è successo (o ciò che avrebbe dovuto accadere), what happened?, cioè i fatti; la conversazione su come ci si sente, the feelings conversation: le emozioni delle parti e la loro validità; quella più “sottile” e impegnativa, the identity conversation, che riferisce al processo interiore attraverso il quale ciascuna parte riflette su come la situazione influenzi la percezione di sé stessa e della propria identità. E’ dunque importante riconoscerne la presenza, trasformarle in apprendimento, passando dalla certezza delle proprie opinioni alla curiosità riguardo alle opinioni dell’altro, adottando lo stance approach, che incoraggia gli individui a riconoscere e considerare sia i propri punti di vista sia quelli che da essi differiscono, abbracciandone la complessità e riconoscendone la validità o il merito: promuove l’apertura, l’empatia e la volontà di confrontarsi con opinioni diverse, evitando di ricorrere a un pensiero binario o di aderire rigidamente alle proprie convinzioni.
Spesso, presumendole, si commettono errori nella comprensione delle intenzioni dell’altro, e ci si concentra sul “dare la colpa”, che inibisce la capacità di comprendere la vera causa del problema e di fare qualcosa di significativo per correggerlo. È quindi importante concentrarsi sulla mappatura del contributo di ciascuna parte, che agevola la comprensione delle cause e la responsabilità congiunta, evitando di declinare i sentimenti in giudizi, caratterizzazioni e attribuzioni, separando le percezioni dalla realtà e affrontando i conflitti di interpretazione.
Gli autori descrivono tre potenti tecniche unilaterali per mantenere la conversazione su un binario costruttivo. Riformulare, reframing, ovvero cogliere l’essenza di ciò che l'altro esprime e tradurla in concetti più utili; ascoltare, persistent listening: “You can't move the conversation in a more positive direction until the other person feels heard and understood”; identificare la dinamica, naming the dynamic, mettendo in luce modelli di comportamento o modalità di comunicazione distruttive.
Ascolto attivo e riformulazione sono stati riconosciuti e praticati fin dai tempi antichi. Ne sono un esempio le parole di Cicerone, nel libro primo del De Oratore, sezione dell’opera che riguarda la discussione sull’arte dell’interpretazione e della comunicazione efficace “Auribus ista serviliter obsequens, interpretatio est imperiti atque humilis et, ut ego arbitror, neque reprehendendae etiam eorum, quae audiuntur, facultatis, nec impugnandae, cum vis illa de quoque sentiret, nec eos a quibus audiret, iudicii”, che sottolineano come l’atteggiamento passivo di chi ascolta, non solo manca della capacità di valutare criticamente ciò che viene detto, ma non ha nemmeno il giudizio per opporsi ad esso.
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